I GRANDI RIFIUTI – (Terza parte)

Curiosando in punta di libri – I GRANDI RIFIUTI (Terza parte)

a cura di Pamela Mazzoni


Un saluto a tutti i nostri lettori!
Sarò sincera, quando mi sono imbattuta nell’argomento in questione, ovverosia gli incredibili rifiuti ricevuti da quelli che erano aspiranti scrittori, poi diventati maestri nel loro genere, per libri che si sono rivelati veri e propri classici senza tempo, pensavo che i casi in questione fossero pochi e sparsi.
Invece, eccoci alla terza parte con ancora diversi autori da scoprire.
Se è vero che errare humanum est, è altrettanto vero che per fortuna gli allora scrittori in erba, respinti spesso con parole che avrebbero abbattuto il più tenace degli uomini, non si sono arresi di fronte al fallimento: in caso contrario, quanti capolavori sarebbero andati perduti?

ECCO A VOI I GRANDI RIFIUTI A:

James Joyce

Il grande scrittore irlandese propose il suo Gente di Dublino a diverse case editrici ottenendo di rimando dei netti e categorici rifiuti: nessuno di loro era pronto ad accettare una visione così realistica e allo stesso tempo angosciante di una città, descritta mirabilmente attraverso le vicissitudini dei vari personaggi.
Gli innumerevoli editori consigliarono a Joyce di ridimensionare il suo scritto ma l’autore fu irremovibile: o si stampava così com’era o non se ne faceva nulla.
La sua testardaggine fu premiata ma Joyce dovette attendere qualche anno: scritta nel 1905 questa raccolta di racconti fu pubblicata nel 1914 grazie a Grant Richards, editore avveduto e lungimirante.
Joyce però ebbe anche un altro illustre rifiuto: una editor della Hogarth Press, dopo aver letto l’Ulysses, lo rispedì al mittente definendolo un’opera di una noia mortale, nonché “prolissa, torbida, pretenziosa e plebea.”
Pensate che a pronunciare queste parole sia stata una persona incapace?
Assolutamente no, se si pensa che questo giudizio piuttosto sprezzante e alquanto opinabile veniva nientepopodimeno che da…Virginia Woolf.

“Osservò la scena e pensò alla vita – e come regolarmente gli succedeva quando pensava alla vita, diventò malinconico. Una tristezza dolce discese in lui. Sentì quanto era vano lottare contro la sorte – era questa la saggezza che i secoli gli avevano tramandato.”

Herman Melville

Peter J. Bentley, della casa editrice britannica Bentley & Son, liquidò Herman Melville e il suo Moby Dick con questa lettera:

«Primo, per sapere: deve essere proprio una balena? Capisco che sia un ottimo espediente narrativo, per certi versi addirittura esoterico, ma vorremmo che l’antagonista avesse un aspetto potenzialmente più popolare tra i giovani lettori. Per esempio, il Capitano non potrebbe essere in lotta con la propria depravazione verso giovani e magari voluttuose signorine?»

Fatto sta però che diciotto mesi dopo lo stesso Bentley fece firmare un contratto a Melville e, dopo innumerevoli ritardi, nel 1851 Moby Dick fu pubblicato, anche se il pubblico non reagì affatto bene, dando momentaneamente ragione all’editore, e fu un sonoro fiasco: il libro dovette aspettare molti anni per essere meritatamente rivalutato.
Purtroppo Herman Melville è morto praticamente da sconosciuto, senza potersi godere il successo, arrivato postumo.

“Per me la Balena Bianca è questo muro, che mi è stato spinto accanto. Talvolta penso che di là non ci sia nulla. ma mi basta. Essa mi occupa, mi sovraccarica: io vedo in lei una forza atroce innerbata da una malizia imperscrutabile.”

Carlos Ruiz Zafón

L’autore catalano, scomparso l’anno scorso, aveva già scritto alcuni libri per bambini quando concepì una storia che, nella sua mente, si sarebbe dovuta sviluppare in più libri.
Nacque così L’ombra del vento, ma le prime case editrici che ricevettero il manoscritto lo liquidarono in fretta, catalogandolo come il libro meno commerciale nella storia dell’editoria spagnola, in grado al massimo di vendere tre copie.
Un ragionamento che non fa una piega considerato che il romanzo, pubblicato nel 2001, di copie ne ha vendute 15 milioni ed è stato tradotto in 36 lingue…
Tra l’altro, com’era nelle iniziali intenzioni di Zafón, questo volume ha avviato la “tetralogia del cimitero dei libri dimenticati” che ha ottenuto un grandissimo successo ed è terminata con Il labirinto degli spiriti del 2016.

“Ogni libro, ogni volume possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza.”

Nell’augurarvi un buon proseguimento di settimana, vi rinnoviamo il nostro appuntamento con Curiosando in punta di libri.
A presto!