BARMAN, IL SOLITO! (Parte Seconda) – Cocktail!

Curiosando in punta di libri – Barman, il solito! (Parte Seconda) – Cocktail!

Un saluto ai nostri lettori!
Con l’appuntamento di oggi di “Curiosando in punta di libri” proseguiamo il nostro viaggio ad alto tasso alcolico, dato che parliamo dei cocktail legati a grandi scrittori, per alcuni dei quali bere è stato un piccolo vizio mentre per altri un vero e proprio stile di vita.
Il binomio letteratura/alcol è diventato così un simbolo, molto spesso stereotipato, di parecchi autori, che non disdegnavano di celebrare i drink preferiti anche nei loro romanzi.

I COCKTAIL PREFERITI DI:

CHARLES BUKOWSKI

Il nostro irresistibile e irriverente Hank non beveva per festeggiare, ma piuttosto per smussare gli angoli di una vita tutt’altro che facile.
Amava il vino bianco ben freddo, lo scotch whisky Cutty Sark e la vodka mescolata alla 7up, ma senza dubbio la sua bevanda preferita era il Boilermaker, ossia un bicchiere di birra con uno shot di whisky.
Un drink che rifletteva il suo stile di scrittura: semplice, forte e potente.


“Ecco il problema di chi beve, pensai, versandomi da bere.
Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare;
se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare;
e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.”

GABRIELE D’ANNUNZIO

Il nostro Vate possedeva indubbiamente una brillante immaginazione unita a una notevole creatività, tanto che ha inventato i nomi con cui oggi conosciamo tanti prodotti: diciamo che aveva l’anima da grande pubblicitario.
Durante l’impresa di Fiume nel 1919 D’Annunzio aveva tra i suoi uomini Pietro Luxardo, la cui famiglia produceva, avendolo inventato, il maraschino.
Questo liquore a base di ciliegie marasche è incolore ma Pietro fece assaggiare al poeta la versione di un rosso cupo, chiamato Visnà.
A D’Annunzio piacque così tanto che ne parlava dicendo: “Il liquore cupo che alla Mensa di Fiume chiamavo “Sangue di Morlacco.”
Da allora, e ancora adesso dopo più di un secolo, questo liquore è conosciuto da tutti come il Sangue di Morlacco.

TRUMAN CAPOTE

“Ma io non sono ancora un santo. Sono un alcolizzato. Sono un tossicodipendente. Sono omosessuale. Sono un genio.”

Per il famoso scrittore americano, autore di “Colazione da Tiffany” e “A sangue freddo”, droga e alcol sono state due costanti nella vita, al punto che è morto per cirrosi epatica.
Capote infatti iniziava a bere sin dalla colazione e ripeteva spesso che il suo lavoro di scrittore era “un lungo intervallo fra un drink e l’altro”.
Tra tutti gli alcolici la sua predilezione andava allo Screwdriver, che lui definiva con affetto “Il mio drink arancione”, dato che è a base di vodka e succo d’arancia.

OSCAR WILDE

Il grande e provocatorio Oscar Wilde adorava gli agi e lo champagne ghiacciato.
Quando però, dopo la condanna a seguito del processo per sodomia nel 1895, si trasferì a Parigi, le sue finanze subirono un tracollo: lasciate da parte le bollicine, Wilde si appassionò all’assenzio, il liquore chiamato anche fata verde per il suo color smeraldo, simbolo inscindibile degli artisti e poeti bohémien.
Sembra però che la sua cattiva fama da liquore maledetto, legata al fatto che provocasse allucinazioni e che portò a vietarlo, sia solo una leggenda metropolitana: pur essendo molto forte, infatti, gli effetti allucinogeni è molto probabile che fossero la conseguenza dell’uso di una particolare sostanza, il laudano, che negli ambienti letterari dell’Ottocento si era soliti mescolare all’assenzio.

“Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo.
Che differenza c’è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto?
Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose”.
Eccoci arrivate al termine di questa carrellata di cocktail e della nostra rubrica che, come di consueto, ritroverete tra due settimane.
Un buon proseguimento di settimana dalle vostre Penne Irriverenti!