L’UOMO CHE GUARDAVA PASSARE I TRENI

di Georges Simenon

“L’uomo che guardava passare i treni” di Georges Simenon
Genere: narrativa
Editore: Adelphi Edizioni
Pagine: 211
Edizione: 3 giugno 1991

Cari lettori,
quest’oggi vi parliamo di “L’uomo che guardava passare i treni” di Georges Simenon, opera, questa, all’interno della quale assistiamo a una quotidianità che viene completamente stravolta da un fatto unico quanto eccezionale e che porterà il nostro protagonista, Kees Popinga, a diventare capace di tutto. Buona lettura!

A cura di Elide


Sinossi:

La sera di un giorno qualsiasi, Kees Popinga si appresta a fumare un sigaro. Kees Popinga è uno di quegli uomini cosiddetti normali che Simenon predilige e che sa raccontare come nessun altro. La sua normalità, come ogni normalità, è illusoria: un meccanismo che, appena s’inceppa, diventa capace di tutto. Ma non tutti, a quel punto, sono capaci di tutto. Kees Popinga sì.

Recensione:

«Si parte da un dettaglio qualsiasi, talvolta di poco conto, e senza volerlo si giunge a scoprire grandi principi»

Kees Popinga ha trentotto anni, è esausto, stanco e sfiancato dalla sua esistenza di sopravvissuto ed è l’esempio per eccellenza dell’eroe simenoniano. È un attimo quando il tutto accade: nell’esatto e preciso momento in cui concepisce che la sua vita di piccolo borghese sta per giungere al termine e che tutto ciò in cui aveva creduto, investito e spinto negli anni si sta per sgretolare a causa di manovre speculative da parte del proprio capo che lo ritiene incapace di alcunché, ecco che sopraggiunge quel senso e quella consapevolezza di vita non vissuta. Che fare? Continuare a vivere in quel grigio, quel piattume e quella continuità quotidiana fatta da una moglie e di due figli mai davvero compresi e impossibili da amare, o scappare, andarsene, prendere quel treno, quel biglietto di sola andata e via? Che si tratti di una amnesia? Di una follia? Perché si sta comportando così? I terzi che lo osservano e scrutano si interrogano, cercano di tratteggiarne i confini, di stilarne gli schemi, di spiegare e spiegarsi cosa si cela dietro la facciata di questo cambiamento repentino.

«Dunque, non sono né pazzo né maniaco! Solo che a quarant’anni ho deciso di vivere come più mi garba senza curarmi delle convinzioni né delle leggi, perché ho scoperto un po’ tardi che nessuno le osserva e che finora sono stato gabbato. […] Per quarant’anni mi sono annoiato. Per quarant’anni ho guardato la vita come quel poverello che col naso appiccicato alla vetrina di una pasticceria guarda gli altri mangiare i dolci. Adesso so che i dolci sono di coloro che si danno da fare per prenderli.»

Kees Popinga inizia così a giocare la sua partita a scacchi, una partita ove egli cerca di anticipare le mosse del nemico e in cui cerca di riscoprire la propria identità, una identità che si perde e sfuma nello sfumarsi di quelle certezze che sempre lo hanno accompagnato. Indossa panni diversi, panni che lo esorcizzano e che lo rendono un uomo nuovo e privo di regole, che lo obbligano a tutto trascrivere affinché quella lucidità mentale sia mantenuta e trattenuta. Eppure più cerca di raggiungere quel suo estremo opposto e più è inevitabile quella caduta rovinosa e fraudolenta. Qual è la verità?

«Non c’è una verità, ne conviene?»

Ed è con una penna chiara, precisa, fredda e forbita che ha inizio e sviluppo “L’uomo che guardava passare i treni”, opera a firma Georges Simenon che si propone al grande pubblico con personaggi solidi e concreti e che affascina non solo per le vicissitudini – anche assurde in taluni casi – quanto per l’aspetto introspettivo che intinge queste pagine e che avvolge, senza mai uno sbaffo, la figura di Popinga.

Il lettore è coinvolto e affascinato dai fatti, è curioso di sapere come si evolveranno le vicende, non manca di esserne catturato e trattenuto.

In “L’uomo che guardava passare i treni”, ancora, non mancano poi tutti i temi più cari allo scrittore e che vanno dalla rottura con l’ambiente d’origine, l’identità, l’abbandono dei tratti caratteristici di questa in perfetta simbiosi con il volto pirandelliano, la libertà in opposizione alla vita e alla morale piccolo-borghese.

Non manca, ancora in “L’uomo che guardava passare i treni”, quell’epilogo atto a far riflettere il conoscitore sulla libertà di scelta, di fare, di scegliere e di mettere a frutto le proprie capacità. Un mix di elementi che viene meno nel momento in cui viene a perdersi la propria identità più profonda.

Buona lettura!

Il nostro giudizio:
Stile:Voto 5/5
Trama:Voto 5/5
Piacevolezza:Voto 5/5
Copertina:Voto 5/5
Voto finale:Voto 5/5

GEORGES SIMENON

Romanziere francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500 romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa europea. Grande importanza ha poi all’interno del genere poliziesco, grazie soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret. La tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i settecento milioni di copie. Secondo l’Index Translationum, un database curato dall’UNESCO, Georges Simenon è il quindicesimo autore più tradotto di sempre.