IL GIORNO DELLO SCORPIONE

di Paul Scott

Il giorno dello scorpione (The Raj Quartet Vol. II)  di Paul Scott
EditoreFazi 
Genere: Narrativa
Pagine600 
Data di uscita26 Agosto 2021

a cura di Rosa Zenone


Finalmente arriva, da oggi in libreria, il secondo volume della colossale quadrilogia The Raj Quartet di Paul Scott: Il giorno dello scorpione. Dopo aver letto il primo tomo, Il gioiello della Corona,non vedevamo l’ora di tornare in India e scoprire i nuovi risvolti dello stupro nei giardini di Bibighar,attendevamo con ansia questo libro e siamo entusiaste nel parlarvene quest’oggi.


Sinossi

India, 1942. L’Impero britannico è una fortezza in rovina. L’eco dello stupro di Daphne Manners e dell’incarcerazione di Hari Kumar non si è ancora spenta, mentre Ronald Merrick, il responsabile dell’iniquo trattamento di Kumar (nonché di ripetute torture ai suoi danni), è diventato ufficiale dell’esercito. Trattenuto in prigione per un anno, Hari non è mai stato informato del fatto che Daphne ha partorito una bambina e poi è morta. È in questo scenario che fanno la loro apparizione i Layton, un’antica famiglia del Raj le cui vicende si intrecceranno a quelle del primo libro del quartetto. In primo piano, le due giovani figlie: Sarah, vero centro morale della storia, incapace di venire a patti con l’ambiguità dei suoi connazionali, e Susan, che spinta da un senso di vuoto sposerà Teddie Bingham, un incolore e convenzionale ufficiale del prestigioso reggimento Fucilieri di Pankot, compagno di stanza di Merrick. Gli inglesi non sono più ciò che erano: come lo scorpione circondato da un anello di fuoco – protagonista di un’immagine impressa nella memoria di Susan – finirà per incontrare la morte, così il Raj britannico, minacciato dalle fiamme dell’indipendenza indiana, si avvicina alla propria fine. E nel mezzo del caos, gli inglesi si ritirano da un mondo che non conoscono più per cercare conforto nella negazione, nell’alcol e nella follia. Con grande forza e sottigliezza, Paul Scott si spinge ancora più a fondo nella sua epopea indiana, raccontando un intero subcontinente giunto a un punto di svolta.

Recensione

”Hanno una pelle molto sensibile al calore (…) ed è per questo che vivono sotto i sassi e nelle buche ed escono solo con l’umido. Se accendi un cerchio di fuoco intorno a uno scorpione, a ucciderlo è il calore. Sembra che si pungano da soli per il modo in cui inarcano la coda sopra il corpo, ma è solo un riflesso. Cercando di aggredire il fuoco, ma ne vengono bruciati vivi.”

Immagine simbolica alla base de Il giorno dello scorpione è quella che coinvolge l’aracnide circondato dal fuoco, atteggiato in una posa che dà l’idea di un suicidio e che ne ha trasmesso tale mito, ma in realtà destinato ad essere soppresso dal calore. La raffigurazione suddetta è quasi una preveggenza di quello che sarà il destino del dominio britannico in India, ormai sempre più debole e asserragliato da rivolgimenti interni e dai giapponesi, schieramento opposto agli inglesi nella seconda guerra mondiale sfondo dell’opera.

Ma la tragica fine dello scorpione a contatto con il fuoco, è anche un’immagine che appartiene al repertorio di ricordi di colei che indubbiamente è la protagonista di questo secondo volume: Sarah Layton, ragazza inglese figlia di un ufficiale, residente in India ad eccezione del periodo di studi compiuto nella propria madrepatria. Ella stessa ha un’identificazione con la figura dell’animale menzionato, resa evidente dalla corrispondenza con il proprio segno zodiacale: quello appunto dello scorpione.

Compare tutta la famiglia Layton, dalla quale però la giovane emerge non solo per il maggiore spazio che la coinvolge, ma anche per il suo acume e la sua sensibilità. Ella osserva e riflette, avvertendo il peso dell’ancoraggio ai valori familiari e il contrasto con una società in trasformazione, arrivando a percepire la necessità di un’identificazione che sia piuttosto personale e univoca.

“La mia Storia, si disse Sarah bevendo un sorso di gimlet e aspirando un’amata boccata di sigaretta, la mia Storia ridotta a una facciata colonnata, a una perfezione architettonica di forma ed equilibro nella cornice e nelle dimensioni di una finestra, a un fumoso risentimento nel mio sangue e a un’assurda finzione di felicità di fronte all’evidenza che non sono mai stata felice (…)”

La costruzione della figura della protagonista, ben elaborata e profondamente affascinante, si basa anche sul confronto con la sorella Susan, frivola e alla costante ricerca di attenzioni, ma ugualmente smarrita. Il matrimonio di quest’ultima, con l’ufficiale Teddie Bingham, occupa una vasta porzione de testo e comporta il coinvolgimento di altri personaggi, tutti estremamente caratterizzati e d’impatto.

Come ad esempio il riuscitissimo conte Bronowskij, braccio destro del nababbo di Mirat, con i suoi modi dandy, il suo collaboratore Ahmed Kasim, figlio dell’ex primo ministro musulmano Mohamed Ali Kasim, imprigionato per la sua appartenenza al Congresso e uomo di grandi valori morali e solidi principi, la cui presenza inquadra il clima politico indiano e delle nuove esigenze che si fanno strada nello stesso, della ricerca non solo di indipendenza ma anche di unità.

“(…) Io sono alla ricerca di un paese, e non sono l’unico.(…)L’ideale, capisce, non è semplicemente quello di sbarazzarsi degli inglesi. È quello di creare una azione capace di farlo e simultaneamente di assumere il proprio ruolo nel mondo in quanto Stato, e sappiamo che ogni divisione interna ne ostacola la creazione.”

Accanto alle new entry , rinveniamo anche personaggi già conosciuti, tra cui l’ambiguo Merrick, passato dalla polizia alla carriera militare, i cui lati oscuri continuano a emergere e accompagnarlo; lo stupro di Daphne Manners nei giardini di Bibighar, avvenuto nel precedente volume, è un episodio ancora vivo nell’opinione pubblica e ricorrente nei discorsi, il ruolo di Merrick, in quanto sovrintendente, nella risoluzione rapida e poco ortodossa del caso, potrebbe tornare alla luce a causa dell’ancora duratura detenzione dei sospettati. Vi è nuovamente anche colui che stavamo aspettando tutti, ancora in arresto in quanto accusato della violenza e di sovvertimenti politici, Hari Kumar, all’oscuro della dipartita della sua amata Daphne e del suo parto. Il suddetto caso acquista un’importanza significativa e consente di ampliare ulteriormente l’orizzonte sulla situazione allora contemporanea.

La trama de Il giorno dello scorpione è complessa, fitta di personaggi ed eventi, ma trova il proprio punto di raccordo nei Layton, che si ricollegano direttamente o indirettamente alle varie diramazioni. Lo stile di Paul Scott è particolarmente elaborato, rifinito e raffinato, senza alcuna parsimonia di parole o dettagli. All’inizio potrebbe apparire particolarmente complicato, ma non ci si lasci ingannare: proseguendo il lettore ci si cala completamente, tutto sarà sempre più chiaro e la scrittura apparirà nella sua scorrevolezza. Indubbiamente però, vi è da sottolinearlo, è un’opera per “lettori forti”, per coloro che non si lasciano intimorire da una prosa che approfondisce e da una trama alquanto carica, ma che piuttosto sanno riconoscerne la profondità e la bellezza proprio in questi tratti.

Perché Il giorno dello scorpione, così come il precedente Il gioiello della corona, è un’opera monumentale, incapace di flettersi, bensì predestinata a numerose ramificazioni, come una quercia secolare in grado di condurre con sé ogni attimo e particolare della propria storia incise nella corteccia.

Paul Scott non si limita a raccontare scrupolosamente un’epoca storica, ne ritrae le sfaccettature, i contrasti e le contraddizioni, assumendo diversificati punti di vista che ne possano rendere la totalità e consegnandoci un’opera che rimane unica, un capolavoro. La sua è quasi una rappresentazione sociologica, gli individui sono colti in rapporto con sé stessi, con i “propri simili” e con “gli altri”, senza tralasciare la relazione con le proprie origini e il suolo su cui si risiede, che può essere di equivalenza e non.

Non è una semplice cronaca, ma un universo costellato da individui diversi con sogni, ambizioni, insoddisfazioni, una ricostruzione meticolosa dell’India durante il dominio inglese dove la dimensione storica è espressa, analizzata e talvolta travalicata dalle ragioni umane. Paul Scott ci ricorda come dietro l’immensa imponenza della storia e della politica non vi siano che uomini dotati di un proprio relativismo e con le loro variabili stature in senso lato.

“Dopotutto esistono solo persone, doveri, miti e verità. E la verità è un fuoco è un fuoco da cui pochi di noi vengono scottati. Forse è una fiamma immaginaria, e non può essere creata strofinando due legnetti.”

Il nostro giudizio:

Trama Voto 5/5

Stile Voto 5/5

Piacevolezza Voto 5/5

Copertina Voto 5/5

Voto finale Voto 5/5

Paul scott

Nacque a Londra e durante la seconda guerra mondiale prese servizio principalmente in India e Malesia. In seguito lavorò per molti anni nell’editoria. Dei suoi tredici romanzi, i più celebri sono quelli appartenenti a The Raj Quartet, pubblicati a partire dal 1966. Nel 1977 ha vinto il Man Booker Prize con il romanzo Staying On. Dalla tetralogia è stata tratta una serie tv.