L’ULTIMA RICAMATRICE

di Elena Pigozzi

“L’ultima ricamatrice” di Elena Pigozzi
Editore: Piemme
Genere:Romance – Narrativa contemporanea
Pagine: 176
Data di pubblicazione: 08/09/2020

Cari lettori,
oggi abbiamo recensito per voi “L’ultima ricamatrice” di Elena Pigozzi, un romanzo che è pura e vera poesia intrisa di emozioni autentiche e sincere, tanto intense e profonde da lasciare quasi senza fiato.
Eufrasia, attraverso le sue parole, ci permetterà di conoscere la sua storia e quella delle altre donne della sua famiglia e di come il ricamo sia stato un modo per esprimere tutto ciò che sentivano o provavano.
Buona lettura!

a cura di Rossana Bizzarro

Sinossi di L’ULTIMA RICAMATRICE

Appoggiata ai bordi del bosco, sulla via che dal paese va verso le montagne, c’è una piccola casa solitaria: è qui che vivono le ricamatrici.
Ora è rimasta Eufrasia a praticare l’arte di famiglia, tesse, cuce, ricama leggendo in ogni persona che le si rivolge i desideri più inconsci.
Accanto a lei come prima alla bisnonna, alla nonna e alla madre, da sempre, il telaio di ciliegio, rocchetti, stoffe, spole e spilli. Eufrasia ha settant’anni e ha quasi smesso di lavorare, le mani curvate dall’artrite e la modernità in cui tutto è fatto in fretta le avevano fatto pensare di non servire più a nessuno.
Ed è in quel momento che arriva Filomela, una ragazza giovane con il riso negli occhi oltre che sulle labbra, che le chiede di prepararle il corredo e di insegnarle a ricamare.
Eccola, l’ultima occasione di fare ciò che Eufrasia più ama: rendere felice qualcuno, raccontargli la vita che verrà intrecciando trama e ordito.
Le parole che ha risparmiato per tutta l’esistenza ora sgorgano come fiumi in primavera. Racconta di una giovane vedova di guerra gentile ed esperta nel taglio e cucito, di una splendida e coraggiosa ragazza troppo bella per non attirare le malelingue di paese, di un amore delicato come il filo di lino e tanto sfortunato, e di un ricamo tessuto da generazioni, in cui ognuna di loro ha scritto un pezzo della propria esistenza, una scintilla luminosa nel buio del mondo.
Elena Pigozzi in questo romanzo ci fa vivere cento anni di storia in un battito di ciglia, a volte vento leggero e luminoso, altre cupo e foriero di sventura. Tante vite si intrecciano in queste righe, tanti amori, ma soprattutto l’amore per la vita stessa e per un’arte millenaria che sono la vera eredità dell’ultima ricamatrice.

Recensione

L’arte mia è sistemare con l’ago, aggiustare, cucire ma non solo le stoffe. L’arte mia ricama parole, le taglia a misura perfetta del cliente che viene da me, per chiedermi il vestito con cui figurare.


“L’ultima ricamatrice” di Elena Pigozzi, è un fantastico romanzo tutto al femminile, in cui emozioni, ricordi e speranze si intrecciano dando vita a qualcosa di unico, profondo e immenso.
A raccontare della sua vita, e non solo, in ogni minimo dettaglio, è Eufrasia, ricamatrice, che ha sempre amato e vissuto per il suo lavoro ma che non l’ha mai considerato come tale. Al contrario, l’ha sempre visto come un modo per viaggiare, scoprire nuovi mondi e nuove cose, conoscere persone diverse e poi, attraverso ago e filo, raccontare tutto ciò che ha visto e scoperto.

Di viaggiare non ne ho bisogno, sono i viaggiatori che vengono da me e mi portano i luoghi che hanno visitato, i sogni e i desideri che rendono rapido il cammino.
È quando stringo l’ago, ci passo il filo, afferro la stoffa, che inizio il viaggio. Allora ricamo o tesso le storie che sento dentro e sono certa di imprigionarle nella seta e di ripetere i giorni, i mesi, gli anni, ripetere finché li ho cuciti nelle tela e il ricamo parla di me. Ripetere ciò che vedo attraverso la finestra, il bosco che è macchia di verde, la forma dei rami e dei tronchi, la luce che filtra tra le foglie.


I suoi lavori parlano di se stessa, delle donne della sua famiglia che l’hanno preceduta e con colei che è cresciuta, dei loro amori, delle tragedie che le hanno sconvolte, dei momenti felici e delle perdite subite.

Ormai settantenne, Eufrasia è l’ultima ricamatrice della sua famiglia, vive un po’ più distante dal paese ed è convinta di non essere più utile a nessuno, i suoi lavori sembrano non interessare più, anche perché i tempi sono cambiati e la gente si reca nelle grandi città per acquistare ciò di cui ha bisogno.
Un tempo però non era così, molte erano le persone che bussavano alla porta delle ricamatrici, la loro bravura e le loro capacità erano conosciute in tutti i paesi limitrofi.

E proprio quando Eufrasia ha ormai perso la speranza di tramandare e insegnare il suo lavoro, all’improvviso si ritrova davanti la sua porta una giovane sorridente, dolce e gentile, Filomela, che le chiede di prepararle il corredo per il suo matrimonio.
Inoltre, vuole imparare l’arte del ricamo, questo mestiere così antico, in cui la pazienza e la passione sono fondamentali.

Ricamare è fatica e dedizione. È vegliare fino all’alba, la schiena china su un’idea che prenda forma in fili colorati. Ricamare fino a raggiungere il disegno perfetto, una trama che è precisione di punti, un ordito che è calcolo di filato. Servono occhi concentrati e mani pazienti nei gesti e rapide a scorrere nella traccia. Serve passione nelle dita e il telaio regalerà seta resistente, capace di raccontare la pioggia di agosto, il sole alto sul campanile, il mattino con la bruma: la vita, il suo aprirsi e chiudersi in un gesto, che è stanchezza e cuore.


Così Eufrasia e la bella Filomela, ogni giorno si incontrano per ricamare e anche per parlare. La ragazza è curiosa di conoscere meglio la ricamatrice, il suo passato, la sua vita, i suoi dolori e tutto ciò che la riguarda.
Eufrasia inizia, dunque, il suo lungo racconto tra ricordi ed emozioni ancora troppo vivi e forti. Narra di Esther, la sua bisnonna, di Clelia, sua nonna, di Miriam, sua madre, fino ad arrivare a se stessa e a tutto ciò che ha vissuto, provato e sopportato.
E Filomela, tra un ricamo e un altro, rivive sulla sua pelle tutto ciò che riguarda queste donne, sorridendo per la felicità e piangendo per le varie sventure e tragedie passate.

Le protagoniste di questo notevole e brillante romanzo sono donne che hanno dovuto imparare presto a cavarsela da sole, a cercare di sopravvivere alle ingiustizie e alle maldicenze, a reagire a tragedie terribili e a dolori immensi.
E ognuna di loro ha trovato nell’altra la forza per andare avanti, nell’amore che le univa e nel ricamo.
Ed Eufrasia, vede in Filomela il suo continuo, la possibilità di far conoscere la sua storia e di tramandare il suo lavoro a una generazione diversa, e considera ciò un dono dal cielo, un miracolo.

«Questo mestiere mi ha insegnato ad affrontare le difficoltà con gentilezza» le spiego. «E che gentilezza è il vero contrario di debolezza» e faccio il nodo.


Le descrizioni fatte dall’autrice sono meticolose e perfette, sembra quasi di riuscire a vedere con i proprio occhi queste donne intente a ricamare e a trasformare tutto ciò che provano e sentono in bellissime tele.
Con il suo modo di scrivere, poetico ed ammaliante, è come se Elena Pigozzi incatenasse il lettore al romanzo, lo rendesse incapace di staccarsi da esso, tanta è la curiosità e la voglia di sapere e conoscere.

I temi trattati nel romanzo sono vari, tra cui i pregiudizi e le dicerie di paese, l’invidia, la guerra, lo stupro e tutto ciò che ne consegue, la vendetta, il senso di impotenza e di incapacità di reagire di fronte alla realtà delle cose, l’affetto di una famiglia, l’istinto materno che spesso salva dal buio in cui si è caduti, la speranza.

Lo stile fluido, poetico e descrittivo dell’autrice e la sua scrittura chiara e scorrevole, contribuiscono a rendere “L’ultima ricamatrice” un romanzo piacevole e appassionante, coinvolgente ed emozionante in una maniera incredibile.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 5


StileVoto 5


PiacevolezzaVoto 5


CopertinaVoto 5


Voto finaleVoto 5



Si ringrazia la casa editrice per averci cortesemente fornito il materiale.