di Davide Rocco Colacrai
Benvenuti al nostro appuntamento con la poesia.
Oggi proponiamo la recensione di questa affascinante raccolta poetica: Asintoti e altre storie in grammi” di Davide Rocco Colacrai
Buona Lettura!
a cura di Elisa Mazza
Sinossi
Leggere, saper leggere, è un dono. Non si sceglie di nascere poeti, ma nemmeno si sceglie di essere Lettori: è qualcosa che viene da dentro, che non si può costruire, che non si può fingere. I veri Lettori si riconoscono subito: hanno lo sguardo antico di chi ha attraversato oceani di dolore e di solitudine ed è ancora qui per raccontarlo. Hanno facce ed espressioni da sopravvissuti, parole di chi comprende senza mai giudicare, gesti di chi ha vissuto cento, mille vite nello spazio di una sola.
Sanno che dalle crepe di un’esistenza rovinata e senza senso può entrare la luce più sfolgorante e farsi strada nel cuore arido di chi non crede più a niente; che dalle pagine di un libro, dai versi di una poesia, possono trapelare emozioni mai provate, o che invece tornano da un passato creduto sepolto e mai dimenticato. E hanno il privilegio, i Lettori, di poter chiudere il libro e tornare alla vita di sempre.
Solo che certi libri, certe storie, certi versi, entrano nell’anima piano piano, senza che ce ne si accorga e le cose non sempre vanno nel verso giusto: ci sono sorrisi e lacrime, ci sono il dolore e l’angoscia dell’abbandono. C’è il rimpianto per una vita immaginaria che per un attimo era sembrata vera, a portata di mano, poi è scomparsa come sabbia fra le dita. C’è la paura di credere di nuovo in qualcosa. Ci sono i ricordi di sorrisi pieni di speranza, che sbiadiscono lentamente come i colori in una vecchia fotografia. Facce che compaiono sfocate dalla nebbia del passato.
Poco più di un secolo fa Sergej Esenin scriveva che i Poeti vengono al mondo per capire tutto e per impadronirsi di nulla: questo è il loro dono e la loro maledizione.
I Lettori, invece, vengono al mondo per dare un senso, il loro senso, a questo tutto e a questo nulla che li attraversano, spietati.
Michela Pocceschi
Recensione
“[…] Anche la nebbia era un colore,
quando le sue labbra, come un ciclamino rosa,
si aprivano ad una sorte che avevamo dimenticato, forse rinnegato, e ci svelavano la vita
era l’eco delle cose, anche di quelle più piccole,
che significava,
il coraggio di fermarsi e ascoltare, di sciogliere ogni tornante e ricordanza, le notti bianche,
tornare e perdonare,
e l’arte di una venticinquesima ora.
Anche il silenzio dell’inverno, come un seme, come noi, nevicava parole.”
Cit. – L’alfabeto degli amanti –
Perché?
Mentre scorrono le parole e le pagine si voltano veloci ( quasi volteggiano, mi piace immaginare un libro danzante a ritmo di Valzer) tante ispirazioni riempiono la mente, velocizzano il battito con la curiosità e bellezza, svelata dalla finestra che Davide Rocco Colacrai ha aperto per noi.
Non so rivelarvi il vero fulcro di questo testo.
Sembra sussurrare nell’orecchio amore, mistero, tristezza. O meglio, la risposta è nel ”solo…”.
”Solo sentire, solo provare, solo leggere.”
“ […] Non potevamo essere più diversi, il nonno ed io:
la stessa radice, e lo stesso nome,
ma io amo la solitudine, la pioggia quando la colma
e insieme colma me, sentire il silenzio scivolarmi dentro
e affacciarsi poi come sogni e pensieri,
allacciarsi alle paure e fare di me
un uomo che aspetta: cosa di preciso ancora non l’ho capito. […]”
Cit. – Aristotele e i segreti dell’universo (I) –
A mio gusto o parere, è un’opera “interattiva”, che va persino riletta più volte perché lavora sul crescendo, svelando nuove sfumature prima nascoste; per me è stato un po’ come affezionarsi ad un nuovo amico.
Non è meraviglioso quando le parti delle rispettive affinità continuano ad incastrarsi con naturalezza?
Davide Rocco Colacrai
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