IL CAPOFAMIGLIA

di Ivy Compton Burnett

Il capofamiglia

Il capofamiglia di Ivy Compton Burnett
Genere: Classico
Editore: Fazi (Collana Le Strade)
Pagine: 348
Data di Pubblicazione: 14 Maggio 2020

a cura di Rosa Zenone

Buongiorno a tutti, oggetto della recensione odierna è un libro pubblicato in Italia per la prima volta questo mese: Il capofamiglia di Ivy Compton Burnett, un romanzo familiare in grado di far luce sulle zone d’ombra che si celano sotto lo stesso tetto e nei suoi dintorni, venite a conoscere con me gli Edgeworth.

Sinossi

Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.
Acume, sagacia, drammi familiari e dialoghi al vetriolo: il meglio di Ivy Compton-Burnett concentrato in un romanzo finora inedito in Italia, che lei stessa considerava il suo preferito. Un tassello importante nella produzione di un’autrice fondamentale del Novecento inglese, amata dai più grandi scrittori: nei suoi diari, Virginia Woolf definiva la propria scrittura «di gran lunga inferiore alla verità amara e alla grande originalità di Miss Compton-Burnett».

Recensione

L’intero romanzo è strutturato sulle vicende degli Edgewoth, una famiglia britannica di fine Ottocento. All’interno della stessa si erge la figura del capofamiglia, Duncan, diretto prodotto del patriarcato che non esita a far sentire la propria preminenza. La sua supremazia però non regna totalmente incontrastata e priva di dissapori in casa.

«Credi davvero che mi faccia piacere trasformare un momento che dovrebbe essere lieto e sereno in una lite familiare? Credi davvero che ci provi gusto, Nance?».
«Comincio a credere che la cosa ti riesca piuttosto naturale, padre».

Veniamo immediatamente proiettati tra le mura domestiche degli Edgeworth e attraverso le loro battute riusciamo a cogliere i dissidi generati dalla figura paterna e attorno allo stessa. In particolar modo assistiamo ai contrasti tra Duncan e la figlia maggiore Nance, riflessiva, combattiva ma allo stesso tempo posata e soprattutto accanita sostenitrice della parità tra i sessi. Ella si rivela una vera e propria eroina nella sua strenua resistenza nei confronti del pater familias.

Completamente diversa la figlia minore Sybil, alla continua ricerca di attenzioni e di approvazioni da parte del padre. Ma il quadro familiare include anche altri due elementi: la sottomessa moglie Ellen e il nipote dell’uomo, Grant, unico erede maschio che si trastulla nella propria posizione dedicandosi a sempre nuove conquiste. Lo zio intrattiene con quest’ultimo un rapporto complesso e contrastante, di privilegio e biasimo contemporaneamente, ma anche di competizione.

I personaggi sono estremamente caratterizzati e dotati di una propria psicologia, non del tutto scontata. Nell’avanzare tra le pagine impariamo man mano a conoscerli meglio, riuscendone a cogliere le diverse sfumature. Lo stesso capofamiglia, che basa il proprio potere sul suo ruolo e sul suo sesso, che include nel proprio bagaglio di valori le convenzioni dell’epoca, sarà in grado di non suscitare solo rabbia ma anche compassione e tenerezza, il che lo rende un personaggio a tutto tondo e per nulla banale.

Anche i personaggi secondari che si avvicendano nella trama non sono mere maschere ma approfonditi nei loro caratteri, i vari nomi che si succedono acquisiscono pian piano forme e caratteristiche. Essi sono i diversi compaesani degli Edgeworth che non esitano a mostrare tutta la loro natura “paesana”. Poiché se da un lato rispettano le convenzioni della società mostrando tutta la loro amicizia al nucleo protagonista, in realtà si avverte la patina perbenista che cerca di celarne la superficialità, l’indiscrezione, l’ipocrisia e la voglia di pettegolezzi.

«In paese si sono sparse delle voci, vero?», domandò Duncan.
«Signor Edgeworth», disse Dulcia. «È solo questo che è successo. Semplici, meschine dicerie che scompaiono in un soffio, come i fiori di tarassaco. Erano già scomparse quando siete entrati. La signora Jekyll ne ha visto solo gli ultimi residui».
«I fiori di tarassaco, quando si disperdono, si depositano un po’ ovunque».

Lo sviluppo della narrazione include pochissimi passi descrittivi e avviene principalmente attraverso i dialoghi, non solo quelli degli Edgeworth ma anche quelli dei loro amici che li pongono come oggetto delle proprie chiacchiere. Con piglio critico e massima abilità l’autrice riesce a tracciare un chiaro scenario della realtà di paese, rendendolo a tal punto suggestivo da far provare al lettore stesso ribrezzo e fastidio dinanzi alla falsità che trapela dal maligno e continuo ciarlare di alcuni abitanti; risultati ottenuti grazie allo stile dell’autrice che risulta essere fluido e compatto, sintetico ma allo stesso tempo esaustivo.

Attraverso l’elevarsi di varie voci dunque, che donano al libro uno svolgimento corale, assistiamo alle vicende degli Edgeworth che saranno ricche di continui colpi di scena e di intrecci. Infatti dopo un inizio lento l’andamento diventa incalzante e pregno di avvenimenti importanti, riuscendo a inchiodarci alla lettura fino alla conclusione. L’equilibrio della famiglia già precario infatti sarà messo a dura prova da episodi destinati a sconvolgerla e a rimettere tutto in dubbio, rischiando di far vacillare anche l’autorità paterna e i suoi tentativi di salvare la famiglia col proprio nome e il proprio onore. In un susseguirsi di infatuazioni, aspettative, ambizioni e sentimenti i diversi protagonisti confermeranno se stessi o mostreranno i propri angoli reconditi, in un gioco di vita dove il confine tra disfatta e vittoria risulta essere estremamente labile.

«In quella famiglia ci sarà burrasca, se il mio istinto non sbaglia».

Il capofamiglia non è semplicemente un romanzo piacevole da leggere, è una trama di luce e ombra, nella quale Ivy Compton Burnett con sguardo cinico e distaccato riesce a far risaltare le contraddizioni di un paese ma soprattutto, rompendone la banale quotidianità, gli aspetti più latenti di una famiglia.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 4 e mezzo/5

Stilevoto 5/5

Piacevolezzavoto 5/5

Copertinavoto 5/5

Voto finalevoto 5/5

Ivy Compton-Burnett

Scrittrice britannica nata a Londra, sesta di dodici figli di un noto medico omeopata. Una vita familiare infelice le fornì materiale per i venti romanzi che scrisse, tutti di matrice autobiografica e incentrati sul tema del dispotismo familiare. Premiata e apprezzata da autori di grande prestigio, trascorse un’esistenza piuttosto appartata rifuggendo la fama. Fazi Editore ha pubblicato Più donne che uomini nel 2019.

Si ringrazia la casa editrice per averci cortesemente fornito il materiale.