MADRE OPERAIA

di Ada Negri

Benvenuti al nostro appuntamento con la poesia.
Oggi proponiamo il commento della poesia Madre operaia di Ada Negri
Buona Lettura!



a cura di Elisa Mazza

Madre operaia

Nel lanificio dove aspro clamore
Cupamente la vôlta ampia percote,
E fra stridenti rôte
Di mille donne sfruttasi il vigore,


Già da tre lustri ella affatica.—Lesta
Corre a la spola la sua man nervosa,
Nè l’alta e fragorosa
Voce la scote de la gran tempesta


Che le scoppia dattorno.—Ell’è sì stanca
Qualche volta; oh, sì stanca e affievolita!…
Ma la fronte patita
Spiana e rialza, con fermezza franca;


E par che dica: Avanti ancora!…—Oh, guai,
Oh, guai se inferma ella cadesse un giorno,
E al suo posto ritorno
Far non potesse, o sventurata, mai!…—


Non lo deve; nol può.—Suo figlio, il solo,
L’immenso orgoglio de la sua miseria,
Cui ne la vasta e seria
Fronte del genio essa divina il volo,


Suo figlio studia.—Ed essa all’opificio
A stilla a stilla lascierà la vita,
E affranta, rifinita,
Offrirà di sè stessa il sacrificio;


E la tremante e gelida vecchiaia
Offrirà, come un dì la giovinezza,
E salute, e dolcezza
Di riposo offrirà, santa operaia;


Mio il figlio studierà.—Temuto e grande
Lo vedrà l’avvenire; ed a la bruna
Sua testa la fortuna
D’oro e di lauro tesserà ghirlande!…
*


…. Ne la stamberga ove non giunge il sole
Studia, figlio di popolo, che porti
Scritte ne gli occhi assorti
De l’ingegno le mistiche parole,


E nei muscoli fieri e nella sana
Verde energia de le tue fibre serbi
Gli ardimenti superbi
De la indomita razza popolana.


Per aprirti la via morrà tua madre;
All’intrepido suo corpo caduto
Getta un bacio e un saluto,
E corri incontro a le nemiche squadre,


E pugna colla voce e colla penna,
D’alti orizzonti il folgorar sublime,
Nove ed eccelse cime
Addita al vecchio secol che tentenna:


E incorrotto tu sia, saldo ed onesto…
Nel vigile clamor d’un lanificio
Tua madre il sacrificio
De la sua vita consumò per questo.

Parafrasi della poesia: Madre operaia

Nel lanificio dove incalzano ruggenti suoni e rimbalzano nell’ampio soffitto della volta, tra gli stridenti ingranaggi, tante donne sfruttate lavorano.
Una madre, già da quindici anni vi si affatica. Veloce, corre con la spola la sua mano nervosa e nulla la distrae, nemmeno l’alta e fragorosa confusione che la circonda. A volte si stanca, qualche volta è davvero stanca e avvilita!
Ma la fronte patita poi si spiana, e con fermezza si sprona a proseguire. Sembra dire: “Avanti ancora!” Guai, davvero, guai se per malattia si fermasse un giorno, probabilmente al suo ritorno troverebbe il posto occupato.
Non deve, non può. Suo figlio, il solo e immenso orgoglio nella sua miseria, deve crescere.
Suo figlio studia. Ed essa, in quell’opificio, spremendosi vi lascerà la vita: distrutta, intrappolata, offrirà sé stessa in sacrificio. Offrirà la tremante e gelida vecchiaia, così come un volta vi donò la giovinezza, la salute e la dolcezza; persino il riposo offrirà, santa operaia.
Il figlio studierà. Diverrà temuto e grande nel suo avvenire; la sua testa bruna sarà circondata da una corona d’alloro. Nella loro casupola buia, studia, questo figlio del popolo, e porterà con sé nell’apprendere e cultura, anche la fierezza popolana, le sue stesse radici.
Per aprirti la strada morirà tua madre; onorala con un bacio e un saluto mentre ti fai strada nel mondo, con la voce e con la penna, combatti e conquista nuovi posti, rompi le tradizioni. Combatti, e che tu sia onesto e incrollabile, puro: è nel caotico lanificio che tua madre si offrì in sacrificio, consumandosi, per regalarti questa opportunità.

Commento della poesia: Madre operaia

Bentrovati Amici miei, in occasione del Primo Maggio ho scelto la poesia Madre operaia di Ada Negri: si presenta talmente viscerale che non avrebbe quasi bisogno di commento. È forte, intensa, struggente, incarna perfettamente la maternità e il suo primordiale scopo: dare al proprio figlio la vita e far si che cresca in prosperità.
Siamo nel secolo dei contrasti: grandi passi avanti nella scienza e nella tecnologia, nella connessione e nella comunicazione hanno trovato spazio fertile. Ma, come paradosso, un lato oscuro si è affacciato inquietante: lo spreco, la mancanza di empatia, la pigrizia e il consumismo.
Tutto è dovuto, l’apparenza più della sostanza, ciò che si vuole si deve avere immediatamente, senza sacrifici.
Sembrano luoghi comuni, anzi, forse in parte lo sono. Però vedo i valori morali, familiari, che viaggiano sballottati su una strada dissestata: può esserci ancora una traccia nel suolo, ma il manto stradale inizialmente solido si presenta via via sgretolato in più punti.
Le realtà lavorative seguono parallelo questo percorso: avevamo acquisito un certo benessere e un valore aggiunto dopo le feroci lotte dei nostri nonni, eppure oggi, la società ha sfacciatamente fatto un passo indietro, facendoci perdere quei diritti senza quasi neanche accorgerne.
Io stessa, almeno una volta nella vita, mi sono scontrata con la dura realtà: turni massacranti per un salario minimo fermo a trent’anni fa, lavoro nero, aperture commerciali forzate nei festivi, stage gratuiti che proseguono all’infinito: triste, vero? Senza aprire la questione spinosissima di noi madri che siamo costrette a “parcheggiare” i figli ovunque per dover lavorare. Questi sono i frutti di un popolo che ha dimenticato, si è accomodato. Per citare un detto interessante che mi sembra calzare: “si stava meglio quando si stava peggio“.
Forse ci siamo appisolati su un letto troppo comodo e ora invece russiamo inermi, incuranti di ciò che accade.
Madre operaia è una sveglia, e potente dal petto di una donna ci parla: non dimentichiamo il sacrificio, l’opportunità che ci è stata regalata, il dono della vita. Non dimentichiamo ciò di cui siamo stati capaci di fare, le potenzialità infinite che risiedono nella nostra volontà.
Dopo questo imperioso monito, non mi resta che dire: Forza! Buona Festa dei Lavoratori!

Ada Negri

(Lodi 1870 – Milano 1945) scrittrice italiana. Di umili origini, insegnante, riuscì a imporsi nell’ambiente letterario e presso il pubblico. Collaborò a numerosi quotidiani e riviste e, nel 1940, fu accolta nell’Accademia d’Italia. Esordì con poesie di forma tradizionale e di ispirazione umanitaria, socialista o femminista (Fatalità, 1892; Tempeste, 1894; Esilio, 1914); in seguito scrisse versi di gusto dannunziano e di tono quasi diaristico (Il libro di Mara, 1919; I canti dell’isola, 1924); infine compose liriche che esprimono, con voce più raccolta e dimessa, una concezione cristiana della vita (Vespertina, 1930; Il dono, 1936). Sfocate e declamatorie sono le opere in prosa (Le solitarie, 1917; Stella mattutina, 1921; Sorelle, 1929), la cui nota più significativa è data dall’evocazione di una fanciullezza dolorosa, dalla descrizione di umili interni e di umane solitudini. Nel 2020 Mondadori pubblica Poesie e prose.