ESEMPI

di  Antonia Pozzi

Carissimi lettori,
in occasione della giornata mondiale della poesia (istituita per la prima volta nel 1999, patrocinata dall’UNESCO e celebrata per la prima volta il 21 marzo dell’anno successivo) e considerando la difficile situazione che tutti noi stiamo vivendo a causa dell’emergenza coronavirus, vi proponiamo “Esempi” di Antonia Pozzi (dalla raccolta “Guardami:sono nuda”, edizioni Clichy 2015) con l’intento di dare supporto a tutti coloro che stanno soffrendo e combattendo.
Attraverso le delicatissime parole della “minuziosa e suggestiva scrittrice di luoghi” (cit. Ernestina Pellegrini) non auguriamo che la Speranza sia ultima a morire, ma che sia eterna.


A cura di Iryna Ilkiv

Esempi

Anima, sii come il pino:
che tutto l’inverno distende
nella bianca aria vuota
le sue braccia fiorenti
e non cede, non cede,
nemmeno se il vento,
recandogli da tutti i boschi
il suono di tutte le foglie cadute,
gli sussurra parole d’abbandono;
nemmeno se la neve,
gravandolo con tutto il peso
del suo freddo candore,
immolla le fronde e le trae
violentemente
verso il nero suolo.

Anima, sii come il pino:
e poi arriverà la primavera
e tu la sentirai venire da lontano,
col gemito di tutti i rami nudi
che soffriranno, per rinverdire.

Ma nei tuoi rami vivi
la divina primavera avrà la voce
di tutti i più canori uccelli
ed ai tuoi piedi fiorirà di primule
e di giacinti azzurri
la zolla a cui t’aggrappi
nei giorni della pace
come nei giorni del pianto.

Anima, sii come la montagna:
che quando tutta la valle
è un grande lago di viola
e i tocchi delle campane vi affiorano
come bianche ninfee di suono,
lei sola, in alto, si tende
ad un muto colloquio col sole.
La fascia l’ombra
sempre più da presso
e pare, intorno alla nivea fronte,
una capigliatura greve
che la rovesci,
che la trattenga
dal balzare aerea
verso il suo amore.

Ma l’amore del sole
appassionatamente la cinge
d’uno splendore supremo,
appassionatamente bacia
con i suoi raggi le nubi
che salgono da lei.
Salgono libere, lente
svincolate dall’ombra,
sovrane
al di là d’ogni tenebra,
come pensieri dell’anima eterna
verso l’eterna luce.

Commento

Nel componimento “Esempi” la poetessa, attraverso l’imperativo (sii…sii…) che non vuol essere un comando ma un dolce augurio, invita l’anima ad assomigliare a due elementi della natura, personificati, caratterizzati dalla loro impassibilità e resistenza nelle avversità: il sempreverde pino, pianta conifera simbolo di vita eterna e forza e la montagna, a prima vista solitaria nella sua altura, ma la più vicina al calore e alla luce del sole verso il quale non smette mai di tendere.
Durante tutto l’inverno il pino allunga nel bianco vuoto invernale i suoi rami carichi di aghi verdi e non li abbassa (non cede, non cede…) nemmeno quando il vento gli suggerisce di imitare i suoi compagni alberi che nel bosco sono stati già spogliati di tutte le foglie; non si arrende nemmeno sotto il peso della fredda neve che si accumula sui rami più teneri e li fa molleggiare e li avvicina con violenza verso il suolo nero (triste).
Quando arriverà la primavera (giorni sereni, la felicità) il pino la sentirà arrivare da lontano attraverso il doloroso ma piacevole gemito che fanno gli alberi nel rifiorire, nel ritornare verdi.
Ma nei rami del pino la primavera è sempre vissuta (simbolo di vita eterna – divina primavera) e dunque non gemerà, ma canterà e alle sue radici (ai tuoi piedi…) rinasceranno le primule e i giacinti azzurri (non sarà più quindi suolo nero) e ricopriranno quella terra (zolla) alla quale il pino si tiene fermo sia nei giorni sereni che in quelli tristi (non si arrende nei momenti infelici, si aggrappa anche a quel suolo nero perché sa che anche quella è vita).
La montagna, ombreggiata (dalla nivea fronte…) dalle bianche nuvole accumulate sulla cima, sembra essere ostacolata da una capigliatura greve che la blocca, la trattiene dal fare un salto in aria verso il suo amore che è il sole verso cui sembra allungarsi silenziosa per parlare (si tende ad un muto colloquio col sole).
Il sole la circonda calorosamente con il suo amore e con il suo splendore, bacia calorosamente con i suoi raggi le nubi che salgono verso la montagna: ora sono leggere, lente, senza ombra, più alte di ogni tenebra come dovrebbero essere i pensieri dell’anima eterna verso l’eterna luce (la speranza nella luce deve essere più forte del peso dell’ombra).
Antonia Pozzi Nasce a Milano nel 1912 da Roberto Pozzi, avvocato, e da Lina Cavagna Sangiuliani, discendente da una famiglia lombarda di antica nobiltà. Fa studi classici, studia musica, pratica diversi sport, amando molto l’alpinismo. Alla fine degli anni Venti si innamora del suo professore di latino e greco al liceo, Antonio Cervi: relazione impossibile e fortemente osteggiata dal padre.
All’università frequenta i corsi di Antonio Banfi. Nel 1935 si laurea con Banfi su “La formazione letteraria di Gustave Flaubert”. Dopo alcune relazioni “fallite” non riesce a colmare la sua domanda assoluta di amore. Si impegna nello studio cercando riscatto nel suo lavoro. Il 2 dicembre 1938 decide di togliersi la vita ingerendo dei barbiturici e si lasciandosi morire in un fosso della periferia milanese. I genitori cercheranno sempre di smentire il suicidio. Le sue opere saranno pubblicate tutte postume e “corrette” dal padre.