LA NOSTRA FOLLE, FURIOSA CITTÀ

di Guy Gunaratne

La nostra folle, furiosa città di Guy Gunaratne
Genere: Narrativa contemporanea
Editore: Fazi Editore
Pagine: 288
Edizione: 2020

Cari amici lettori,
oggi vogliamo proporvi “La nostra folle, furiosa città” di Guy Gunaratne, una novità editoriale a firma Fazi editore che ha la forza di conquistare il suo lettore grazie a una storia originale ma anche molto attuale, un narrato che parla di tematiche forti e di vite piene di emozione e in lotta con quel mondo che sembra voler schiacciare tutto quel che incontra. Una vicenda intensa, profonda, che resta e conquista. Buona lettura!

A cura di Elide

Sinossi:

Per Selvon, Ardan e Yusuf, figli di immigrati, cresciuti nella periferia disagiata di Londra, estate significa quello che significa per tutti i loro coetanei: calcio, musica, ragazze. E amicizia, naturalmente; quell’amicizia totale come può esserlo solo un legame fra adolescenti, quasi una fratellanza, l’unico punto fermo in un mondo complicato dal quale non sembra esserci possibilità di fuga. Quando un soldato bianco viene ucciso da un ragazzo di colore, la violenza sotterranea che da sempre abita la città e la ferocia che ne avvelena l’aria esplodono: nessuno è più al sicuro. Nonostante i ragazzi cerchino di restarne fuori, il mondo esterno finisce per travolgere anche loro, ricordandogli in modo brutale la loro drammatica condizione di stranieri nella nazione in cui sono nati: tanto diversi dai terroristi e dai fanatici religiosi, quanto estranei rispetto al popolo inglese purista e nazionalista. Mentre attorno a loro la furia si scatena, Yusuf viene risucchiato in un altro vortice ancora più pericoloso: l’ondata di radicalismo che sta dilagando nella sua moschea e minaccia di trascinare con sé il problematico fratello Irfan.
Un romanzo d’esordio esplosivo, che ha portato l’autore fra i finalisti del Man Booker Prize dipingendo in modo vivido la violenza di una periferia degradata di oggi e la forza salvifica dell’amicizia adolescenziale.

Recensione

«La violenza ha costruito questa città. Per quelli che ci vivono, che ci sono nati e cresciuti, la violenza è un fratello maggiore.»

Il suo nome è Selvon ed è l’unico dei protagonisti a non vivere nelle case popolari di Londra. Non vuole pensare, Selvon. Mai un sorriso si dipinge sul suo viso, mai un passo falso si concede. Lo sport e l’attività fisica sono la sua valvola di sfogo, l’unica cosa con la quale può sopravvivere.

«Lo hanno chiamato terrorismo, ma il terrorismo non era mai stato così vicino. Avevamo assistito all’ascesa della follia, tipo con la signora con l’hijab ferita in quel parcheggio a Bricky, o quando avevano accoltellato Michael a North, ma la crescita esponenziale c’è stata soltanto dopo l’omicidio del soldatino.»

Caroline invece vive in quelle case popolari, un ambiente e una realtà che l’hanno provata, soprattutto dopo che ha perso l’amore della sua vita.
E poi c’è Ardan che abita in quei palazzoni e che è un invisibile che scrive le sue piastre nel silenzio e nell’oblio. Sbaglia, cade, erra, ma mai si ferma.
E ancora Yusuf, orfano del padre Imam e con quel fratello non presente. È lui la voce narrante che introduce uno dei temi principali e fondanti di tutto il racconto: il razzismo. Perché la capitale anglosassone non è più il luogo idilliaco in cui vivere e loro che sono immigrati, che sono gli emarginati, lo hanno provato in prima persona. Per chi di loro, inoltre, è musulmano la situazione è completamente variata da quando vi è stata la sostituzione obbligata della guida spirituale, un mutamento che non è stato ben visto dalla popolazione circostante che lo ha percepito quale un estremismo. Questo fortissimo cambiamento sarà vissuto in prima persona da Selvon il quale sarà spettatore e portavoce di quel che si susseguirà nello scorrere del tempo.
Ma c’è anche Nelson infermo sulla sua sedia a rotelle, innamorato della sua Masie, e con le sue preoccupazioni per quel figlio che è per la strada. È timoroso l’uomo, è preoccupato per la deriva razzista e per quella città che cambia. È tormentato perché lui per primo, da giovane e prima dell’incidente, era incazzato con il mondo e pronto a tutto per tirar fuori la sua rabbia radicata. Ma erano altri tempi. Adesso ha solo il ricordo, un ricordo che arriva come un eco, un ricordo che con le sue stilettate è dolorosissimo.
È estate e questa per i vari personaggi si traduce nel quadrinomio fatto di calcio, musica, ragazze e primi amori. Perché loro sono amici, sono legati da un sentimento paragonabile alla fratellanza, a quell’unico punto fermo in quel mondo che sembra essere pronto a esplodere e che purtroppo, di fatto, esplode. Perché un soldatino bianco viene ucciso da un giovane di colore, un precedente che ha la forza di una bomba. Un ordigno che riporta a galla l’odio, che riporta a galla la discriminazione e tanti preconcetti, un evento causa-effetto che avvelena l’aria e i cuori. Tuttavia, per quanto cerchino di restarne fuori, l’inevitabile accade e a loro volta i giovani ne restano coinvolti. Sono travolti da quell’universo che implode su sé stesso e che non manca di ricordargli quanto siano estranei a quella realtà in cui vivono, quanto siano stranieri in quella nazione. Anche se diversi dai terroristi, anche se cosa a parte dai fanatici religiosi, anche se completamente lontani dai puristi e dai nazionalisti, l’onda non li risparmia. Al contempo il radicalismo musulmano che sta dilagando si dimostra altrettanto pericoloso e millanta di trascinare con sé Irfan, il problematico fratello – presente/assente – di Yusuf. Un adolescente che è tornato a casa con gli occhi scavati e pieni di vergogna, un giovane che è diventato in poche settimane un’ombra, un ragazzo abbandonato nella sua camera, drogato di pillole e ammutolito dalla preghiera. Abba, il padre, avrebbe potuto salvarlo, ma come potersi aspettare un aiuto da lui se venuto a mancare da un anno e tre mesi? Irfan e quei guardiani muhaji, Irfan e quel messaggio vocale vecchio mesi. Irfan e quella vita spezzata.

«Ma ora conosco questa città e la sua malattia di violenza e la cattiveria del suo modo di vivere. Queste cose arrivano con rotture nette che non fanno distinzioni. Era la furia. Orrore avvolto nell’orrore. Violenza destinata a trascinarsi per secoli, questo l’ho sentito sia in moschea sia dai teppistelli in giro per strada.»

Con “La nostra folle, furiosa città” Guy Gunaratne fa il suo esordio in libreria con un titolo che si fa divorare e che semplicemente lascia il segno. A uno stile rapido, fluido che muta al mutare della voce narrante essendo quello proposto un romanzo corale in piena regola, si affianca una storia vivida e percepibile da tutti con la sua profonda veridicità. I fatti che vengono proposti non sono altro che una fotografia di quella che è la nostra epoca, uno scatto indelebile che riporta alla luce un qualcosa di ancora vivido nell’ambiente che ci circonda e che ha colorato le nostre esistenze in particolare negli ultimi anni.
Guy riesce per mezzo dei suoi protagonisti a indurci alla riflessione, a chiederci perché…
E così, pagina dopo pagina siamo rapiti e spezzati da quel che ci viene mostrato, siamo colpiti da quella città sotterranea che si contrappone a quella capitale così linda e apparentemente aperta al mondo esterno.
Il risultato finale è quello di un elaborato che coinvolge e conquista per la sua essenza, che scuote nell’interno e che non può non essere letto. Un libro che si sedimenta nel lettore per non lasciarlo.

«Cos’altro dovrei fare? Mentre corro mi ritrovo a guardare il cielo. Vedo quei merli fra le nuvole. Prima non avevo mai corso per qualcuno. Adesso però corro per lui.»

Il nostro giudizio:

Stile:voto 5/5
Trama:voto 5/5
Piacevolezza:voto 5/5
Copertina:voto 5/5
Voto finale:voto 5/5

GUY GUNARATNE

È nato a Londra, ha lavorato come giornalista e documentarista. Attualmente vive tra Londra e Malmö. La nostra folle, furiosa città è il suo romanzo d’esordio ed è stato finalista al Man Booker Prize nel 2018 e vincitore del Dylan Thomas Prize, del Jhalak Prize e dell’Authors’ Club Best First Novel Award nel 2019.

Si ringrazia la casa editrice per averci cortesemente fornito il materiale.