di Isabel Giustiniani
“Il marchio di Sekhmet: l’avventura di un medico nell’antico Egitto (Il romanzo di Tutankhamon Vol. 1)” di Isabel Giustiniani
Genere: Storico
Editore:Storie di Storia
Serie: Il romanzo di Tutankhamon Vol. 1
Pagine: 346
Data di Pubblicazione: novembre 2017
a cura di Elisa Mazza
Premessa
Il romanzo di Tutankhamon è la storia del faraone bambino in quattro avvincenti episodi:
0.1 Il marchio di Sekhmet
0.2 La Città dei Morti
0.3 Il sigillo di Anubis
0.4 La tomba del canarino
Sinossi
Khemfre è solo un bambino quando lui e il fratello Neferu sono costretti a fuggire dalla capitale del Paese delle Due Terre, la città fondata da Akhenaton. L’assassinio del faraone, infatti, ha gettato pesanti ombre sul padre dei due ragazzi, capitano delle guardie reali. La caduta del culto monoteistico di Aton, e il conseguente ritorno degli antichi dei, trova Khemfre e Neferu arruolati nelle file dell’esercito del potente generale Horemheb. Mentre l’ambizioso Neferu prosegue la carriera militare tra i seguaci di Sekhmet – dea della guerra e Signora del terrore e della strage – fino a occupare a palazzo la posizione che era stata del padre, Khemfre abbraccia l’altra anima della temibile dea leonessa: quella di Signora della vita e protettrice dei guaritori, scelta che lo porterà infine a diventare sacerdote medico del giovane faraone Tutankhamon. Ma il destino non concede riscatti e Khemfre lo scoprirà non appena incrociato lo sguardo di Ankhesenamon, la Grande Sposa Reale, venendo trascinato in un turbine di passione e intrighi di corte che metterà in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto.
Recensione
Per difendere il proprio nome si uniscono alle forze armate del grande generale Horemheb ma Khemfre, poco adatto alla carriera militare perde un occhio dopo un terribile incidente che lo lascia debilitato per mesi. A questo punto i fratelli si separano. Neferu continua e diventa un guerriero sempre più forte e potente, mentre Khemfre vive la menomazione con profondo dolore. Nei suoi incubi è tormentato dalla ferocia di Sekhmet, dea a lui prima sconosciuta visto che è stato cresciuto sotto il culto (monoteista) di Aton, il disco di Luce. Egli non è solo il protagonista e la voce narrante principale, ma rivela anche uno spirito introspettivo, curioso, in cerca di mille risposte che affollano un cervello acuto e tormentato dalle prove imposte. Sarebbe stato meglio morire? Qual è l’utilità di sopravvivere se non può fare nulla? Perché poi la fede negli dei è così importante quando a prescindere dalle azioni buone o cattive che si compiono, i risultati non sembrano rilevanti al fine dell’esistenza che vorremmo?
«Non parlare in questo modo degli dei, specialmente della Rossa Signora!» mi redarguì Hukhit, tornando verso di me. «Anche nel malaugurato caso in cui tu non dovessi riacquistare la vista, ci sono parecchie mansioni che potresti imparare a fare. Non esistono vite inutili, se non quelle sprecate nell’autocommiserazione.»
Ansimai, cercando dentro di me la forza per dire ciò che realmente pensavo. «Ma io aspiro a qualcosa di più che a trascinarmi nella sopravvivenza: voglio studiare e diventare un sunu. Voglio curare le persone come voi avete fatto con me. Mi potete aiutare, maestro?»
Vari pensieri tempestano e tormentano Khemfre: il nostro giovane ha scoperto la sua vocazione, diventare sunu (medico) e la sua sete di conoscenza apparentemente sembra insaziabile anche quando sta per sfuggirgli la possibilità che ciò accada.
«Khemfre» mi richiamò Hukhit. – «Vita e morte sono indissolubilmente legate tra loro e fanno parte di un tutt’uno. Non può esistere l’una senza l’esistenza dell’altra. Sekhmet esprime entrambi gli aspetti del Tutto: è la dea della guerra e nella sua ira diventa sanguinaria, dispensando infermità ed epidemie; ma nella sua benevolenza dona guarigione e vita. Uno dei suoi nomi, infatti, è Signora della Vita. Per questo è la patrona dei medici. Noi sunu rivolgiamo a lei tutte le nostre preghiere ed è sempre a lei che sacrifichiamo…»
Neferu crede che ci si debba rilassare, affidarsi a loro liberandosi dai pensieri e ringraziare per la vita concessa. I due fratelli insomma sono sempre ai poli opposti, forse solo ad eccezione degli affetti e nel lasciarsi travolgere dall’amore.
Devo necessariamente complimentarmi con Isabel Giustiniani per la descrizione e l’utilizzo dei termini linguistici originali (c’è un apposito glossario ad ogni fine capitolo) perché sono veramente come piccole istantanee vivide nella mia mente, rendono questo romanzo storico assolutamente credibile, le supposizioni e l’estro nel costruirlo sono attendibili e naturali, mai forzate.
Come già citato nella premessa, “Il Marchio di Sekhmet” è il primo di una serie di romanzi che ho letto tutti di un fiato: le storie si accavallano creando un piacevole effetto anche se poi ognuna risulta efficace anche da sé. In realtà sono un’appassionata dei misteri e cultura d’Egitto quindi avendo già letto molti testi di questo genere/argomento, lo consiglio sinceramente con molto piacere.
Oltre al rapporto con il fratello minato dalla guerra e distanza, il dilemma conflittuale tra religione e medicina, troviamo in focus anche l’exploit amoroso con Ankhesenamon. Donna sensuale, dal carattere frivolo e ambiguo, porterà con sé pathos, passione ma anche dolore, poiché assolutamente proibito. Nonostante sia presente dell’eros in alcuni paragrafi, rimane coinvolgente ma piuttosto censurato, quindi rende il libro adatto anche a lettori più giovani. Ammetto che se Khemfre fosse realmente esistito probabilmente mi sarei presa una cotta per lui perché è stato costruito alla perfezione: le sfaccettature del suo carattere sono decise e morbide allo stesso tempo anche quando nei suoi conflitti interiori, la sua Sekhmet, morde.
Anche gli altri personaggi sono dotati della stessa capacità di generare emozioni: sentiremo compassione, per esempio, per il faraone Tutankhamon. Egli in realtà non è un elemento molto coinvolto nell’intreccio. Pacato, sensibile ma anche vitale entra in scena “al momento giusto”, ma rimane essenzialmente quello che è, un faraone, un Dio in terra, e in quanto tale un uomo solo per definizione, fulcro del potere ma scostato dalla banalità quotidiana di palazzo.
“Peggiore della morte è il vuoto lasciato da ciò che rimane incompiuto. Una parola non pronunciata, un addio mancato, un bacio mai dato.”
Buona lettura!
Il nostro giudizio:
Trama
Stile
Piacevolezza
Copertina
Voto finale
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