Celebrazione centenario di Charles Bukowski: poesia Lancia i Dadi

a cura di Rosa Zenone

Centenario Charles Bukowski Le Penne Irriverenti
Illustrazione di Rosa Zenone

Il 16 Agosto 1920 venne alla luce ad Andernach, in Germania, un autore controcorrente e fedele a se stesso più che mai, Charles Bukowski. Da quel giorno ad oggi sono intercorsi cento anni, nell’arco di questo tempo la sua fama non ha fatto che aumentare, come testimoniano le numerose ristampe delle sue opere. Il suo centenario si rivela l’occasione giusta per celebrare la sua opera e il suo personaggio, ma anche l’occasione per farlo conoscere un po’ di più a coloro i quali hanno avuto poco modo di rapportarvisi e per fornire altri punti di vista e di confronto. È per questo dunque che abbiamo deciso di dedicargli largo spazio in questo mese, rendendolo protagonista nella scheda autore di Penne D’Autore, in diverse recensioni e anche in diversi e insoliti aneddoti di Curiosando in Punta di Libri.

Verrà da sé che non potevamo certo trascurarlo oggi, proprio nel giorno del suo centesimo compleanno! Ebbene, per l’evento abbiamo deciso di ricorrere alla forma da lui più amata: la poesia. Ho selezionato un testo alquanto famoso, Lancia i dadi, a indirizzarmi verso tale scelta però è stata la carica che la poesia è in grado di emanare. Ho deciso di voler festeggiare con voi i cento anni del Vecchio Sporcaccione attraverso parole che incitano ad avere la forza di essere artefici del proprio destino, l’ho ritenuta la tematica migliore per festeggiare l’esistenza straordinaria di un uomo come Bukowski.




Lancia i dadi

(titolo originale Roll the dice tratta da Essential Bukowski : Poetry)




Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Altrimenti, non iniziare nemmeno.

Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
potrebbe significare perdere fidanzate,
mogli, parenti, impieghi e
forse la tua mente.

Fallo fino in fondo.
potrebbe significare non mangiare per 3 o
4 giorni.
Potrebbe significare gelare su una
panchina del parco.
Potrebbe significare prigione,
Potrebbe significare derisione,
scherno,
isolamento.
L’isolamento è il dono,
le altre sono una prova della tua
resistenza,
di quanto tu realmente voglia farlo.
E lo farai a dispetto dellla reiezione e delle peggiori disparità.
E ciò sarà migliore di
qualsiasi altra cosa
tu possa immaginare.

Se hai intenzione di tentare,
fallo fino in fondo.
Non esiste sensazione altrettanto bella.
Sarai solo con gli Dei.
E le notti arderanno tra le fiamme.

Fallo, fallo, fallo.
Fallo.

Fino in fondo,
fino in fondo.

Cavalcherai la vita fino alla
risata perfetta,è
l’unica battaglia giusta
che esista.



La poesia si intitola Lancia i dadi, un linguaggio desunto dalla terminologia del gioco che ben lascia sottintendere la potenzialità di un rischio celato ma allo stesso tempo l’impellente e categorica necessità di azzardare. Il metaforico tavolo sul quale giocare è quello della vita, un tavolo sul quale bisogna puntare tutto per inseguire i propri obiettivi. Non esistono mezze misure, se si vuole tentare di realizzare le proprie aspirazioni o i propri sogni, bisogna farlo fino in fondo, altrimenti è meglio non provarci. Questo è un concetto cardine nel pensiero di Bukowski ed è lo stesso rinvenibile nella scritta DON’T TRY incisa sulla sua lapide.

Nonostante il pessimismo, la sfiducia e il cinismo, Bukowski rivela in realtà di essere un combattente pronto a tutto per ottenere il massimo dalla vita. Perché tentare fino in fondo comporta molte rinunce, esposte in un lungo elenco per evidenziarne le difficoltà e l’asprezza. Rinunce nella dimensione privata, sia materiali come il digiuno, la disoccupazione, la mancanza di un tetto, sia affettive come la perdita delle proprie donne. L’accento è posto poi su quelle concernenti la società che elargirà beffa ed isolamento. Tutti gli elementi enumerati però fungono quale dimostrazione della propria resistenza, prove da superare per raggiungere il proprio fine e che dimostrano la reale tenacia e volontà che vi si sono impiegate. Privazioni alle quali si potrà guardare voltandosi indietro fieri di sé e della propria ostinata perseveranza, incrollabile, implacabile e inarrestabile fino alla cima.

 Nella lista fa eccezione però l’isolamento concesso, interpretato quale dono, quasi una situazione privilegiata tipica di colui che ha ben capito qualcosa più degli altri e che per tale motivo li rifugge ed è rifuggito a sua volta. Potrebbe ben intenderlo il prigioniero del mito della Caverna di Platone, quanto gli avrebbe giovato il non tornare dagli altri per condividervi la propria saggezza! L’isolamento è inteso dunque quale premio agognato, quale indice di essere nel giusto comprovato dall’incomprensione circostante, quale occasione per potersi finalmente sottrarre alla sgradita e limitata compagnia altrui. Allo stesso tempo però è anche condizione per concentrarsi totalmente su di sé e indirizzare totalmente le proprie energie nel realizzare se stessi.

Neppure la condizione disagiata e svantaggiosa di reietto ed emarginato è in grado di frenare la voglia di farcela, e riuscirvi partendo da tali basi comporterà una soddisfazione ancora maggiore: sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

La reiterazione delle parole fallo e fino in fondo sembrano assumere un’aura mistica, quasi emanate da un oracolo. Sembra di udirle amplificarsi di volume, da invito sussurrato divenire imperativo categorico, parole capaci di imprimersi indelebili e a caldo come un ferro rovente sulla pelle.

Verso la chiusura Bukowski assume un tono più “poetico” e meno colloquiale prosatore, ha infatti inserito due immagini dalla forte potenza evocativa per rappresentare la sensazione di essere riusciti a giungere laddove si voleva. Ambedue le raffigurazioni hanno una valenza allegorica nel simboleggiare la beatitudine nell’aver conseguito il proprio obiettivo e risultano di forte impatto. Questa parte è tanto più radiosa se confrontata ai primi versi bui, sembra di avvertire il bagliore che producono le fiamme nell’ardere le notti, fiamme non solo intese come portatrici di luce ma anche di vigorosa forza, la stessa che ha condotto alla meta più alta,tra gli dei, solo, aggettivo che ne rimarca ulteriormente l’eccezionalità dell’impresa.

Un’impresa titanica, eroica, resa maggiormente nell’ultima strofa attraverso la personificazione e l’uso di un verbo tipico delle battaglie: cavalcare la vita. Tale preposizione trasmette in modo preponderante l’idea di una vita che è stata domata e addestrata a proprio piacimento, a tal punto da divenire mezzo dell’individuo verso la felicità (la risata perfetta) e non più agente su un individuo passivo. Solo così si potrà per vincere l’unica battaglia giusta che esista: quella della piena realizzazione di sé.

Bukowski con questa poesia non solo svela un lato di sé per certi versi inaspettato, ma ci trasmette un insegnamento di importanza fondamentale: se si ambisce a qualcosa non bisogna lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, ma affrontarle invigorendo la propria caparbietà e volontà, tenendo sempre a mente i propri obiettivi. La felicità nella vita non è fatta di compromessi ma di grandi sfide da vincere in primis verso se stessi. Bisogna avere il coraggio di osare, di lanciarsi anche verso l’ignoto. O si tenta fino in fondo o è meglio lasciar perdere, parola di Charles Bukowski, lo scrittore che partendo dal basso è riuscito a giungere nell’olimpo della letteratura americana. A distanza di cento anni dalla sua nascita possiamo affermare con certezza che lui ce l’ha fatta, fino in fondo.