CHISSÀ SE AL LIGA FISCHIARONO LE ORECCHIE – Cronache di un liceo classico

di Anna Pasquini

“Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” di Anna Pasquini
Genere: Narrativa – Young adult
Editore: Argento Vivo Edizioni
Pagine: 72
Edizione: Settembre 2019

a cura di Manuela Morana

Cari lettori è con molto piacere che oggi vi porto a fare un tuffo nel passato! Grazie alla dolcissima penna di Anna Pasquini tornermo indietro agli anni del liceo, rivivendo emozioni, ansie, paure, delusioni e batticuori chiededoci insieme a lei “Chissà se al Liga fischiarono le orecchie”?

Sinossi

Roma, anni Novanta. In un piccolo Liceo Classico di periferia, accompagniamo una classe, la Quarta D, dal primo anno alla Maturità. Accadimenti che si susseguono e si intrecciano in un caleidoscopio di immagini colorate, talvolta sbiadite, altre accese. Scritte infami sui muri, traduzioni bislacche dal latino, Kurt Cobain che si spara in bocca, amori non corrisposti, professori esigenti e severi e poi uno studente che si lancia nel vuoto. E quella domanda, eco perenne che non cessa: di chi la colpa?

Recensione

Alla fine mi lasciai convincere dai miei, che ben felici m’iscrissero al Liceo Classico. Io volevo fare l’Artistico, perché amavo disegnare e mi piaceva immaginarmi pittrice da grande, ma mio padre mi persuase che i licei artistici a Roma, in quegli anni, i primi anni Novanta, brulicavano di rivoluzionari in perenne agitazione, che avrei rischiato di non imparare nulla e che comunque, se avessi voluto sviluppare il mio talento artistico, avrei potuto farlo benissimo come hobby, ma per il momento e soprattutto per il mio bene e il mio futuro, nessuna scuola come il Liceo Classico avrebbe potuto darmi delle solide basi culturali, una sicura impostazione al ragionamento e un ottimo metodo di studio.

Inizia così “Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” un racconto che potrebbe parlare della vita di tutti noi. Le aspettative dei genitori da non deludere, i ragionamenti saggi dei “grandi”, il fatto che la scuola si trova vicino casa e che anche tuo fratello, Alberto, tre anni più grande di te, l’ha scelta e quindi ti potrà aiutare e passare i suoi libri.
Tutte motivazioni “razionali e valide” ma che non ti assicurano affatto che tra quei banchi sarai felice, che poi, diciamocelo chiaro, è la cosa che conta di più al mondo.

Il primo anno di Angela, la nostra protagonista, passa veloce tra i primi approcci con il greco, il latino e le tante cose da imparare.
Le versioni inverosimili nelle quali i “falsi amici” ti ingannano e quando leggi parole che ti sembrano italiane, come ad esempio “muri”, non le traduci e ti ritrovi con improbabili fiabe che parlano del “muro di campagna e del muro di città”.
Orrende scritte che appaiono sui muri vicino la scuola, cattiverie, vendette, delusioni. I primi ragazzi che vengono bocciati e spariscono per sempre venendo piano piano dimenticati.

Le prime feste alle quali bisogna partecipare insieme ad Alberto in modo da non essere mai “persa di vista” e l’adolescenza che scorre, la prima cotta, ovviamente non ricambiata, per Edoardo, il classico bello e dannato che suona la chitarra e indossa le magliette dei Nirvana e dei Pearl Jam.

Ero incantata. Da lui, dai suoi capelli lunghi alle spalle, dai suoi occhi scuri che prima ti osservavano con intrepido coraggio e poi se ne scappavano in cerca di altri appigli, e da quella voce suadente che per un bel po’ di tempo continuò a frullarmi nella testa anche senza musica.

Come spesso avviene nelle scuole i prof. sono precari e cambiano quasi ogni anno e questo, soprattutto quando a cambiare è la prof. d’indirizzo, non facilita affatto le cose. Tra i vari prof. che fanno parte di questo racconto quella che si merita la menzione d’onore come “stronza della categoria” è sicuramente la De Falchi che si diverte a dare brutti voti, a sparlare degli assenti inventando problemi inesistenti nella vita degli studenti e arriva a spingersi molto in là con la fantasia e la cattiveria in un modo per niente professionale e assolutamente inopportuno.

La professione dell’insegnante è molto difficile, non basta essere molto preparati nella propria disciplina, bisogna avere una sensibilità e un’empatia molto spiccate perché quotidianamente hai a che fare con dei ragazzi che stanno crescendo e diventando uomini e donne e questo è uno dei momenti più delicati nella vita di ogni essere umano. Ogni ragazzo ha le proprie fragilità, vive quotidianamente quelli che per lui sono problemi irrisolvibili e gli insegnanti dovrebbero aiutarli a costruire la loro autostima, dovrebbero incentivare la loro curiosità e dimostrare, con i fatti, di essere davvero lì per loro, pronti a sostenerli, a consigliarli e, se fosse necessario, a tirarli fuori dai guai…

Purtroppo non sempre va così e quando trovi un prof. che sembra divertirsi a demolirti la scuola può diventare un vero incubo e può capitare anche che qualcuno arrivi a gesti estremi ai quali è impossibile porre rimedio.

“Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” è un racconto che vi catapulterà inesorabilmente indietro nel tempo, vi farà rivivere i vostri anni da liceali in un modo sincero e diretto. Vi sembrerà di rivedervi adolescenti, con gli zainetti in spalla, rigorosamente su una spalla sola, come andava di moda prima che ci bombardassero di rimproveri sui danni che la schiena subisce per quel peso sbilanciato, e vi farà ricordare un mondo che troppo spesso tendiamo a dimenticare. Quanti giorni passati in quelle scuole, su quelle scale, con quei compagni…
Quanta paura per i compiti in classe, le interrogazioni e soprattutto per gli esami di maturità. Ci sembrava di avere problemi enormi e irrisolvibili e poi crescendo invece ci siamo resi conto che erano anni meravigliosi, spensierati per la maggior parte di noi, ma, purtroppo, non per tutti…


“Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” tra le altre cose, infatti, ci racconta, senza inutili giri di parole, anche un episodio molto doloroso e sconvolgente, il suicidio di un ragazzo. Nessuno dovrebbe mai morire a quell’età e in quel modo, impossibile non domandarsi se le cose sarebbero potute andare diversamente, se gli amici avrebbero potuto capire qualcosa, se gli insegnanti sarebbero stati capaci di impedirlo semplicemente dicendo qualche parola gentile in più nei confronti di quel ragazzo che ha compiuto quel gesto così disperato e definitivo. La sensazione di ingiustizia però ti pervade e sapere che qualche anno dopo quel gesto si è ripetuto ti fa sorgere più di una domanda…

Anna Pasquini è riuscita a raccontarci una storia che sembra vera, ci ha accompagnato nella vita di questa ragazza, dal suo primo anno alla maturità, senza tralasciare nulla, nemmeno la delusione provata per quel voto basso all’esame finale.
Sinceramente ho trovato questo racconto molto dolce e sincero, è una storia autentica e delicata che offre anche ottimi spunti di riflessione.
Per concludere quello che mi sento di dire è che non importano i voti, gli esami, l’università… Non sono quelle le cose che definiscono le persone che siamo, nessuna persona è “un voto”. Non lasciate mai che i titoli di studio o le votazioni conseguite vi definiscano come persone.
Ognuno di noi è un universo di emozioni, di paure, di sogni e sentimenti e l’unica cosa che conta nella vita è essere in pace con sé stessi, cercando di fare del bene al prossimo ed essendo orgogliosi di ciò che siamo e di ciò che facciamo ogni singolo giorno della nostra vita.
Le cose più importanti della vita, secondo me, sono l’amore e la felicità e vi auguro di averle entrambe nelle vostre vite.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 5


StileVoto 5


PiacevolezzaVoto 5


CopertinaVoto 5


Voto finaleVoto 5

Anna Pasquini

Anna Pasquini nasce nel 1979 a Roma, dove vive e lavora come Assistente Personale del CEO di un’industria spaziale. Diplomata al Liceo Classico, ha coltivato molte passioni e svolto vari lavori prima dell’attuale. Ha vissuto due mesi in Giappone e un anno negli Stati Uniti. Dal 2017 ha partecipato a molti concorsi letterari nazionali, ottenendo discreti risultati. Ha pubblicato le antologie “Quando andavo in bicicletta – Racconti in ordine sparso” (2018, Akkuaria); “Fotografie scomposte” (2018, Antipodes); “Misticanza” (2019, Pav Edizioni). “Chissà se al Liga fischiarono le orecchie” è il suo primo racconto lungo.