1934

di Alberto Moravia

1934

a cura di Rosa Zenone

1934 di Alberto Moravia
Genere: Narrativa
Pagine: 297
Editore: Bompiani (Collana Tascabili)
Edizione: maggio 2012

Benvenuti cari amici lettori, oggi vi parlerò dell’opera di un gigante della letteratura novecentesca italiana, del libro 1934 di Alberto Moravia; un’opera tra le meno menzionate dell’autore ma non di certo meno meritevole di attenzione.

Sinossi

Lucio, un giovane intellettuale antifascista per indole e per scelta, arriva a Capri in una giornata già estiva del giugno 1934 dibattendo in se stesso la dimensione esistenziale della disperazione e della necessità, per vivere, di “stabilizzarla”. L’incontro casuale con una donna tedesca, Beate, lo aiuterà a superare l’immobilismo della sua condizione, a chiarire i suoi desideri e a operare una consapevole scelta di campo. In esemplare equilibrio tra cornice storica e vicende individuali, “1934” è certamente un’opera che cattura l’interesse del lettore e rimane impressa nella coscienza.

Recensione

È possibile vivere nella disperazione e non desiderare la morte?” Immaginavo, per gioco, di leggere questa domanda in una specie di insegna che un grandissimo pipistrello dalle ali spiegate, simile a quello che si vede nella stampa di Durürer Meleconlia, teneva sospesa tra le unghie al di sopra del mare, mentre il vaporetto si avvicinava rapidamente all’isola di Capri.

Tale è l’incipit di grande impatto che dà inizio al libro, immediatamente in grado di focalizzare quella che sarà la tematica sviluppata all’interno: la disperazione. Ancora una volta la scrittura di Moravia si occupa di un argomento profondamente esistenzialista, un’indagine condotta attraverso una forte introspezione che assume nel protagonista la forma di una vera fissazione e di un continuo circolo vizioso. Il dispiegarsi dei pensieri del protagonista, un ventisettenne di nome Lucio, è esplicato attraverso la narrazione dello stesso, il che consente al lettore di incalzarlo e penetrarvi a fondo.
Dalle fondamenta psicologiche l’autore però innalza anche una trama avvincente che arriva a sfiorare in alcuni tratti il surreale, in grado di far traballare le certezze del lettore e di inchiodarlo alla ricerca di una risoluzione finale.

No, non farti illusioni, non è possibile, proprio no.” Ho creduto di aver visto male, ho guardato di nuovo con attenzione, e ho dovuto convincermi che la donna accennava veramente di no col capo, pur guardandomi fisso, proprio come se quella domanda l’avessi fatta ad alta voce e a lei. Del resto, l’illusione era confermata dall’espressione degli occhi che non pareva casuale, ma ispirata da una precisa volontà di comunicazione. In quegli occhi, il sentimento della disperazione era infatti così chiaramente leggibile nello sguardo fosco e infelice delle grandi pupille verdi che il collegamento con il cenno di diniego del capo era inevitabile. Sì, lei era disperata e voleva farmi sapere che lo era. Con quel cenno del capo, pareva volermi dire: “Abbiamo lo stesso sentimento. Ma io ne ho un’idea diversa dalla tua.

Lucio sul vaporetto verso Capri, mentre si pone l’iniziale domanda, inerente il legame tra la disperazione e il desiderio di morte, sembra aver trovato un’interlocutrice. Nota infatti una donna che fa un cenno di negazione col capo, e la suggestione che le stia rispondendo è amplificata dallo sguardo di disperazione della stessa. Proprio questo sentimento che esprime condurrà Lucio a innamorarsene perdutamente.
La donna in questione è una tedesca di nome Beate in vacanza con il marito. Il suo personaggio è oltremodo affascinante: estremamente enigmatica e portatrice di una sessualità conturbante. Il rapporto tra Beate e Lucio è sviluppato attraverso una particolare prossemica fatta di distanze; la loro comunicazione è un gioco di sguardi e non detto, il tutto immerso in un clima di tensione e di attrazione, in un gioco di estrema ambiguità. L’atmosfera è amplificata dall’inquietante ossessione che la donna nutre per lo scrittore tedesco Kleist e il suo suicidio in compagnia della propria amante.
Il dilemma introduttivo di Lucio è ricorrente nel romanzo, accompagnato dalla silenziosa risposta di Beate. Le loro disperazioni sembrano avere due concezioni diverse, quella della donna sembra contemplare un suicidio, mentre Lucio mira a stabilizzarla considerandola un elemento proprio della vita umana.

Stabilizzare la disperazione (…) Essere disperati è giusto. Secondo me dovrebbe essere la condizione normale dell’uomo. Ma la disperazione, purtroppo, ha una sua stupida logica che porta alla fine, infallibilmente al suicidio. Ecco, io vorrei rendere intelligente la disperazione, regolarla come si regola la temperatura di un bagno, stabilizzarla a un certo numero di gradi, niente di più e di meno.

Il contrasto delle due visioni percorre l’intera opera, riservando al lettore di volta in volta esiti imprevedibili.
La vicenda è ambientata nel 1934, anno in cui vi era il regime fascista. Il romanzo non ignora tale scenografia, bensì assume evidenti connotati politici. La stessa scelta della nazionalità di Beate consente uno sguardo sulla condizione tedesca e il regime di Hitler, argomento che trova ampio spazio nel romanzo. Riflessioni politiche sono rinvenibili anche nella conversazione tra Lucio e Sonia, una russa residente a Capri che narrerà le proprie vicende in patria.
Elemento di interazione con i regimi è non solo il rapporto con gli intellettuali, ma anche l’idealismo che vi si oppone, un oggetto che si ritrova in tutta la propria letterarietà. Lo stesso Lucio, in quanto scrittore, decide di trasferire e risolvere la propria disperazione sul personaggio della sua opera spingendolo al suicidio. Ma ciò che differenzia quest’ultimo dal suo creatore è che la motivazione dietro alla propria disperazione è la permanenza del regime fascista, mentre il sentimento di Lucio è generico e privo di motivi.

Mi sono accorto, infatti, che per mettere in piedi un personaggio sul quale scaricare l’ossessione del suicidio, non bastava la motivazione generica che era disperato; dovevo anche trovare il motivo per cui lo era. Dopo molte riflessioni, ho finito per identificare questo motivo nell’avversione irriducibile per il regime fascista che, in questo giugno del 1934, stava entrando nel settimo anno di permanenza al potere. Era questo, certamente, un motivo plausibile di disperazione per un personaggio di romanzo; ma per quanto mi riguardava personalmente, sapevo benissimo che pur nutrendo la stessa avversione non mi sarei certamente ucciso a causa del regime politico allora dominante in Italia.

Il protagonista del libro di Lucio non può non ricordare il Werther di Goethe e ampliare ulteriormente la connessione, già presente, tra Italia e Germania intrattenuta sia su un piano politico che letterario.
La prosa di Moravia non ha certo bisogno di presentazioni, basta assaporarla per gustarne la sinuosità e il calore profuso; lasciarsene trasportare è un atto spontaneo in grado di generare lo stesso benessere che crea in noi il cullare pacato delle onde marine.
1934 si apprezza sotto ogni punto di vista e nella sua complessità, un romanzo che ci fornisce non solo indelebili riflessioni ma che ci regala anche una trama intrigante assicurandosi tutta la nostra partecipazione. Non amare Moravia si rivela, ancora una volta, un atto impossibile.
Il nostro giudizio:

StileVoto 5

TramaVoto 5

PiacevolezzaVoto 5

Copertina

Voto finaleVoto 5

alberto moravia

Alberto Moravia nasce a Roma, come Alberto Pincherle nel 1907. Dopo il successo ottenuto con Gli indifferenti si dedica alla letteratura e al giornalismo. In seguito a difficoltà creategli dal regime fascista, trascorre un lungo periodo negli Stati Uniti e in Messico. Nel dopoguerra la sua attività diviene particolarmente prolifica, in questa si annoverano alcuni famosi romanzi: La disubbidienza (1948), Il conformista (1951), La ciociara (1957), La noia (1960), L’attenzione (1965) Io e Lui (1971), La vita interiore (1978), 1934 (1982).   Romanziere, saggista, collaboratore di riviste e quotidiani, Moravia è soprattutto un artista, un intellettuale testimone del suo tempo.