RICCARDINO

di Andrea Camilleri

Riccardino di Andrea Camilleri
Genere: giallo
Editore: Sellerio
Pagine: 290
Edizione: 2020

a cura di Elide

Sinossi

Il commissario deve sgrovigliare un nuovo caso, il suo ultimo. C’è stato un omicidio. La vittima è il giovane direttore della filiale vigatese della Banca Regionale. Testimoni dell’esecuzione sono tre amici intimi del morto. I quattro hanno condiviso tutto, persino il non condivisibile della vita familiare. Sono stati uno per tutti, tutti per uno: come quattro moschettieri. Il caso sembra di ovvia lettura. Ma contro ogni evidenza, e contro tutti, lui è arrivato alla conclusione che nulla è, in quell’omicidio, ciò che appare. Aguzza lo sguardo. Segue itinerari mentali irti. Analizza e connette. Allarga le indagini. Incappa in personaggi pittoreschi (un uomo-lombrico e una donna cannone capace di avvolgerlo nelle sue voluminose rotondità). Inciampa in un secondo delitto. La svolta è assicurata, eclatante e insospettabile. Si è ritrovato in una pensosa solitudine, Montalbano. Livia era lontana, lontanissima. Augello era assente, per motivi di famiglia. Il commissario ha avuto però la collaborazione intensa dell’anagrafologo Fazio. E ha usato spesso come spalla teatrale il fracassoso Catarella, con le sue sovreccitazioni reverenziali. Molte cose sgomentano i pensieri di Montalbano, in questo romanzo. Gli danno insofferenza, malessere, qualche tormentosa ossessione. Lo stancano. Lo indispongono. Eppure il suo stile investigativo è sempre lo stesso, sorvegliatissimo, sfrontato: fra «sceneggiate», «sfunnapedi», «sconcichi»: giostre verbali e scatti sagaci, a sorpresa. Montalbano, come Personaggio del romanzo, ha dovuto sostenere un confronto impari con l’Attore che lo impersona in televisione (il «gemello» può contare su un pubblico assai più numeroso di quello del Personaggio letterario; e poi sa sempre quello che avviene dopo nella vicenda, mentre lui, Personaggio che consiste nella storia, deve di volta in volta improvvisare, azzardare e scommettersi). A non parlare dell’Autore ottantenne che sta scrivendo «la storia» che il Personaggio «sta vivendo»; e vorrebbe scriverla a modo suo: come romanzo. Montalbano vuole invece vivere la sua vita, in quanto vita. Lo scontro ha accenti pirandelliani.
Questa ultima indagine di Montalbano, Camilleri l’ha scritta tra il 2004 e il 2005. L’ha linguisticamente rassettata nel 2016. Il vigatese è una lingua d’invenzione, viva e fantastica che, con il sostegno dei lettori, si è evoluta negli anni. La sua trama fonica è sempre più diventata un sistema coerente e coeso, con un dialetto che arriva a infiltrare fantasticamente l’italiano. Camilleri ha voluto quindi aggiornare la veste linguistica di Riccardino agli sviluppi che la sua lingua aveva avuto in questi undici anni.

Recensione:

Un omicidio, una esecuzione pubblica è quella di Riccardo Lopresti detto Riccardino. Direttore della filiale vigatese della Banca Regionale e sposato con Else ma senza prole al seguito, egli è un uomo normale, con una vita normale e con tanti fidati amici. Ma perché allora viene freddato da più colpi di pistola sparati da un misterioso personaggio in moto? Il caso vuole che siano proprio i tre amici fidati amici di sempre gli unici testimoni della sua dipartita: Mario Liotta, geometra residente in via Marconi, Alfonso Licausi, “giomitra”, residente in via Cristoforo Colombo e Gaspare Bonanno, “raggiuneri”, residente in piazza Plebiscito 97.
Detti “I quattro moschettieri” proprio perché nella vita hanno condiviso tutto, il quartetto è sempre stato unito e solo nell’aspetto coniugale ha un poco risentito della coesione e della comunanza in quanto Else, la moglie del defunto, è sempre stata un poco restia a intessere qualsivoglia rapporto con loro e le rispettive consorti.  Ma adesso Riccardino è morto. Giace in una pozza di sangue rappreso con quel che resta di quella che un tempo fu la sua faccia.

«Macari il morto era vistuto allo stisso modo, sulo che la parte di davanti della maglietta aviva macchi e striature marrò scuro, dovute al sangue che faciva ‘na pozza supra alle basole. La facci non ce l’aviva cchiù, scancillata. Allato alla mano dritta c’era un cellulari. Fu sulo allora che Montalbano, talianno torno torno, s’addunò che supra alla saracinesca ‘nsirrata ci stava ‘n’insegna. C’era scrivuto: “Bar Aurora”.»

Salvo Montalbano non esita un attimo, li preleva letteralmente dal luogo del delitto e li conduce in commissariato. Concede loro un bicchiere di cognac e inizia con quello che è il suo interrogatorio per ricostruire i fatti, la vicenda. Più gli avvenimenti vengono esposti e più Montalbano non è convinto, più non ci vede chiaro. Tutta quella evidenza proprio non lo convince, proprio non la vede. E seppur il caso venga affidato al dottor Enrico Toti, nuovo capo della mobile, di origine padana, Salvo va avanti. Intesse, ricompone i pezzi del puzzle, porta avanti quella che è la sua tesi e arriva ad articolare la sua pista. Ma è anche solo, Salvo. Affiancato da Fazio e Catarella nell’investigazione, è solo nei suoi pensieri. È stanco, è sdubbiato, è insofferente. Oppure, semplicemente, è il suo autore a esserlo? In “Riccardino”, infatti, non vi è solo il giallo del delitto a condurre le fila dell’opera quanto anche un vero e proprio ritratto di quello che è stato il legame tra personaggio e scrittore, un legame che li porta a parlarsi nel testo, a fronteggiarsi, a interloquire in quella amicizia che li ha accompagnati per decenni. Perché se da un lato Camilleri quella storia la sta scrivendo e intessendo come un romanzo, Salvo, dal suo canto, vuole vivere quella che è la sua vita. Non accetta le decisioni del suo “Autore”. Un gioco pirandelliano tra chiaroscuri e controluce sui fili del puparo che confonde quel che è il racconto e quel che è realtà e che al Maestro di Vigata riesce senza difficoltà alcuna.

«Forse è chisto il sapori della sconfitta, pinsò. A malgrado che era ‘na notti fridda, friddo non nni pativa, troppo era càvudo il sangue che gli curriva nelle vini.»

Ad avvalorare ulteriormente quest’ultima avventura, lo stile narrativo. Notoriamente “Riccardino” vide la sua nascita il primo luglio 2004 e la sua conclusione il trenta agosto 2005 con un Camilleri ottantenne e stanco di portare avanti le vicende della sua creatura, con un Camilleri consapevole di dover cominciare a mettere un punto su tante, troppe cose. Come però sappiamo a questa opera ne sono seguite altre diciotto, di avventure e sono seguiti altrettanti numerosi racconti. Lo scrittore tornò a quello che rappresenta l’ultimo lavoro nel 2016 perché proprio non gli andava di lasciarlo “non sistemato”. E così, a novantuno anni, con l’ausilio di quella storica cara amica lo ha rivisitato e formalmente corretto. La trama è rimasta la medesima ma quel che è mutato è lo stile che si è adattato ai tempi. Una lingua che viene aggiornata perché nei tanti anni si è evoluta e continua a evolversi. Il titolo, originariamente provvisorio, è rimasto nel definitivo poiché, nel mentre, l’autore vi si era affezionato e con lui anche noi.
Un titolo che si conficca nel cuore per restarvi, un libro che si fa divorare nonostante gli sforzi per non finirlo, un lascito senza eguali.

Il nostro giudizio:
Stile:Voto 5/5
Trama:Voto 5/5
Piacevolezza:Voto 5/5
Copertina:Voto 5/5
Voto finale:Voto 5/5

Andrea Camilleri

Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925-Roma, 2019), regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore. Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918). Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, del 1978, è stato trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi. Con questa casa editrice ha pubblicato: La strage dimenticata (1984), La stagione della caccia (1992), La bolla di componenda (1993), Il birraio di Preston (1995), Un filo di fumo (1997), Il gioco della mosca (1997), La concessione del telefono (1998), Il corso delle cose (1998), Il re di Girgenti (2001), La presa di Macallè (2003), Privo di titolo (2005), Le pecore e il pastore (2007), Maruzza Musumeci (2007), Il casellante (2008), Il sonaglio (2009), La rizzagliata (2009), Il nipote del Negus (2010, anche in versione audiolibro), Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta (2011), La setta degli angeli (2011), La Regina di Pomerania e altre storie di Vigàta (2012), La rivoluzione della luna (2013), La banda Sacco (2013), Inseguendo un’ombra (2014), Il quadro delle meraviglie. Scritti per teatro, radio, musica, cinema (2015), Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta (2015), La cappella di famiglia e altre storie di Vigàta (2016), La mossa del cavallo (2017), La scomparsa di Patò (2018), Conversazione su Tiresia (2019), Autodifesa di Caino (2019); e inoltre i romanzi con protagonista il commissario Salvo Montalbano: La forma dell’acqua (1994), Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), L’odore della notte (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d’agosto (2006), Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio (2008), L’età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009), La caccia al tesoro (2010), Il sorriso di Angelica (2010), Il gioco degli specchi (2011), Una lama di luce (2012), Una voce di notte (2012), Un covo di vipere (2013), La piramide di fango (2014), Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano (2014), La giostra degli scambi (2015), L’altro capo del filo (2016), La rete di protezione (2017), Un mese con Montalbano (2017), Il metodo Catalanotti (2018), Gli arancini di Montalbano (2018), Il cuoco dell’Alcyon (2019), Riccardino (2020).
Premio Campiello 2011 alla Carriera, Premio Chandler 2011 alla Carriera, Premio Fregene Letteratura – Opera Complessiva 2013, Premio Pepe Carvalho 2014, Premio Gogol’ 2015.