NERO WOLFE FA LA SPIA

di Rex Stout

Nero Wolfe fa la Spia di Rex Stout
Genere: Gialli e Thriller
Editore: Mondadori
Pagine: 164
Edizione: maggio 2006

a cura di Pamela Mazzoni

Ben ritrovati amici lettori, il libro in questione “Nero Wolfe fa la Spia” è il diciottesimo romanzo del grande Rex Stout, creatore del gigantesco investigatore Wolfe e del suo sfrontato ma abilissimo “braccio armato” Archie Goodwin.
Quella che coinvolge i nostri personaggi è un’avventura atipica, in cui in cui i ben oliati ingranaggi del giallo si incastrano alla perfezione con la descrizione di luoghi affascinanti, in uno scenario di cambiamenti politici del post-seconda guerra mondiale.
Buona lettura!

Sinossi

Pubblicato per la prima volta nel 1954, nel romanzo di Rex Stout assistiamo a un evento insolito: Nero Wolfe esce di casa. Un fatto già di per sé memorabile; per di più l’investigatore non si limita a fare una passeggiata per la sua Manhattan, ma attraversa l’oceano e torna in Europa, nel Montenegro, sua terra d’origine. E qui, accompagnato dal fido Archie Goodwin, invece di dedicarsi ai suoi hobby prediletti (il giardinaggio e la cucina) scala montagne e arranca su e giù per i boschi, senza neanche il conforto delle sue orchidee e dei manicaretti del fidato Fritz. Quale straordinario fatto può averlo spinto a trascorrere una settimana così faticosa? Ovviamente c’è di mezzo un delitto, e la vittima è proprio il miglior amico di Nero…

Recensione

Se siete appassionati di Nero Wolfe, scrollatevi di dosso tutte le regole e le abitudini a cui il detective ci ha abituato.
Di solito ci aspetteremmo il nostro elefantiaco investigatore che medita su di un qualche omicidio seduto ad occhi chiusi nella sua poltrona, mentre beve la sua birra ghiacciata senza grossi sforzi e soprattutto al sicuro tra le mura della sua casa di arenaria nella 35esima strada ovest di New York: il suo piccolo e protettivo mondo scandito da orari ben precisi, tra pranzi da gourmet cucinati dal suo cuoco Fritz e le sue immancabili due sessioni, (mattutina e pomeridiana), con le sue rarissime e adorate orchidee insieme al giardiniere Theodore.
Rex Stout, invece, in “Nero Wolfe fa la spia” cambia le carte in tavola e ci stupisce dipingendoci un quadro insolito.
Infatti il cinico, burbero, asociale, agorafobico ed infallibile detective, colpito direttamente al cuore dall’omicidio del suo più caro amico, nonché proprietario del ristorante preferito di Wolfe, Marko Vukcic, abbandona la sua innata pigrizia e ci rivela un suo lato inedito, che ha quasi dell’incredibile.

“Wolfe rimase immobile per un attimo, con gli occhi fissi sul punto in cui Marko era caduto, poi si guardò attorno . Un faro in movimento gli illuminò il viso, e lui strinse gli occhi. Dato che era la prima volta, da che lo conoscevo, che visitava personalmente la scena di un omicidio, ero curioso di vedere come se la sarebbe cavata.
Si voltò a guardarmi e chiese: – Da che parte, per il ristorante?
Indicai la prima strada a destra. – Da quella parte. Possiamo chiamare un taxi e…
-No. Preferisco andare a piedi. – E si mise in marcia.
Lo seguii, sempre più impressionato. La morte del suo più vecchio e caro amico l’aveva sconvolto.”

Egli lascia infatti la sua casa (cosa quanto mai rara) ed insieme al suo fidato braccio destro Archie Goodwin si avventura in un viaggio non privo di pericoli ed insidie per arrivare in Montenegro, terra natia sia di Wolfe che di Marko, dove sa esserci la soluzione all’assassinio dell’amico.
I nostri occhi saranno pieni di stupore nel leggere come Wolfe affronti lunghe e faticose camminate, inerpicandosi per tratti impervi della montagna con un’agilità impensabile per un uomo della sua mole e, doppia sorpresa, scoprirlo addirittura stranamente stoico, senza alcun lamento sulle scomodità alle quali non è sicuramente abituato.

“Domandai a Wolfe come andavano i suoi piedi. Rispose: -Non sono più i miei piedi. Sono ogni muscolo e ogni nervo del mio corpo. Non esiste parola sufficiente a descrivere quello che provo, quindi tanto vale che taccia.-”

Per il detective questo non è solo un viaggio fisico, ma un ritorno alle origini, a ritroso nel tempo, che lo riporta alle sue radici, alla sua infanzia, ma che non lascia in lui né nostalgia né rimpianto. A fare da sfondo al racconto sì la situazione politica del periodo, siamo intorno agli anni ’60 del secolo scorso, ma in particolare la lotta per l’indipendenza del Montenegro, di cui Marko era un appassionato sostenitore, anche finanziariamente.
Molto piacevole anche lo spaccato della storia italiana del periodo che Stout ci mostra facendo fare tappa ai nostri a Bari e presentandoci dei personaggi piuttosto pittoreschi.
L’io narrante è come sempre il fidato braccio destro e segretario di Wolfe, Archie Goodwin che, nel modo in cui ci ha abituato, non disdegna battute irriverenti e salaci sul suo datore di lavoro e ci fa sorridere spesso su questo rapporto di amore-odio, in realtà grande affetto e reciproca stima, che intercorre tra i due.
Il tombeur de femmes, ironico, amante dell’azione Archie Goodwin è il perfetto contraltare del misogino Wolfe ma anche il suo prolungamento dinamico, il braccio che viene mosso abilmente dalla mente del nostro grosso investigatore, impensabile l’uno senza l’altro.
Il connubio tra lo stile deduttivo inglese e quello che predilige l’azione, prettamente americano, è il marchio di fabbrica di Stout ed entrambi gli stili sono incarnati perfettamente dai due protagonisti, che quindi perdono la connotazione di investigatore l’uno e di spalla l’altro, diventando due veri e propri comprimari.
In “Nero Wolfe fa la spia” questa caratteristica assume contorni più sfocati rispetto agli altri romanzi della stessa serie, dato che qui la storia è meno intellettiva e decisamente più dinamica.
La narrazione è comunque quella a cui siamo abituati, rapida, brillante e coinvolgente anche se forse, visto il contesto storico in cui si svolge, risulta più malinconica.
Anche i personaggi, sia protagonisti che semplici comparse, sono come sempre ben delineati nelle loro esaustive descrizioni, sia fisiche che psicologiche.
Ricordiamo anche, doverosamente, la trasposizione televisiva tradotta in una serie di grande successo trasmessa dalla RAI tra il 1969 ed il 1971, con un immenso Tino Buazzelli nelle larghe vesti di Nero Wolfe, ed un affascinante Paolo Ferrari nella parte di Archie Goodwin.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 4


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CopertinaVoto 3,5


Voto finaleVoto 4

L’Autore

Sin da piccolo rivela il suo genio: a tre anni ha già letto la Bibbia, a dieci tutti i testi di filosofia, storia, scienza e poesia del padre insegnante. A tredici anni è campione di ortografia del Kansas. Dopo aver fatto svariati mestieri, nel 1912 comincia a scrivere per riviste e settimanali e pubblica romanzi psicologici che non hanno fortuna, tra cui citiamo Due rampe per l’abisso (1929). Nel 1934 pubblica Fer-de-Lance (La traccia del serpente), il primo volume delle inchieste di Nero Wolfe. Il successo si ripete regolarmente per tutti i successivi volumi, sfornati pressappoco al ritmo di uno all’anno. Nero Wolfe e Archie Goodwin saranno alla fine protagonisti di 47 volumi tra romanzi e raccolte di racconti.
Nel 1959 viene premiato con il Mistery Writers of America Grand Master.