CHARLES BUKOWSKI ERA NAZISTA?

a cura di Rosa Zenone

Charles Bukowski

Tante volte attorno agli autori più famosi del panorama letterario sorgono luoghi comuni, talvolta basati su un fondo di verità talvolta completamente scissi dalla realtà oggettiva. Bene, chissà quante volte avrete sentito epitetare Charles Bukowski quale nazista, io sinceramente tante volte e altrettante ho intavolato lunghe discussioni in merito. Dato il largo spazio che gli abbiamo dedicato questo mese in occasione del suo centenario, non possiamo certo tralasciare tale questione ed è arrivato il momento di dare una risposta certa alla domanda: Charles Bukowski era un nazista?

Prima di rispondere a tale domanda però è necessario comprendere da dove giunga quest’idea, dunque non possiamo non indirizzarci verso le opere che hanno instillato tale dubbio, nelle stesse d’altronde troveremo anche la risposta alla nostra domanda. D’altronde essendo la scrittura di Charles Bukowski estremamente autobiografica per conoscerlo bene sia da un punto di vista mentale che esistenziale non potremmo servirci di fonti migliori.

Prima opera a sedere sul banco degli imputati è un racconto dal titolo emblematico, Svastica, contenuto nell’edizione originale di Storie di ordinaria follia( recensione), Tales of ordinary madness, risulta totalmente espunto dalla versione italiana e rinvenibile in una pubblicazione separata dopo essere stato recuperato.

Svastica racconto di Charles Bukowski
Svastica di Charles Bukowski, a cura di R. Gramegna,
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Ma cosa racconta Svastica di così scandaloso? Be’, in realtà nulla di che. La narrazione è incentrata su un improbabile ritorno di Hitler nel presente, una tematica molto sfruttata negli ultimi anni, basti pensare al film Lui è tornato incentrato sullo stesso argomento per dedurne che tali trattazioni non abbiano scopi encomiastici.

Il racconto di Bukowski si sviluppa in un’atmosfera paranormale: Hitler, una volta ritornato, rapisce il presidente americano e si prepara a riprendere il potere assumendo le sembianze e il posto di quello. Il dittatore tedesco non è attorniato da alcun tono adulatore, mentre il presidente americano è rappresentato nella miseria dell’incresciosa e assurda situazione in cui è venuto a trovarsi. L’intervento di Hitler va a giocare con la storia contemporanea americana, contestualizzata: gli anni successivi all’assassinio dei fratelli Kennedy.

Si può presupporre che Svastica abbia una vena provocatoria e polemica verso la politica americana e la sua infallibilità, d’altronde sono temi ricorrenti nella produzione dell’autore. In ogni caso sarà impossibile non cogliere il sarcasmo che si cela alle spalle della situazione paradossale, seppure sicuramente rimane un racconto insolito e unico che si distingue completamente dagli altri per gli eventi narrati. Con altrettanta certezza possiamo però affermare che non vi è alcun intento di apologia nazista.

Quest’ultima nostra asserzione può essere confermata dall’altro libro che ha posto sotto accusa lo scrittore, Panino al Prosciutto. Nel suddetto romanzo autobiografico Bukowski racconta di come, durante la frequentazione del L.A. City College contemporanea alla seconda guerra mondiale, la maggior parte della gente, soprattutto i professori, avesse un’idea che corrispondeva a quella dominante poiché “era intellettualmente di moda essere a favore dell’intervento americano nella guerra contro la Germania.”

In tale contesto Bukowski ebbe un atteggiamento disatteso, cominciò a diffondere dichiarazioni a favore di Hitler e frequentò un gruppo di giovani nazisti, ma è evidente leggendo come non nutrisse alcuna stima di loro e piuttosto li prendesse per i fondelli.

Per quanto concerne invece le dichiarazioni la spiegazione giunge dalle parole dell’autore stesso nel medesimo libro:

Per pura alienazione, e naturale spirito di contraddizione mi trovai schierato contro il loro punto di vista. A volte quando cominciavano a menarla con i mali del nazismo e del fascismo, io saltavo su e tiravo fuori qualche obiezione inventata lì per lì (…)Evitavo accuratamente ogni riferimento a negri ed ebrei, che, poveretti, non mi avevano mai dato rogne. Tutte le rogne che avevo avuto me le avevano date i bianchi ariani. Quindi non ero nazista per carattere o per scelta; erano gli insegnanti, ad appiccicarmi addosso quell’etichetta, con il loro atteggiamento conformista, le loro idee conformiste e i loro pregiudizi antitedeschi. Avevo anche letto da qualche parte che quando qualcuno doveva sostenere un’idea nella quale non credeva veramente riusciva a fare un lavoro molto più convincente che non quand’era convinto di ciò che diceva, il che mi dava un notevole vantaggio sugli insegnanti.

Dunque Bukowski era nazista? Assolutamente no, come lui stesso chiarisce nelle pagine tanto incriminate. Egli afferma di mostrarsi tale per mero spirito di contraddizione, per la voglia di contraddire i docenti e di andare controcorrente rispetto all’idea dominante, insomma il suo nazismo è finto e si rivela un puro atto trasgressivo; la sua fede ostentata è un semplice atto di inventiva senza alcun ideologia alle spalle.

C’è da sottolineare come né altrove nelle sue opere vi siano elementi che possano confutare le suddette affermazioni, piuttosto c’è da dire come le tematiche della sua letteratura stonerebbero totalmente con la concezione nazista. Inutile sarebbe anche ricercargli una “nuova fede”, poiché nei confronti della politica tutta si rivela sempre alquanto scettico e critico, ergo probabilmente è stato semplicemente apolitico.

Comunque senza alcuna ombra di dubbio non è stato nazista, qualora possiate avere perplessità in proposito vi invitiamo a leggere per credere 🙂