ASKJA

di Ian Manook

Askja di Ian Manook
Genere: thriller
Editore: Fazi Editore
Pagine: 336
Edizione: 05/11/2020

a cura di Elide

Cari lettori,
Se anche voi avete amato “Heimaey”, il primo capitolo della trilogia ambientato in Islanda e il personaggio di Kornelìus Jakabsson, il poliziotto islandese possente come un troll, non potete perdervi “Askja” di Ian Manook, secondo capitolo radicato nei meandri di questo luogo così apparentemente perfetto e con protagonista ancora una volta l’ispettore che canta musica folkloristica in un coro di donne.
Buona lettura!

Sinossi

Dopo la Mongolia della trilogia di Yeruldelgger – 100.000 copie vendute in Italia – Ian Manook ci accompagna nei meandri più oscuri dell’Islanda.

Nel deserto di cenere dell’Askja, nel cuore dell’Islanda, viene avvistato il corpo imbrattato di sangue di una donna. L’ispettore Kornelíus Jakobsson, della polizia criminale di Reykjavík, non fa in tempo ad arrivare sul posto che il corpo è già scomparso nel nulla. Negli stessi giorni, nei pressi della capitale, la giovane poliziotta Botty sta indagando su uno scenario simile: delle tracce di sangue e una bottiglia di vodka in frantumi sono stati rinvenuti sul fondo di un cratere ma, di nuovo, il corpo non si trova. Altro fatto curioso: in entrambi i casi, la memoria dei testimoni lascia alquanto a desiderare. Questi crimini ricordano all’ispettore Kornelíus il fiasco giudiziario che aveva sconvolto l’Islanda a metà degli anni Settanta: due crimini senza cadaveri, senza prove materiali, senza testimoni, solo dei presunti colpevoli che alla fine avevano confessato senza avere il minimo ricordo dei fatti. Nel frattempo, un cecchino semina il panico…
Ian Manook ci porta questa volta in una Islanda più selvaggia, in mezzo agli ingranaggi di una macchinazione politica che rivela il lato oscuro di questa nazione solo apparentemente perfetta. Dopo Heimaey, il secondo capitolo della trilogia islandese: un viaggio sorprendente attraverso luci e ombre di un paese dai mille segreti

Recensione

Da sempre la musica folkloristica è una passione irrinunciabile per l’ispettore Kornelíus Jakobsson, della polizia criminale di Reykjavík. Una passione che ha portato avanti cantando in un coro di donne, lui che dal suo aspetto possente e robusto tutto sembra tranne che l’uomo adatto a dedicarsi a siffatta attività. Abbiamo conosciuto la sua figura in “Heimaey”, opera che lo vedeva alle prese con il ritrovamento in una solfata di un cadavere spellato dal ventre in giù e al contempo con la mafia lituana.
Questa volta, però, Kornelìus si trova alle prese con un nuovo delitto di sangue che sporca il cuore più profondo dell’Islanda. È infatti nel deserto di cenere dell’Askja che viene avvistato il corpo imbrattato di sangue di una donna da un ragazzo, fotografo, intento a riprendere i sacri muschi.

«Si potrebbe credere che stia dormendo su un letto con lenzuola spiegazzate di cotone nero. Un ginocchio è rialzato e il viso è nascosto nell’angolo del braccio destro. L’altro braccio è steso lungo il corpo, con il palmo della mano verso il cielo. È proprio quel palmo al rovescio a dare l’impressione che sia morta. I capelli rossi e ricci a corolla somigliano a un ciuffo di muschio. Corpo immobile e bianco in mezzo alla lava scura. Non completamente nudo, in realtà. Gli rimane un calzino bianco a un piede.»

Tuttavia, Jakobsson non fa in tempo ad arrivare sul luogo del delitto che il corpo è scomparso. Che sia viva o che sia morta la ragazza? La circostanza è molto strana e nessuno sembra riuscire a dargli risposta, nemmeno quell’unico uomo, Eriksson, che vive nella landa ma che è affetto da Alzheimer.

«Dove è potuta finire quella povera donna? Perché il corpo se era morta, è scomparso? E perché, se non era morta, è ugualmente scomparso? Come fa una donna nuda nelle Alte Terre a scomparire senza lasciare tracce?»

Al contempo, negli stessi giorni ma nella capitale, Botty, una giovane poliziotta si trova a dover fare i conti con uno scenario simile: sul fondo di un cratere vengono rinvenuti i frammenti di una bottiglia di vodka intonsa di sangue ma del corpo vittima destinatario del colpo non vi è traccia. Anche in questo caso, l’unico testimone, non ha memoria.
La circostanza riporta alla mente dell’ispettore un caso occorso durante gli anni Settanta e all’interno del quale due delitti si erano risolti senza cadaveri e con una ammissione di colpevolezza da parte di rei senza memoria dell’azione delittuosa. A complicare ulteriormente il quadro, un cecchino dal sangue freddo e senza scrupoli.

Quello che ci propone questa volta Ian Manook con “Askja” è un thriller ricco di colpi di scena e dove nulla deve essere dato per scontato. Le ambientazioni sono perfettamente descritte tanto che quello che ha inizio non è soltanto un viaggio nel mistero quanto anche un percorso nella natura, per quei tratti di una isola vulcanica selvaggia e da scoprire. Si noti bene, infatti, che nel componimento, esattamente come nella saga di Yeruldelgger in cui protagonista era la Mongolia, l’Islanda è una protagonista in piena regola e non solo scenario dove gli eventi si susseguono.
Le vicende seguono una linea narrativa precisa e composta da una narrazione che alza sempre più il livello di suspense man mano che il componimento va avanti.
I personaggi che caratterizzano “Askja” sono inoltre tutti ben delineati: da Jakobsson a Botty ciascuno è chiaro e vivido nella mente del lettore.
Al tutto si somma uno stile evocativo, coinvolgente e pungente, uno stile fatto da dialoghi rapidi ma anche da atmosfere che arrivano con tutte le loro sfumature.
“Askja” è per questo un perfetto secondo episodio della trilogia iniziata con “Heimaey” e non mancherà di deludere le aspettative dei lettori più esigenti. Non solo, Askja è un titolo che coinvolge e incuriosisce e che trattiene tra le pagine per trama quanto anche per arcano che si nasconde dietro la facciata di un paese solo esteriormente politicamente corretto.

Il nostro giudizio:
Tramavoto 4/5
Stile4
PiacevolezzaVoto 5/5
CopertinaVoto 5/5
Voto finale4,5/5

IAN MANOOK

Ian Manook, pseudonimo di Patrick Manoukian, è nato a Meudon, Francia, nel 1949. Giornalista ed editore, ha pubblicato il romanzo Yeruldelgger, Morte nella steppa (2016) primo capitolo di una trilogia con lo stesso protagonista al quale segue Yeruldelgger, Tempi selvaggi (2017) e Yeruldelgger, La morte nomade (2018), poi premiato con vari riconoscimenti, fra cui il Prix SNCF du polar. La serie è stata pubblicata in Italia da Fazi. Nel 2019 torna con Heimaey, sempre edito Fazi.