VOCALI

di Arthur Rimbaud

Cari amici lettori, benvenuti al nostro appuntamento con la poesia.
Oggi abbiamo scelto di parlavi di “Vocali” di Arthur Rimbaud.
Buona lettura!

a cura di Elisa Mazza

Vocali

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe
Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
– O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!

Parafrasi della poesia Vocali

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, un giorno spiegherò le vostre origini dormienti. A, corpi di mosche coperti di setole nere, che ronzano attorno ai miasmi di carcasse putrefatte. Anfratti appartati e riparati, in ombra. E, candide nuvole di vapore e pieghe di tende, creste appuntite di fieri ghiacciai come re bianchi, fiori a campanelle scosse dal vento. I, porpora, come il sangue rosso che fuoriesce dal riso di belle labbra rotte dalla collera o in stati d’ebbrezza che sfociano nel rimpianto. U, mulinelli, onde ipnotiche di verdi mari, pace verde di pascoli punteggiati d’animali, fronti di menti studiose che si rasserenano per le scoperte scientifiche, spianandone così le rughe. O, supremo suono di Tromba, l’ultima chiamata piena di strani rumori; gli echi di silenzi celesti, attraversati da angeli e altri mondi: O l’omega, la morte, il principio e la fine, il raggio violetto dei suoi occhi!

Commento alla poesia Vocali

Lettori adorati, oggi forse ho scelto qualcosa di esagerato: questo sonetto è una vera chicca e Arthur Rimbaud sa come essere platealmente evocativo! Appurato che, nel 1871, fu una notevole novità proprio per il linguaggio poetico simbolista, fantastico. Così Vocali mi colpì subito non appena la lessi, diecimila anni luce fa; ricordo che avrei voluto che anch’io mi dedicassero una poesia così particolare. Può essere questa una lirica amorosa?
Si! La risposta è appassionatamente e maledettamente si.
Ho pensato che quando si sospira per il/la proprio amato/a spesso si pronunciano involontariamente vocali: e Vocali non descrive solo immagini ma crea concetti, da sensazione, colore e forma ad ogni suono, soppesa finemente ogni lettera. Un vero e proprio rito o incantesimo. Un’esplosione significativa in 3D.
A,E,I,U,O: ogni lettera è caricata di un suo spessore e qualità. A, nero e morte, E bianco e purezza, I rosso e violenza, U verde e tranquillità e O viola e circolarità: tutte ci parlano, un lento salire di brividi sulla pelle. La lettera O è stata volutamente posta alla fine: indicando un cerchio o un ciclo, nonché l’Omega, interpreta la fine (la morte) che Rimbaud vede negl’occhi screziati di viola della sua innamorata. Che Amore! Un pugno allo stomaco piuttosto che le “classiche farfalle” ma sappiamo tutti benissimo che i sentimenti il più delle volte fanno più male che bene. Adoro, sento vicina questa poesia, i suoi contrasti tra delicatezza e disgusto la fanno così reale, molto viva e piantata nella carne …molto umana. E voi come interpretereste le vocali?

Arthur Rimbaud


È stato il capofila dei poeti maledetti, definito anche il “poeta visionario”. Nasce in una famiglia borghese insieme ad altri quattro fratelli; dopo la nascita dell’ultima figlia il padre, già poco presente a causa dei suoi doveri militari, abbandona la famiglia ritirandosi a Digione. Arthur ha solo sei anni e quest’episodio segnerà tutta la sua vita. Educato dalla madre, e a scuola, secondo gli schemi più tradizionali, emerge per la straordinaria precocità intellettuale e inizia a comporre versi già dall’età di dieci anni. A sedici anni inizia a rifiutare violentemente tutti gli schemi secondo cui era stato educato, fuggendo continuamente di casa: una delle prime fughe verso Parigi, nel 1860, coincide con la stesura del suo primo poema. Il suo vagabondaggio solitario lo porta sempre più lontano dal suo ambiente familiare, tra alcool, droga, periodi di incarcerazione e viaggi a piedi senza soldi attraverso la Francia in guerra. Scopre e legge i poeti considerati “immorali”, come Baudelaire (che lo influì più di tutti) e Verlaine. Con quest’ultimo instaura una lunga, tormentata storia d’amore che spesso sfocia in violenza. La sua avventura letteraria dura circa cinque anni e termina appena ventunenne. È in questo momento che torna Charleville dove, nel 1873, Verlaine decide di porre fine al loro legame burrascoso, ferendo Arthur con un colpo di pistola. Rimbaud abbandona definitivamente la poesia (dopo aver distrutto quanto poteva dei suoi scritti) e inizia una vita avventurosa in giro per il mondo: nel 1874 è un insegnante a Londra, nel 1875 è uno scaricatore di porto a Marsiglia, diviene anche mercenario nelle Indie olandesi e disertore a Giava nel 1876, è poi al seguito di un circo e capomastro a Cipro, per stabilirsi infine come commerciante in Abissinia. Verlaine, pensando che Rimbaud fosse morto, ne pubblica le Illuminazioni nel 1886. Nel 1891, Rimbaud ritorna in Francia per sottoporsi a cure mediche per un tumore a una gamba, a causa del quale muore in un ospedale di Marsiglia.