di Andrea Camilleri
LA FORMA DELL’ACQUA
La Forma dell’Acqua di Andrea Camilleri
Editore: Sellerio editore Palermo
Genere: Thriller
Pagine: 173
Edizione: 10 Marzo 1994
a cura di Pamela Mazzoni
Cari lettori,
con il mese di settembre interamente dedicato ad Andrea Camilleri, non potevamo non iniziare questo percorso letterario dalla recensione del suo romanzo più simbolico, che ha segnato il giro di boa sia per lo scrittore stesso, che per noi lettori ma anche, e non da sottovalutare, per il genere poliziesco italiano.
Il libro in questione è La forma dell’acqua, memorabile perché è proprio in quest’opera che per la prima volta appare un certo Commissario della Polizia di Vigàta, che risponde al nome di Salvatore Montalbano da Catania, per tutti Salvo, classe 1950.
Consigliamo questo libro a tutti: a chi non conosce l’autore, per partire dal punto di origine di una serie che ha ottenuto un successo clamoroso; ed a chi già è un appassionato, per fare un emozionante salto nel passato e rivivere la genesi di Montalbano e della sua squadra, personaggi che rimarranno indelebili nella mente.
Una postilla per i neofiti: attenzione, può creare una seria ed irrimediabile dipendenza…
Sinossi
Recensione
“E proprio in quel momento il telefono squillò. Senza manco aprire gli occhi Montalbano tese un braccio ad afferrare non tanto la cornetta quanto i lembi fluttuanti del sogno che inesorabilmente svaniva.
«Pronto!». Era rabbioso verso l’importuno.”
Ecco, ci siamo: è questo il paragrafo dove, per la prima volta, facciamo la conoscenza di Salvo Montalbano e con il quale Camilleri, orgoglioso padre putativo, ci chiama ad assistere al felice parto di un personaggio ormai entrato a far parte dell’immaginario nazional-popolare: è l’inizio di un viaggio infinito che ci ha accompagnati in un paese inventato, Vigàta, tra personaggi inventati che parlano una lingua in buona parte inventata, cullati dalla narrazione fluente di Camilleri, geniale e creativa, diretta e senza fronzoli, ironicamente divertente. Ma le storie che Camilleri ci racconta parlano di corruzione, di connivenze, di ingiustizie e di povere anime: delle favole tinte di un nero inquietante.
E tutto all’improvviso diventa vivido, reale, tangibile, molto spesso malinconico.
Montalbano è qui alle prese con la prima di quella che diventerà una lunga serie di indagini: due netturbini, o munnizzari, durante un turno di lavoro alla mànnara (fate attenzione agli accenti, che Montalbano si squieta e addiventa d’umore nivuro), che altri non è che una discarica a cielo aperto che la notte accoglie un ben organizzato giro di prostituzione sotto varie forme, ritrovano il cadavere dell’ingegner Luparello, eminente figura della politica locale: il suo corpo, con i pantaloni abbassati, è nell’auto e tutto fa pensare ad un rapporto occasionale finito nel peggiore dei modi, con un malore mortale.
La vittima è di quelle ad alto profilo: ufficialmente, personaggio di notevole caratura, pio e devoto, onesto e generoso, praticamente quasi in odore di santità. Ufficiosamente, però, le chiacchiere di paese raccontano tutt’altra storia: girano voci del suo coinvolgimento in affari poco puliti, tra tangenti e ricatti. Indubbiamente Luparello era bravo a gettare la sporcizia sotto il tappeto, a nascondersi dietro una facciata di invidiabile rispettabilità.
Ed allora cosa ha spinto una persona così attenta alle apparenze ad incontrare una donna proprio nella zona più malfamata del paese?
All’acuto e disincantato commissario scatta subito un campanello d’allarme, sente puzza di bruciato: qualcosa non quatra, varie sono le incongruenze e la scena che gli si presenta agli occhi sembra più un teatrino allestito ad arte, tanto per gettare fumo negli occhi e depistare le indagini, puntando implacabile il dito su un innocente. Perché a questa faccenda è stata data una particolare forma, non casuale ma appositamente scelta, praticamente La forma dell’acqua.
“«Questo sta a lei scoprirlo, se ne ha voglia. Oppure può fermarsi alla forma che hanno fatto prendere all’acqua». «Non ho capito, mi scusi».(…)
“Avevo un amichetto, figlio di contadini, più piccolo di me. Io avevo una decina d’anni. Un giorno vidi che il mio amico aveva messo sull’orlo di un pozzo una ciotola, una tazza, una teiera, una scatola di latta quadrata, tutte colme d’acqua, e le osservava attentamente.
«”Che fai?” gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda.
«”Qual è la forma dell’acqua?”».
«”Ma l’acqua non ha forma!” dissi ridendo: “Piglia la forma che le viene data”».
Ma allora è una semplice morte naturale o un ben architettato omicidio? Eh no, il tenace commissario, che depreca i compromessi, non ci sta, deve arrivare fino in fondo. Quale piano nasconde tutta questa messinscena e, soprattutto, chi si cela dietro le quinte di questo drammatico atto unico?
Ai piani alti però fremono, giungono pressioni, di vario grado e natura, affinché il caso venga chiuso velocemente per pura carità cristiana nei confronti del sant’uomo di Luparello, ergo i giochi sono fatti, insabbiamo tutto e torniamo ai nostri inciuci. Ha inizio così un carosello di pirandelliana memoria, costituito da personaggi influenti ed ambigui, lupi travestiti da agnelli, con prelati, politici, avvocati impegnati in un subdolo gioco di potere tra frasi sibilline, ma nemmeno poi tanto; metafore che celano richieste ben precise; chiacchiere apparentemente innocue che non dicono nulla ma molto fanno capire.
E l’intuitivo Montalbano, in mezzo a questa sinfonia stonata, a questa cacofonia ipocrita, fiuta il marcio e non molla la presa fino all’ amaro epilogo, dove sarà lui a dare la forma a quell’acqua putrida e stagnante, in un finale che non contempla né vincitori né vinti, dove trova spazio un tipo di giustizia che non è quella legale ma quella magari arbitraria, ma pietosa e umana.
Ne La forma dell’acqua lo stile di Camilleri, che si affinerà successivamente, è già personalissimo e marcato, con l’uso dell’ibrido linguistico da lui creato, anche se qui meno incisivo rispetto ai libri successivi; con l’utilizzo di fitti dialoghi esaustivi e chiarificatori; con capitoli brevi che rendono la lettura serrata, veloce. E poi i personaggi, delineati in modo perfetto: dal fedele, brillante ed estremamente solerte braccio destro di Montalbano, il brigadiere Fazio (gli altri arriveranno dopo, ma il vice commissario Mimì Augello appare sullo sfondo); l’agente Galluzzo, che ama guidare l’auto a velocità folle e che, insieme all’altro agente Gallo, vanno a formare il “pollaio”, come sono scherzosamente definiti dai più; il dirigente della Scientifica Jacomuzzi, abile nel suo lavoro ma mosso dall’ambizione nello spifferare notizie riservate ai suoi superiori; lo scontroso patologo dottor Pasquano che, al di là del sagace e beffardo scambio di battute con Montalbano, fa intravedere il rapporto di amore/odio che intercorrerà sempre tra i due; Nicolò Zito, l’amico giornalista che condivide con il commissario l’abnegazione dedicata alla ricerca della verità, quanto scomoda possa essere; il questore Burlando (solo una semplice omonimia con Livia), uomo giusto ed arguto, che con Montalbano si fa sangue, ma che è già alle porte della pensione, sostituito in seguito dall’antipatico Bonetti-Alderighi.
Una menzione a parte, come sempre, la meritano i personaggi femminili: la storica ed eterna fidanzata a distanza Livia; l’insostituibile domestica Adelina, cuoca sopraffina, che adora il commissario anche se le ha arrestato uno dei figli; la vedova dell’ingegner Luparello, donna di gran carattere e spessore, acuta, intelligente, priva del falso moralismo che aleggia intorno a lei; ed infine la disinibita Ingrid, che diventerà poi una delle migliori amiche di Montalbano, donna libera ed indipendente, ma che in un piccolo paese regno del perbenismo stona e dà fastidio, semplicemente perché fa quello che vuole alla luce del sole, rea così di creare un’inguardabile ed inconveniente crepa su quelle altrimenti perfette facciate.
Camilleri ci ha aperto la porta del suo mondo: e con il sacro culto della cucina, tra un piatto di triglie al ristorante da Calogero (in seguito sarà la volta di Enzo) ed una caponatina lasciata da Adelina nel forno, un bicchiere di buon vino siciliano, una nuotata ed una serata trascorsa sulla terrazza della casa di Marinella, affacciata sul mare, quel mondo è diventato indissolubilmente anche il nostro.
LA FORMA DELL’ACQUA
Il nostro giudizio:
Trama
Stile
Piacevolezza
Copertina
Voto finale
L’Autore
Premio Campiello 2011 alla Carriera, Premio Chandler 2011 alla Carriera, Premio Fregene Letteratura – Opera Complessiva 2013, Premio Pepe Carvalho 2014, Premio Gogol’ 2015.
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