UNO, NESSUNO E CENTOMILA

di Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello
Editore: Crescere; Unabridged edizione  
Pagine: 160
Genere: Classici/Narrativa/Letteratura teatrale
Edizione: 2011

A cura di Mary Manasseri


Carissimi lettori e gentili lettrici, buon lunedì a tutti voi! Oggi, in onore del protagonista della rubrica “Penne d’autore” del mese di luglio, Luigi Pirandello, presentiamo un’altra notissima quanto splendida opera di letteratura, ”Uno, nessuno e centomila”. Eccovi qui di seguito la nostra recensione. Buona lettura!

Sinossi:

Vitangelo Moscarda, chiamato dalla moglie Gengè, è un uomo ordinario. Ha ereditato un cospicuo patrimonio dal padre e vive di rendita. Un giorno la moglie Dida gli fa notare un piccolo difetto fisico di cui non si era mai accorto: il naso leggermente storto. Questa semplice e apparentemente innocua osservazione gli fa capire quanto gli altri abbiano una percezione di lui completamente diversa da quella che egli ha di se stesso. Da questo si origina in Moscarda il desiderio ossessivo di conoscere il suo vero “io”, distruggendo le centomila immagini di lui che hanno le persone che lo circondano. Un’idea folle che lo porta a compiere gesti tanto bizzarri che la moglie e il suocero, ritenendolo pazzo, tentano di farlo interdire. Moscarda viene avvertito di questo da Anna Rosa, un’amica di Dida, con la quale ha un rapporto di confidenza e che tuttavia, con gesto inspiegabile, durante un loro incontro gli spara, ferendolo. L’episodio induce tutti a credere che tra i due ci sia stata una relazione sconveniente, tanto che Moscarda ammette le sue colpe e dimostra profondo pentimento, indossando suo malgrado la maschera dell’adultero. La felicità giungerà estraniandosi dalla società.

Recensione:

Uno, nessuno e centomila” di Luigi Pirandello è stata per me una piacevole scoperta: poche righe e si è nel vivo della storia, entro le riflessioni del protagonista Vitangelo Moscarda.

Quando sua moglie gli fa casualmente notare che ha il naso leggermente pendente da un lato, rimane basito per non essersene accorto prima. Gli pare d’improvviso di non aver mai visto veramente il proprio volto, impietrito di fronte all’immagine riflessa allo specchio… ed è proprio da quell’immagine che entriamo nell’animo del protagonista.

“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro?”

Il mondo interiore di Moscarda e l’idea di sé che s’è costruito nel tempo, si sbriciolano così in un attimo, quasi avesse sempre guardato un uomo mai esistito. Inquiete domande si affollano nella mente, perduto nel dubbio che anche gli altri abbiano sempre visto un uomo diverso da quello in cui si riconosceva.  

E quindi chi è davvero Gianluigi Moscarda? Arduo trovare una risposta che lo convinca. D’un tratto gli diviene quindi necessario cercare il vero sé, l’autentico volto che mai prima d’allora era conosciuto ad alcuno. Per immergersi totalmente nell’ostica ricerca, cerca e spera nei momenti di solitudine, in cui né la moglie né il mondo con i suoi rumori lo distolgano da tanta concentrazione.

“Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso. Ma non mi pareva affatto che quelli che m’erano passati avanti e avevano percorso tutta la via, ne sapessero in sostanza più di me.”

Come capita spesso nelle opere di Pirandello, anche questa pare nascere dal bagliore di un pensiero, apre su una riflessione profonda e articolata di cui ciascuno di noi potrebbe essere protagonista.

È un libro fatto di sfumature, ciascuno potrebbe un giorno scorgere nello specchio quella traccia che si rivela nuova… un segno impercettibile che narra quanto poco ci si conosca e quanto ancora ci sia da scoprire.

Questa è una delle tante occasioni in cui il Maestro Luigi Pirandello affronta il tema della maschera. L’autenticità è un percorso complesso che necessita lo sgretolamento dei volti che ciascuno di noi “indossa” o che la società gli propina per allinearsi ad essa. 

“Io non l’ho più questo bisogno, perché muojo ogni attimo io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.”

Molto intenso il passaggio in cui il protagonista ricorda il proprio padre, figura che non è più certo di conoscere. Lo priva nei lineamenti di ogni significato e ricordo, per arrivare alla sua immagine più nuda. Egli allora diviene volto senza struttura, vuoto e senza storia per il quale si rende conto di provare dispiacere e senso di mancanza.

E come in merito alle persone, anche rispetto al linguaggio apre un complesso dibattito che riguarda sia i termini che i contenuti. Ognuno percepisce suoni e significati secondo gli  strumenti che mette in campo per la comprensione della realtà. Un mondo quindi di cui ciascuno ha una visione personale e unica, impossibile comprenderne lo sguardo autentico se non liberandolo di ogni sovrastruttura che lo renda artificioso.

“Ma il guaio è che voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, ne dirmele; e io, nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto.”

E quindi ciascuno di noi è uno, ma anche centomila oppure ancora nessuno, travolto nel percorso labirintico che lo porta alla comprensione del vero sé. A tal fine il Maestro individua la pazzia come l’unica via per raggiungere tale obiettivo.

Non posso chiudere la mia recensione se non consigliando la lettura di questo testo, originale e precursore dei tempi come solo i grandi classici sanno essere. Capace di aprire il pubblico a un’analisi intima e radicale, affinché non sia solo una lettura di puro passatempo ma una via utile per la crescita e il cambiamento dei propri punti di vista.

Saluto tutti voi e do con piacere appuntamento alla prossima recensione sul bloglepenneirriverent@altervista.org

Il nostro giudizio:
Stile:Voto 5/5
Trama:Voto 5/5
Copertina:Voto 5/5
Piacevolezza:Voto 5/5
Voto finale:Voto 5/5

Luigi Pirandello

Luigi Pirandello, figlio di genitori borghesi, nacque il 28 giugno 1867 nella terra di Girgenti, che oggi conosciamo come la bellissima città siciliana Agrigento.

Nonostante suo padre avesse progetti diversi in merito alla sua istruzione, Pirandello riuscì a formarsi secondo le proprie inclinazioni, prima a Palermo e Roma e poi all’Università di Bonn, importante centro culturale del tempo. Qui poté approfondire temi letterari e concentrarsi sulla sua grande passione, la filologia romanza. Frequentò così l’ambiente intellettuale tedesco, dove personalità di spicco ne condizionarono e arricchirono la formazione. Pur vivendo a Bonn però, rimase legato affettivamente alla sua Sicilia… ce lo racconta in molte delle sue opere che vi sono ambientate, ripercorrendo con il ricordo nostalgico le storie della sua gente e della sua terra, tanto ruvida quanto meravigliosa.  

La vita di Pirandello si rivelò nel tempo molto faticosa. Dopo essersi sposato con una conterranea, Maria Antonietta Portulano, la famiglia attraversò un difficile periodo dal punto di vista economico. Un’alluvione e una frana distrussero la miniera di zolfo di proprietà del padre, che portò ad un tracollo  finanziario di grande peso per le sorti dell’uomo e dello scrittore. Per rialzarsi dal dissesto economico e familiare tanto grave, iniziò così a scrivere per mantenersi e, successivamente, ad insegnare in una scuola femminile, dal 1897 al 1922.

Difficile fare un escursus sulle sue infinite opere, possiamo però ricordare le più famose. Tra i romanzi “Il fu Mattia Pascal”, “Uno, nessuno e centomila” e “L’esclusa” sono tra i più noti. Tra le novelle, indimenticabili sono “Ciaùla scopre la luna”, “La giara” e “La verità”. Tra i testi teatrali di grande fascino infine, citiamo “L’uomo dal fiore in bocca”, “Liolà”, “Sei personaggi in cerca d’autore” e “Questa sera si recita a soggetto”. Egli vinse il premio per la letteratura nel 1934, e si spense nel 1936 per una grave polmonite.