LA FELICITÀ SI RACCONTA SEMPRE MALE

di Gaudenzio Schillaci

La felicità si racconta sempre male di Gaudenzio Schillaci
Editore: Dialoghi
Genere: Thriller – noir
Pagine: 188
Data di uscita: 12 febbraio 2020

Cari lettori oggi abbiamo il piacere di presentarvi la nostra recensione al libro “La felicità si racconta sempre male” di Gaudenzio Schillaci, un bellissimo thriller, che sfocia nel noir, dai risvolti misteriosi e con colpi di scena che vi lasceranno senza fiato.
Buona lettura a tutti!

a cura di Manuela Morana


Sinossi di LA FELICITÀ SI RACCONTA SEMPRE MALE

Catania, giugno 2017: il cadavere di un uomo, Gerri Santiloro, viene ritrovato in un vicolo del centro crivellato da tredici proiettili.
A occuparsi dell’evidente omicidio arrivano, sul luogo del delitto, l’ispettore Bonanno e il commissario Davide Bovio, che trovano subito una stranezza: sul corpo della vittima c’è una lettera d’addio.
Le prime impressioni, basate su quelle poche righe, li conducono all’Hotel Ungheria, dove l’uomo risiedeva, e a fare la conoscenza di Cristina Selleri, cameriera del Palomar, locale dove Santiloro trascorreva le sue giornate in solitaria.

Del passato di Gerry non si sa nulla: i due poliziotti concentrano le loro indagini sul tentativo di ricostruire, attraverso le parole della Selleri, innamorata di Santiloro, gli ultimi giorni di vita di quest’uomo che nascondeva, tra ombre e misteri, un desiderio di vendetta a lungo covato.
A ingarbugliare le indagini contribuisce la confusione del commissario, uomo dai sentimenti avvizziti ma affascinato dalla giovane testimone.

Recensione

Gerri Santiloro, un uomo che ha passato la cinquantina, da qualche tempo vive in una camera dell’hotel Ungheria e passa le sue giornata al bar di fronte, il Palomar, sta sempre da solo, chino sul suo pc portatile a scrivere, non dà confidenza a nessuno ma è sempre educato e discreto.
Cristina fa la cameriera in quello stesso bar e inizia ogni giorno di più ad essere attratta da quel misterioso uomo che non parla molto e che a volte sembra distante anni luce da quel tavolino che occupa abitualmente.
Gerri si dimostra abbastanza scostante nei confronti della giovane ma lei è una persona testarda e quando si mette in testa qualcosa è difficile farla demordere.

«Lei fa sempre così?».
«Di grazia» finse stupore, «cosa starei facendo? Qualcosa di irrazionale?». Spinse il collo in avanti, dandole l’input per rispondere.
«Non fa altro che chiudersi a riccio nella sua solitudine, senza permettere a nessuno di potersi avvicinare. Per me sì, è irrazionale».
«Vede, io non sono affatto solo. Lei confonde quello che appare con la realtà».
[…]
«La realtà è sempre più profonda di come appare in superficie. Nuotando a pelo d’acqua si perdono di vista un sacco di cose. Se posso darle un consiglio, ogni tanto dovrebbe immergere la testa, senza aver paura di annegare. Sott’acqua si vede meglio, e si vedono molte più cose».

Cristina cerca in ogni modo di vincere le barriere che Gerri ha posto a difesa della sua persona, del suo cuore e del suo passato, la giovane arriva pure ad agire in modo sfrontato e ben poco professionale, ma sente un’attrazione magnetica che non sa ben spiegarsi, sente che lei e Gerri hanno in comune molto più di quello che a prima vista potrebbe apparire, entrambi si sentono “inadeguati alla vita” e quindi si riconoscono, sanno che per certi versi sono degli spiriti affini.
Purtroppo però le cose non vanno sempre come desideriamo, e quando il corpo di Gerri viene ritrovato trafitto da numerose pallottole tutto improvvisamente prende una nuova piega. L’autore ci fa vivere gli ultimi istanti di vita di Gerri e lo fa con parole sincere che colpiscono.

Strano come, a un passo dalla morte, si finisca per concentrarsi su qualche cazzata superflua, dettagli insignificanti, pensieri di poco conto, invece di vivere in pieno quello che, in fin dei conti, è il momen¬to più decisivo di tutta la vita: l’attimo in cui questa finisce. Così, si mise a pensare a cosa stava indossando.
Le dita si mossero leggere lungo il tessuto, lo accarezzarono placide. Per un istante una scossa gli risalì dalle mani fino a lambirgli i contor¬ni del cuore. I polpastrelli trovarono il sentiero di una cucitura, lo risa¬lirono con cura, arrivarono fino al colletto, largo, bottom down, tessuto che doveva essere cotone.
Era una bella camicia, quella. Aveva scelto bene cosa indossare, quel giorno, per quel viaggio, l’ultimo viaggio.

Quando l’ispettore Bonanno e il commissario Davide Bovio arrivano sulla scena del crimine trovano una strana lettera di addio che fuoriesce dalla tasca dei pantaloni del cadavere, le sue parole sono profondamente toccanti e fanno molto riflettere:

Ci sono solo tre cose che non ritornano mai indietro: il tempo, un proiettile e un’occasione persa. E queste tre cose sono molto più simili di quanto si possa pensare.
Sono giunto, finalmente, al momento giusto per salutare tutti e andarmene via.
[…]
E lei è anche la persona che mi ha lasciato in eredità la scoperta più importante che io potessi mai fare: la felicità esiste, e non serve a niente. Per questo è così importante, per noi creature: perché niente è più straordinario di un’inutile meraviglia.

Gerardo Santiloro

Perché una persona che è stata brutalmente assassinata ha addosso una lettera d’addio che solitamente è tipica dei suicidi? Cosa sa Cristina? Chi è l’assassino?

È a questo punto che il protagonista indiscusso diventa il commissario Bovio che insieme ai suoi colleghi si ritrova ad investigare sul caso alla ricerca della verità e del colpevole.
Ma cosa c’è nel passato di Bovio che ancora riesce a turbarlo e che l’ha reso così freddo, scontroso e scostante? Quali sogni sono stati infranti? E cos’è quella strana sensazione che prova ogni volta che vede Cristina?
Sinceramente non ho molto apprezzato i dialoghi tra poliziotti perché troppo spesso tendono a scivolare nello squallore, rivelandoci come questi uomini, totalmente disillusi e resi cinici dal proprio lavoro e dalle brutture che la vita gli ha mostrato, siano tipici esempi di maschilismo con moltissimi pregiudizi sulle donne, fissati con il sesso in maniera quasi maniacale e a tratti per niente professionali, ma ai fini della storia sono proprio i protagonisti perfetti, è esattamente quello che ci vuole in quel contesto e in quelle circostanze, del resto il noir è noto per il suo saper essere un po’ rude e forte.

In “La felicità si racconta sempre male” niente è come sembra, quello che all’apparenza è un signore di mezz’età silenzioso che passa le sue giornate a scrivere in realtà si rivela un uomo misterioso, con un passato oscuro, coinvolto in situazioni molto ambigue e pericolose.
Tra sparizioni, identità false, federazioni di wrestling, droga, lettere e corpi crivellati dai proiettili si snoda un thriller noir fortissimo, un’opera che va al di là del semplice omicidio con relative indagini perché Schillaci analizza i propri personaggi in maniera estremamente dettagliata, li racconta, li mette a nudo e ce li mostra in tutte le loro sfaccettature.

Se vi aspettate un romanzo veloce e pieno d’azione, che vi porti subito dall’omicidio al colpevole questo libro non è quello che fa per voi, qui si ci ritrova quasi fuori dal tempo, il suo scorrere non è fondamentale ai fini della storia, perché questo è un viaggio dentro le anime dei protagonisti della vicenda e calarvi nella loro mente è la cosa più importante.
Tutto è così curato e ben studiato che i nostri protagonisti sembrano uscire dalle pagine, sembra quasi di poterli toccare tanto sono abilmente presentati, la loro analisi psicologica conquista e trascina il lettore in un crescendo di pathos che spinge a ricercare la verità, a desiderare di conoscerla, di possederla completamente.
Ogni personaggio di questo libro ha alle proprie spalle una storia particolare ed interessante che l’ha portato a diventare ciò che è, il colpo di scena finale è davvero inimmaginabile e spiazza anche il lettore più attento e dotato di buona intuizione.

La descrizione degli ambienti e delle vie della città è estremamente fedele e realistica e, da buona catanese, l’ho apprezzata moltissimo, mi sembrava proprio di passeggiare per le vie del centro e perdermi nel racconto.
In conclusione vi posso assicurare che “La felicità si racconta sempre male” è stato scritto da una penna davvero notevole e dallo stile ricercato senza mai risultare noioso, veramente una bella sorpresa considerando che questo è il romanzo d’esordio di questo autore e sono sicura che questo sarà solo il primo di numerosi successi.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 5


StileVoto 5


PiacevolezzaVoto 5


CopertinaVoto 5


Voto finaleVoto 5




Si ringrazia l’autore per aver gentilmente fornito il materiale