LA MEMORIA RENDE LIBERI

di Liliana Segre con l’introduzione di Enrico Mentana

La memoria rende liberi

a cura di Mary Manasseri

La memoria rende liberi di Liliana ( con introduzione di Enrico Mentana)
Genere: Biografia

Editore: Rizzoli (Collana Best Bur)
Pagine:
 225
Edizione: 29 ottobre 2015

Carissimi lettori, buongiorno a tutti voi. È un piacere per me proporvi questa nuova recensione dedicata all’opera di Liliana Segre La memoria rende liberi.

Sinossi

“Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.” Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent’anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. “Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea”. Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d’eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli. Un racconto emozionante su uno dei periodi più tragici del secolo scorso che invita a non chiudere gli occhi davanti agli orrori di ieri e di oggi, perché “la chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore”.

Recensione

Sono le 22.00 di una serata qualunque di questo fine marzo del 2020, fuori è buio e mi dedico del tempo per riflettere. Ho terminato giusto ieri sera “La memoria rende liberi” di Liliana Segre, edito in prima edizione nel 2015 e arrivato oggi alla sua dodicesima ristampa.

Quando vedevo quello che facevano a me o agli altri, quando assistevo alle violenze o le subivo in prima persona, quello che dominava la mia mente, più che il dolore, era la sensazione di stupore.

Gli segue la parte autobiografica: Liliana, orfana di madre, è una bimba di otto anni quando le viene proibito di tornare a scuola. L’affetto per il padre, il suo tentativo di tutelarla e proteggerla fino alla fine, commuovono profondamente. Lei e suo padre, saputo delle retate agite dalla Polizia per arrestare il maggior numero di ebrei, tentano la fuga in Svizzera, ma vengono bloccati sul confine e costretti a rientrare. Vengono fermati dai doganieri e, dopo un lungo viaggio, deportati ad Auschwitz.

Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare, di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo.

Difficile dare una valutazione a un testo come questo, che si rivela una testimonianza umana e storica di ingente portata. Si può solo leggerlo e lasciarsi accompagnare nell’esperienza dolorosa e lacerante di una bambina prima e ragazza poi, che subisce l’annientamento della propria identità attraverso la limitazione di tutte le libertà fondamentali e il continuo e inesorabile soffocamento della sua dignità.

La Segre narra con estrema lucidità la fatica della perdita, non solo delle persone care ma di tutto ciò che la sua vita era e che non sarebbe mai più tornata ad essere. La sua voce, calma e intensa, rimane in costante sottofondo, con il consueto tono dolce con cui siamo abituati ad ascoltarla.

La sentiamo onesta, nel continuo tentativo di cercare e ammettere le proprie colpe nella vita sempre uguale del campo di concentramento, dove il desiderio di sopravvivere costringe a girare la testa dall’altra parte di fronte alla disperazione altrui. È condivisione di una verità scioccante che obbliga a porsi domande, a guardarsi dentro senza ipocrisie e scusanti, esattamente come fa l’autrice con estrema e sincera umiltà.

Auschwitz è una ciminiera che si nutre di vite, quelle che non uccide le spegne lentamente fino all’annullamento totale. Il campo è abitato da morti che camminano, sguardi vacui e puro orrore. La fame é un acido che corrode anima e corpo, alienando completamente la coscienza di sé. Emergono nella quotidianità piccoli gesti tra detenuti, densi di carità e di profondo valore umano, che rappresentano il vero miracolo in mezzo a tanta diffusa morte.

Non ero più la prigioniera dei nazisti, avrei dovuto sforzarmi di entrare in quel nuovo ordine di idee. Spesso mi diceva anche: “il tuo sguardo a volte è terribile, perché tu guardi oltre le cose. Io so a cosa stai pensando in quei momenti. Invece devi stare qui! Sei qui!

Un anno e mezzo di prigionia e la successiva marcia della morte che partì da Auschwitz verso la Germania, furono un’estenuante prova di resistenza per il corpo ormai sfinito di Liliana e per la sua anima offesa. Solo il disperato attaccamento alla vita riuscì a tenerla in piedi, un passo dopo l’altro, fin quando le armate americane non liberarono lei e chi con lei sopravvisse a quel tormento.  

Come accade nel libro di Primo Levi, “La tregua”, anche qui trova ampio spazio il ritorno alla vita nel dopo guerra. Liliana Segre riprende molti spunti dall’esperienza di Levi. Interessante é la riflessione sulla possibilità di andare oltre Auschwitz, per accogliere e nutrirsi dell’amore che ancora la vita può offrire dopo l’inferno vissuto nel campo. Chi sono i sommersi e chi i salvati? Chi è sopravvissuto ad Auschwitz è poi riuscito davvero ad uscire dai suoi cancelli e dai suoi polverosi cortili intrisi di miseria? Su questa parte dell’opera è ancora ferma la mia mente che, insistente, ripercorre il testo alla ricerca di risposte.

L’incontro con il marito, l’amore profondo che li ha uniti e la successiva nascita dei figli, muove nell’autrice sentimenti nuovi, che nel tempo riusciranno a restituirle dignità e senso di sé.

L’esperienza di deportata rimarrà sepolta in lei per moltissimo tempo, fermentando nella profondità di una coscienza ancora troppo dolente per potersi scoprire di fronte al prossimo, individuo altro che ha paura di sentire, di vedere e di conoscere la realtà dei fatti a cui la guerra e l’estremismo di pensiero hanno dato origine.

Il percorso verso la consapevolezza dell’importante ruolo di testimone necessiterà di anni e di un profondo lavoro su se stessa, non esente da forte sofferenza emotiva. Il carico della memoria avrà il peso insopportabile di un macigno, finché  non troverà in sé la forza di affrontarlo. Il senso di responsabilità maturerà in modo lento ma inesorabile, fin quando nel 1990 Liliana Segre inizierà a raccontarsi al mondo.

Mi sento di definire La memoria rende liberi un prezioso documento e Liliana Segre una figura del presente rassicurante,  patrimonio di un’umanità che si perde troppo spesso dietro obiettivi di blando spessore. In tempi così bui non può che dare consolazione sapere che esiste ancora chi ha il coraggio di andare controcorrente, che trova la forza di usare parole scomode per aprire un varco alla verità e alla faticosa strada che costantemente è necessario percorrere, per difendere e valorizzare la libertà che oggi giorno abbiamo l’onore di poter agire.

È con piacere che consiglio questo libro, come un seme che possa attecchire e darci il coraggio sempre di difendere il rispetto e il valore di ogni essere chiamato alla vita. Con questo mio pensiero, auguro buona lettura a tutti e spero di ritrovarvi alla prossima recensione.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5

StileVoto 5

PiacevolezzaVoto 5

Copertina

Voto finale Voto 5

Liliana segre

Liliana Segre è nata a Milano nel 1930 in una famiglia ebrea. Deportata ad Auschwitz-Birkenau all’età di tredici anni, ha perso nel lager il padre e i nonni paterni, la testimonianza di tale esperienza è riportata nel libro La memoria rende liberi. Oggi ha tre figli e tre nipoti. Nel 1990 ha incominciato a raccontare la sua esperienza da sopravvissuta e ha ricevuto numerosi riconoscimenti e onorificenze per il suo impegno di testimone. Il 19 gennaio 2018 è stata nominata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella senatrice a vita “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”.

Enrico mentana

Enrico Mentana  nasce a Milano il 15 gennaio 1955, è un giornalista e conduttore televisivo, inoltre attualmente è direttore del TG LA7 e da dicembre 2018 è editore di Open, giornale online da lui stesso fondato.