NON SO CHE VISO AVESSE. QUASI UN’AUTOBIOGRAFIA

di Francesco Guccini

Non so che viso avesse

Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia di Francesco Guccini e Alberto Bertoni
Editore: Giunti Editore (Collana Scrittori Giunti)
GenereAutobiografia
Pagine288
Edizione: 10 Giugno 2020

a cura di Rosa Zenone

Buongiorno appassionati lettori, l’opera di oggi è dedicata a un volto di spicco del panorama culturale italiano, Francesco Guccini, che ha da poco compiuto ottant’anni. Proprio in occasione del suo compleanno, pochi giorni prima, è tornato alle stampe Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia. Mi sono sentita doppiamente invogliata a leggere questo libro, da un lato perché vi figura come coautore Alberto Bertoni, il mio stimato relatore di tesi magistrale presso l’Università di Bologna, dall’altro in quanto grande fan di Guccini. Insomma, non potevo assolutamente lasciarmelo scappare! E consiglio di fare altrettanto a tutti gli ammiratori del grande cantautore o a chi ha finalmente deciso di avvicinarvisi, ne otterrete un’approfondita e inedita conoscenza.

Sinossi

«Che aspetto avrà avuto un mio probabile (o improbabile) antenato, quel Guccino da Montagu’ che, secondo un documento del Cinquecento, è chiamato come testimone in un processo riguardante dei possedimenti fondiari? “Non so che viso avesse…”, è il caso di dirlo»: come sempre, per raccontare di sé Francesco Guccini parte dalle radici. La famiglia di mugnai che per secoli fatica e lotta in una valle tra gli Appennini, il padre che per primo fa un mestiere diverso, e poi lui, il giovane Francesco, che presto impara a giocare con le parole – come cronista alla «Gazzetta dell’Emilia», come insegnante di lingua italiana, poi come autore di testi in versi e in prosa – e con la musica. E poi le osterie, le grandi amicizie, i viaggi tra la via Emilia e il West, la passione civile e quella amorosa, la chitarra, la scrittura, i compagni di strada ormai partiti «per più verdi pascoli»: in questo libro corre veloce il racconto di una vita che ha accompagnato le nostre con il timbro della sua voce inconfondibile. E se – come suggerisce Guccini stesso in apertura – scrivere una autobiografia è forse impossibile, queste pagine ci consegnano comunque il senso di una vita intera animata dalla fiducia nel “canto” (nelle sue molteplici accezioni) come strumento di conoscenza e di resistenza-

Recensione

Non so che viso avesse è, come esprime il sottotitolo, la quasi autobiografia di Francesco Guccini, come egli stesso precisa nella prefazione.

Una mia biografia essenziale potrebbe suonare così: “Sono nato nella prima metà del secolo scorso; ho scritto e cantato canzoni; ho pubblicato romanzi e racconti e sono, fortunatamente per me, ancora vivo”. Se si volesse però, da queste note stringate, ricostruire la storia della mia vita, bisognerebbe arricchire il tutto (…)Ma una VERA biografia risulta quasi impossibile da scrivere; troppi dettagli sfuggono dalla memoria, troppe vicende sembrano svuotate di senso e mancare di contenuti, troppi protagonisti appaiono ormai come un pallido fantasma, privi di quello che erano stati veramente, nell’essenza della loro vita quotidiana. Troppi fatti sarebbero raccontati in maniera fugace e superficiale.

Egli ritiene impossibile poter redigere una biografia poiché impossibile è poter ricostruire interamente la vita di una persona, ci verrebbe da aggiungere tanto più di un’esistenza ricca e prolifica come la sua e dunque tanto più meritevole di essere conosciuta e ricordata.

Guccini non è un uomo comune, è stato ed è idolo indiscusso di diverse generazioni, il che infonde in tutto ciò che lo riguarda un profondo fascino e una sorta di miticità. Ma nonostante ciò vi è da evidenziare come il libro non abbia alcun intento autocelebrativo, piuttosto si avverte nelle sue parole una sincera e forte dose di umile modestia. Ciò, oltre a rimpinguare l’ammirazione nei suoi confronti, contribuisce anche a rendere la lettura appassionante e piacevole.

Ben rende tale aspetto della sua persona il suo esordire dalle proprie origini e dal proprio albero genealogico, in tal modo si inquadra in un’esistenza ordinaria che crea un’atmosfera calorosa, familiare e accogliente.

Uno spazio particolare poi è rivestito dai luoghi della sua esistenza, che ne scandiscono le tappe di vita: Pàvana, Modena e Bologna. Tali scenari, corredati dai volti e dalle esperienze che li hanno accompagnati, fungono da base della narrazione di Guccini. Una narrazione compita, ricca di suggestioni, che trova la propria impalcatura nei ricordi del cantautore e che ci regala immagini particolarmente vivide. Il tutto attraverso uno stile estremamente limpido, elegante e colloquiale al tempo stesso.

Sembra quasi di udire quella voce così nota raccontare le proprie vicende, seguendo in parte una linea cronologica, in parte una linea tematica e di associazione. In modo semplice, con estrema bonarietà e talvolta prendendosi anche poco sul serio.

Perché la gente doveva venire ad ascoltare proprio me e, a volte, pagare anche per farlo? Retaggio forse di un’educazione casalinga: i miei genitori “vengono ad ascoltare te? Non avevano niente di meglio da fare? A volte pagano anche?! Mah?!”

Non solo la sua voce ci conduce nei suoi esordi musicali, cominciati per diletto, ma ci parla dei suoi studi, delle sue esperienze giornalistiche alla Gazzetta dell’Emilia, del suo amore per i libri e delle sue, alquanto esilaranti, esperienze di attore, svelandoci non solo vicende poco conosciute in alcuni casi, ma anche un ritratto del tutto inedito di Guccini, estremamente umano e anche divertente, lontano dal riflettore di gloria.

Allo stesso tempo, attraverso la sua ottica, ci trasporta in anni ormai lontani capaci di farci sospirare e provare nostalgia di tempi da molti di noi neanche mai vissuti, come i fantomatici anni delle osterie bolognesi, in particolar modo della famosa Osteria delle dame.

(…) erano tempi in cui magiche notti di Bologna mi attendevano, l’osteria delle dame, le chitarre, il vino, le ragazze e tutto.

Alla prima parte scritta dallo stesso Guccini, segue una parte più formale e ufficiale, Vita e opere di Francesco, curata da Alberto Bertoni. In questa sezione vengono approfondite le opere di Guccini, quale cantautore ma anche quale scrittore.

(…) per pudore e inusitata ritrosia, non amo parlare del mio lavoro, e soprattutto delle mie canzoni, perciò ho dato la parola all’italianista, poeta e amico, Alberto Bertoni.

Bertoni ripercorre la sua carriera musicale disco per disco, senza mai tralasciare il contesto. Cita e approfondisce alcuni testi, dandone una panoramica che seppur veloce risulta oltremodo incisiva e completa. Non bisogna pensare a un mero elogio, bensì attraverso un forte acume critico e spirito di studioso evidenzia caratteristiche e riferimenti della scrittura di Guccini, permettendo al lettore una full immersion che gli consente di poter apprezzare e comprendere ancor più le canzoni del famoso cantautore.

Come De André, con lui riconosciuto capostipite della genìa dei cantautori italiani, Guccini sceglie la strada dell’antropologia e di una rivisitazione dell’esperienza interiore dell’individuo, tra istinto regressivo (ma tutt’altro che reazionario) e utopia. Ed è probabilmente questo il motivo profondo della sua durata nel tempo e del gradimento intergenerazionale di cui tuttora gode (…) egli infatti ha saputo sempre evitare di soffermarsi sulla parte effimera dell’esistenza privata e sociale, interrogando piuttosto “il solito silenzio senza fine” che abita ognuno di noi.

Altrettanto esaustiva è la trattazione dei libri scritti da Guccini, partendo da uno sguardo generale non esita a scendere nel particolare per sottolinearne motivi e peculiarità.

Guccini racconta assumendo un punto di vista dal basso che non accoglie la minima forma di narcisismo, di autocompiacimento o di ammicco al fatto che poi tutte queste vicende autobiografiche sono accomunate da una storia a lieto fine. In fondo sarebbe la soluzione più facile e più alla moda (se pensiamo alle autobiografie di altri cantanti o degli attori o degli sportivi), perché il narratore Francesco Guccini – quando compone i suoi libri – è già diventato uno dei personaggi più credibili e autorevoli della nostra scena pubblica, oltre che l’autore consacrato di canzoni mandate a memoria da centinaia di migliaia di persone di tutte le età e di tutti i ceti sociali

Ambedue le sezioni, quella autobiografica e quella biografica, si legano in un perfetto equilibrio che rende l’opera completa e in grado di svelare un Guccini a 360°, non solo nel suo lato privato ma anche in quello più manifesto e pubblico. Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia è la sintesi perfetta e riuscita dell’esistenza di un uomo straordinario ed eccezionale, trovarlo, scoprilo e riscoprirlo tra le pagine è un’esperienza emozionante e imperdibile.

Il nostro giudizio:

ContenutoVoto 5/5

StileVoto 5/5

PiacevolezzaVoto 5/5

CopertinaVoto 5/5

Voto finaleVoto 5/5

Francesco guccini

Francesco Guccini è nato a Modena il 14 Giugno 1940, è cantautore, poeta e scrittore, ha inoltre insegnato lingua italiana al Dickinson College di Bologna, scuola off-campus dell’Università della Pennsylvania. La sua lunga carriera cantautoriale è iniziata con l’album Folk beat n. 1 del 1967 e si è conclusa con l’ultimo album del 2012 L’ultima Thule, in questo lasso di tempo è entrato nell’olimpo della canzone italiana d’autore con titoli di grande fama, per citarne solo uno basti pensare alla sua celebre L’avvelenata.

Mentre come autore ha esordito nel 1989 con Cròniche Epafániche, a cui segue poi Vacca d’un cane (1993), che insieme a Cittanòva blues (2003) costituisce un trittico di romanzi autobiografici del quale Tralummescuro(2019) è l’ideale compimento. Tali opere sono incentrate su luoghi importanti della vita dell’autore, rispettivamente Pàvana, Modena, Bologna e poi nuovamente Pàvana. Ha inoltre pubblicato altri racconti e romanzi, di cui alcuni in coppia con Loriano Macchiavelli, e un’autobiografia Non so che viso avesse: quasi un’autobiografia (2020).

Alberto bertoni

Alberto Bertoni è nato a Modena nel 1955, è professore associato di Letteratura italiana contemporanea e di Prosa e generi narrativi del Novecento presso l’Università di Bologna, nonché poeta e critico. Esperto in particolare di metrica, di poesia e di narrativa contemporanee, è autore di diversi saggi, recensioni e volumi circa tali argomenti, tra i quali ricordiamo Dai simbolisti al Novecento. Le origini del verso libero italiano (il Mulino 1995, Premio Russo e Premio Croce 1996 per la critica letteraria).  Annovera diverse opere in campo poetico: Lettere stagionali (1996); Tatì (1999); Il catalogo è questo. Poesie 1978-2000 (2000); Le cose dopo (2003); Ho visto perdere Varenne (2006); Ricordi di Alzheimer (2008 e 2012, con una lettera in versi pavanesi di Francesco Guccini); e Il letto vuoto (2012). La sua vasta produzione include opere di traduzione come Blue and Blue (Un’antologia di poeti anglo-irlandesi-americani) (2000) e di interazione performativa tra musica e poesia. Dirige inoltre per Book Editore le collane di poesia contemporanea FuoricasaQuaderni di Fuoricasa.