VIERA. UN’ ITALIANA DEL ’23

di Paola Mattioli

“Viera. Un’italiana del ’23” di Paola Mattioli
Genere: Biografia – Romanzo storico
Editore: Pendragon
Pagine: 63
Serie: NO – AUTOCONCLUSIVO
Edizione:24 luglio 2018

Cari amici è con immenso piacere che vi presentiamo la nostra recensione al libro “Viera. Un’italiana del ’23” di Paola Mattioli, una biografia che ci racconta la storia di Viera dalla sua nascita alla sua morte, una storia che ci parla di guerra, di amore, di famiglia, di sacrifici e speranze!
Buona lettura!

a cura di Manuela Morana

Sinossi di VIERA. UN’ITALIANA DEL’23

In un quaderno verde Viera, un’italiana nata nel 1923, ha tenuto appunti e ricordi delle sue esperienze di vita. La figlia Paola ha voluto trascriverle e aggiornarle, perché le persone a lei care possano ricevere la testimonianza di una vita, e trarne insegnamento.

Recensione

“Viera. Un’italiana del ‘23” è il diario di una donna romagnola che nasce nel 1923 e inconsapevolmente ci racconta la sua vita.
Questo libro nasce infatti come un semplice diario personale, viene ritrovato da Paola, la figlia della protagonista, che decide di aggiungere delle bellissime foto d’epoca e alcuni aneddoti sulla madre e di pubblicarlo.
Il fatto che sia stato pensato come un semplice diario personale lo si percepisce anche dallo stile che non è ricercato o particolarmente strutturato, è schietto e sincero e ci racconta ciò che davvero accadeva in Italia in un periodo che va dal 1923 alla morte della nostra protagonista.

Sono nata il 24 gennaio del 192… (l’ultimo numero è solo mio) in via Mameli 13, una strada di paese che costeggia il fiume Senio, ad Alfonsine, un paese della bassa Romagna; ma mio padre mi registrò il giorno dopo perché era indispettito dal fatto che fosse nata una femmina. Diceva che le femmine erano dei problemi, tuttavia col tempo si è completamente dimenticato e pentito di averlo pensato.

Inizialmente possiamo vedere come il padre di Viera fosse contrariato dal fatto di non aver avuto un figlio maschio ma una delle cose più belle è vedere come quest’uomo all’antica e con idee che oggi definiremo un po’ retrò e bigotte cambia totalmente idea nel corso della sua vita arrivando a capire che è stato molto fortunato ad avere Viera, la figlia migliore che potesse desiderare, una figlia forte e coraggiosa che gli è stata accanto e l’ha aiutato anche nei momenti più bui, trovando il coraggio di sorridere e senza lamentarsi anche quando tutto intorno a loro ha cominciato ad andare male.

“Viera. Un’italiana del ’23” ci racconta gli anni spensierati dell’infanzia, i primi anni di scuola, il primo profondo dolore che colpisce la nostra protagonista quando, ancora bambina, entra in contatto con la morte, e poi via via prosegue.
Seguiamo la nostra Viera nella sua crescita, il ginnasio prima, le prime esperienze lavorative poi e andando avanti lo scoppio della seconda guerra mondiale e gli anni a seguire.

Questo romanzo ci narra i fatti che hanno coinvolto tutte le persone che hanno vissuto quegli anni: la necessità di scappare dalle città, la tristezza provata nel lasciare le proprie case e i propri affetti in cerca di posti più sicuri via via sempre più lontani dai grandi centri abitati e sempre più isolati nelle campagne.

Questo dolce romanzo ci parla in modo semplice, senza fronzoli o inutili giri di parole di cosa significava avere paura, fame, freddo, ci dice che non c’erano lenzuola da mettere sui letti (a volte non c’erano nemmeno letti nei quali riposare), né vestiti per coprirsi o cibo per sfamarsi e di come un semplice pezzetto di pane con burro e zucchero fosse per i bambini dell’epoca il dolce più buono del mondo e motivo di grande festa e felicità.
In quest’opera vediamo messo nero su bianco un racconto che potrebbe essere stato scritto da qualsiasi nonna italiana che ha vissuto quegli anni, la sua sincerità e il suo essere diretto è molto toccante e a tratti commovente.

Uno dei passaggi che mi ha colpito di più è quello che parla della fratellanza che accomuna le persone quando vivono esperienze traumatiche e sofferenza, ho deciso di condividerlo con voi perché nella sua semplicità è molto forte e assolutamente attuale:

Quel sorriso mi portò a pensare che non bisogna mai disperare e che nella sofferenza, quando è comune a tutti, si trova vera fratellanza perché ognuno di noi dà il meglio di sé. Non è vero che siamo cattivi, non è così; nelle vere difficoltà della vita trovi sempre qualcuno che ti porge una mano. Forse è nell’agiatezza e nell’opulenza che si annidano sentimenti di egoismo, invidia, indifferenza; coloro che si trovano in questo stato d’animo non provano più niente né per sé né per gli altri, e allora vi è un’aridità totale ed è peggio della morte stessa.

“Viera. Un’italiana del ’23” prosegue raccontandoci di come l’Italia ha saputo rimettersi in piedi e ricostruire tutto, il padre di Viera è stato un uomo forte che ha lottato molto per riottenere il benessere e la stabilità per la propria famiglia anche se a volte le sue scelte si sono rivelate fallimentari e sbagliate.
Viera nel 1960 conobbe suo marito Paolo Mattioli, il loro fu un grande amore che durò per molti anni sopravvivendo persino alla morte di lui perché in fondo i grandi amori non muoiono mai e quando uno dei due resta solo andare avanti è praticamente impossibile.

Questo diario è veramente molto bello e toccante, se vi piacciono le storie vere che raccontano di com’era la vita in Italia non potete assolutamente perdervelo, vi sembrerà di sentir parlare una dolce nonnina che vi racconterà la sua vita esattamente così com’è stata, all’interno di questa storia troverete ricordi che vi strapperanno un sorriso, altri che vi faranno scendere una lacrima, momenti felici e tristi, dolorosi e sereni esattamente come avviene nella vita di ogni persona e di ogni famiglia perché purtroppo non esiste una “formula per la felicità” e spesso la cosa più importante è proprio imparare a sopravvivere alle prove e alle avversità che il destino ci mette davanti senza dimenticarci la nostra umanità, il dovere di aiutare il prossimo e la speranza che possono infondere un sorriso e un abbraccio.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 5


StileVoto 5


PiacevolezzaVoto 5


CopertinaVoto 5


Voto finaleVoto 5



Paola Mattioli

Paola Mattioli è nata a Bologna il 27 novembre 1962.
Il padre dermatologo iniziò a lavorare nei paesi della Provincia di Bologna: Budrio, Medicina, Crevalcore e in seguito presso l’Azienda Sanitaria di Bologna. Esercitava la professione anche privatamente nello studio della famiglia con la collaborazione della figlia Paola che prendeva gli appuntamenti dei pazienti e la moglie Viera che svolgeva le funzioni di assistente ed infermiera.
La madre, casalinga, romagnola di Alfonsine (RA) era una donna chiacchierona e apprensiva che assecondava il marito nell’educazione iperprotettiva delle due figlie e in particolare della minore Paola.
Nella famiglia c’erano anche i nonni materni e paterni. In quella famiglia “allargata” gli scontri generazionali erano fonte di frequenti litigi. Nonostante ciò, l’aggregazione, basata sulla partecipazione attiva, prevaleva sempre con beneficio per tutti.
I rapporti tra le sorelle Paola e Silvia sono stati in fase alterne di complicità e di competizione.
In tale contesto Paola, cresceva permeandosi di tabù e timori anacronistici ai tempi e luoghi che frequentava fuori dalla famiglia. A ciò si aggiungeva una salute precaria che non gli permetteva di spiccare il volo nei meravigliosi e irripetibili anni dell’adolescenza e della gioventù costringendola a rimanere protetta e soffocata sotto una campana di vetro.
La scuola magistrale sarà di giovamento grazie alla sensibilità di alcune insegnanti che comprendono il bisogno di evasione di quella ragazza chiamata Paola. Essa incomincia ad uscire dal bozzolo, della timidezza, e dalle sue paure manifeste ed anche di quelle inconsce.
In quel periodo Paola scopre la magia e la bellezza dello scrivere.
Scrivere poesie sui momenti belli o tristi che vive. Le parole gli scorrono sul foglio velocemente e la sua penna scivola via come se avesse sempre scritto.
La formazione scolastica prosegue con la frequentazione di un corso professionale serale per Assistente di Comunità Infantili (due anni in uno).
Paola inizia la fase lavorativa subito dopo il diploma come impiegata precaria. Il precariato dura ventitré anni. Il lavoro gli piaceva ma la precarietà gli danneggia la sua speranza di costruire un futuro.
Paola partecipa ad un concorso nel’ 95 per Educatori Nido.
Risulta idonea al concorso e viene assunta dal Comune di Bologna. Entra in ruolo nel’ 2007.
Paola riprende a scrivere poesie dopo la morte di sua madre nel 2006, anno per lei molto difficile perché non avendo più i genitori sente il bisogno di fissare sulla carta ciò che di profondo sente. Lo scrivere per lei diventa necessario, essenziale. Durante la scrittura attraversa momenti speciali, unici, di silenzio e di calma. Su quei fogli esprime i suoi sentimenti più nascosti e inesplorati.
Nascono così le sue poesie dell’età matura: sentimenti profondi, ricordi amari e a volte dolorosi, sentimenti d’amore intensi e veri che lasciano trasparire una vena malinconica volta alla controversa ed irrinunciabile bellezza della vita.
Si ringrazia l’autrice per aver gentilmente fornito il materiale