Penne d’autore, uno sguardo su: ANDREA CAMILLERI

a cura di Pamela Mazzoni

Cari lettori,
ieri 6 settembre sarebbe stato il compleanno del grande Andrea Camilleri e noi Penne Irriverenti gli dedichiamo tutto questo mese, con la scheda autore, le recensioni di alcuni dei suoi romanzi e qualche aneddoto e curiosità.
Un doveroso omaggio allo scrittore dallo stile inconfondibile, all’uomo gentile e garbato, all’artista a tutto tondo: semplicemente lui, Nenè….

“Ogni singola storia d’amore, vissuta o inventata, riesce a essere unica e diversa e irripetibile rispetto ai miliardi di altre storie già accadute, che accadono, che accadranno. Insomma, l’amore non s’impara né teoricamente né andando a bottega da altri. S’impara amando, vale a dire perdendosi.”

Una penna molto brillante e prolifica quella di Andrea Camilleri, capace di raccontare storie vere e quasi dimenticate, storie inventate, storie di delitti e di ingiustizie: lo scrittore della memoria sopita, ma anche un arguto osservatore della realtà che ci circonda, pronto a mettere nero su bianco le falle della sua amatissima Sicilia, che è stata fonte di ispirazione per gli intrecci dei suoi romanzi ma anche specchio dell’Italia tutta.
Ed ecco nelle opere di Andrea Camilleri, in particolar modo quelle dedicate al Commissario Montalbano, tra trame spesso drammatiche, non di rado tragiche ma smorzate da un umorismo pungente, fare capolino problematiche forti, quali la mafia e le connivenze con la politica, gli sbarchi degli immigrati, la povertà, lo sfruttamento della prostituzione; il tutto affrontato con mano di ferro con i potenti e guanti di velluto con i più deboli, nel suo modo pacato ma genuino, senza ipocriti filtri e senza peli sulla lingua, perché Camilleri non era omo da contare la mezza missa, no no…lui la missa la contava intera: schietto e dotato di un’intelligente ironia, con abilità e talento è riuscito a mettere alla berlina vizi e difetti dell’italico popolo, arrivando diretto al punto ma con estremo garbo.
Era un cavaliere gentile dall’armatura lucente che combatteva le odiate ingiustizie con la sua penna graffiante al posto di un’arma, e con il sarcasmo beffardo invece della forza bruta. Andrea Calogero Camilleri nasce a Porto Empedocle nel 1925 ed il ragazzo curioso ed inquieto che lascia la sua adorata terra per trasferirsi a Roma, all’inseguimento dei sogni, non pensa affatto a scrivere libri: scrive invece poesie, così bene che nel 1947 Ungaretti lo inserisce in un’antologia di nuovi poeti.
Ma questa non è l’unica passione: ci sono infatti anche il teatro, l’insegnamento come docente di regia e la televisione dove, come sceneggiatore, sarà uno degli artefici, tra le altre, di due serie tv rimaste negli annali: quella dedicata al Tenente Sheridan, interpretato magistralmente da Ubaldo Lay, ed il Maigret con il grande Gino Cervi.
Impegnato in così tante attività, Camilleri relega per molti anni la stesura di romanzi a semplice passatempo: il suo primo libro Il corso delle cose (successivamente, come altri, riedito da Sellerio), infatti, viene pubblicato senza compenso soltanto nel 1978 da un editore detto “a pagamento”, che consisteva nel citarlo nei titoli dello sceneggiato televisivo tratto dallo stesso romanzo ed intitolato “La mano sugli occhi”, che però non ebbe seguito.
È del 1980 invece Un filo di fumo, primo di una serie di romanzi che, partendo da aneddoti e fatti storici ma in buona parte romanzati grazie all’inesauribile fantasia dello scrittore, sono ambientati nell’ormai familiare Vigàta a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento; sulla solita scia ne seguiranno altri, tra i quali ricordiamo La stagione della caccia (1992), un giallo-noir dove una famiglia blasonata è flagellata da un’inspiegabile ed inquietante catena di decessi; Il birraio di Preston (1995) nel quale la strana scelta del prefetto di inaugurare il nuovo teatro con la messa in scena di un’opera sconosciuta, che dà il titolo al libro, è solo il pretesto per lo scrittore di mettere a nudo le ipocrisie e le falsità di una classe al potere che la fa sempre franca; La mossa del cavallo (1999) che ha per protagonista un ispettore dei mulini, chiamato ad investigare su alcuni illeciti sorti dietro alla tassa sul pane, che sarà indagato per un omicidio di cui però è soltanto semplice testimone e che sarà costretto, per discolparsi, a recuperare il dialetto giocando sull’interpretazione data alle parole.
Nel 1984 la svolta, non tanto per il libro La strage dimenticata, che passa quasi inosservato, quanto per la mano benevola del destino che metterà sulla sua strada Elvira Sellerio, fondatrice dell’omonima casa editrice che pubblica questo romanzo, grazie alla mediazione di Leonardo Sciascia, inconsapevole artefice di un incontro che si sarebbe trasformato in un connubio perfetto per gli anni a venire.
È proprio lei, Elvirù, come la chiamava affettuosamente Camilleri, donna di gran carisma e carattere, dotata di una mente brillante ed acuta, a credere in quel signore umile, gentile, colto, dalla voce resa roca dalle tante sigarette fumate quotidianamente.
La signora Elvira instaurerà da questo momento un rapporto con lo scrittore caratterizzato dai loro dialoghi in dialetto, dalle similitudini, dalla comunanza di idee, dal loro capirsi, da buoni siciliani, con uno sguardo, una talìata: un’intesa basata sulla reciproca stima e fiducia, nonché su una profonda amicizia, tanto che dirà a Camilleri: “È inevitabile che tu un giorno o l’altro finirai col mettermi le corna. Ma attento: posso perdonarti solo se mi tradisci con Marylin Monroe e non con una donna qualsiasi.”
Ed infatti i libri pubblicati dall’autore con Mondadori ed altre case editrici italiane non sono stati veri e propri tradimenti, ma soltanto scappatelle decise insieme.
Finalmente, nel 1994, arriva la pubblicazione de La forma dell’acqua (di cui potrete leggere la nostra recensione), il primo romanzo con protagonista lui, l’astuto e meteoropatico Commissario Salvo Montalbano, alter ego di Camilleri e, come lui, sarcastico, a volte cinico, appassionato lettore, ottima forchetta, nemico dei sotterfugi e dello scendere a compromessi; a fare da sfondo sempre Vigàta, ma ai giorni nostri.
Questo libro segna uno spartitraffico fondamentale non solo per il suo autore ma anche, e soprattutto, per il giallo italiano: fino a questo momento, infatti, i lettori di questo genere si orientavano quasi esclusivamente verso scrittori stranieri, in particolare americani ed inglesi. Ma l’apparizione di Montalbano, ed il meritato successo che ne consegue, fa sì che la collana Sellerio, formata dagli ormai inconfondibili libriccini blu, pubblichi molti altri giallisti italiani, dando così uno scossone alla rinascita di un genere che fino ad allora aveva poco seguito.
Il successo mediatico è dietro l’angolo e prende il via nel 1996 quando, durante una puntata del Maurizio Costanzo Show, il presentatore invitò il pubblico ad acquistare Il ladro di merendine, pena la personale restituzione dei soldi se non fosse piaciuto.
Da qui l’ascesa incredibile del nostro iconico personaggio entrato di diritto nell’immaginario collettivo, forte anche della fortunatissima trasposizione televisiva che ha visto la luce nel 1999 con l’ormai arcinoto protagonista Luca Zingaretti nei panni di Montalbano ed il cui successo, che è andato ben oltre i nostri confini, è stato rafforzato nel 2012 dalla serie dedicata a Il giovane Montalbano, egregiamente interpretato da Michele Riondino.
A questi primi due romanzi ne seguono molti altri, anche se Camilleri era intenzionato ad interrompere il ciclo al secondo volume, pensando di non essere molto adatto a scrivere libri seriali: mai previsione fu più errata.
Infatti, a parte le raccolte, quali Gli arancini di Montalbano e Un mese con Montalbano, in totale sono 28 i libri dedicati al nostro amato Commissario, tra i quali citiamo La pazienza del ragno (2004); Il campo del vasaio (2008), vincitore nel 2012 del premio inglese Crime Writers’ Association International Dagger; Il sorriso di Angelica (2010);Il metodo Catalanotti (2018); Il cuoco dell’Alcyon (2019), fino ad arrivare all’ultimo, attesissimo romanzo, quel Riccardino, di cui tanto si è parlato e che è uscito postumo il 16 luglio di quest’anno (qui il link per leggere la nostra recensione), con cui Camilleri ha chiuso il cerchio su una serie indimenticabile. La vena artistica di Camilleri non ha conosciuto barriere, tanto che l’autore si è dedicato ad un ciclo di biografie romanzate su alcuni pittori:Il colore del sole (2007), su Caravaggio; La Vucciria (2008), incentrata suGuttuso; e poi, nel 2009 è la volta di Il cielo rubato.Dossier Renoir, sul grande artista francese.
Un’opera omnia variegata e nutrita quella dei questo scrittore: più di cento libri, tra saggi, gialli, fantastici e biografie.
Uno stile fluente, semplice e diretto è quello che caratterizza il Maestro: stile reso inconfondibile dai fitti dialoghi in un creativo gioco semantico, mix di parole italiane e vocaboli presi a prestito da vari dialetti siciliani, con l’aggiunta di neologismi: il tutto utilizzato sapientemente in modo tale da dare corposità ai personaggi ed all’ambientazione stessa.
Quest’ultima, l’immaginaria Vigàta, merita un discorso a parte: sicuramente è Porto Empedocle nell’idea di Camilleri, in realtà ha preso le sembianze di un microcosmo che racchiude la Sicilia in toto, con i suoi colori, i profumi, il sapore del cibo, lo sciauro che proviene dal suo mare cristallino.
Un vero e proprio viaggio sensoriale in una terra ricca di contrasti: l’isola degli Dei, forgiata dal fuoco, che vive perennemente tra luce e tenebre, sacro e profano, malaffare radicato e voglia di riscatto. Inoltre, con il ciclo dedicato a Montalbano, Camilleri ha avuto l’alzata d’ingegno di raccontare i nostri amati protagonisti scoprendoli piano piano, libro dopo libro e che, piano piano, libro dopo libro, ci sono entrati nel sangue: così realistici nelle loro debolezze, nei loro difetti, ma anche carichi di umanità, di simpatia e di rettitudine.
Un centellinare la loro descrizione in modo da far affiorare il loro spessore da un dialogo, una battuta, un atteggiamento: come nella vita vera li abbiamo scoperti volta dopo volta e, quasi senza accorgercene, ci sono diventati familiari, ma nel frattempo non sono rimasti fermi nel tempo, sono invece cresciuti con noi, cambiando abitudini e caratteri ed acquisendo una veritiera maturità professionale ma soprattutto emotiva.
Un occhio di riguardo Andrea Camilleri lo ha sempre avuto per le donne, nella vita come nei suoi romanzi. È cresciuto infatti con importanti figure femminili di riferimento, come la madre e la nonna paterna, (a quest’ultima va la nostra infinita gratitudine per avergli trasmesso la passione per la scrittura); poi il rapporto splendido con l’amore di una vita, la sua Rosetta, e le tre adorate figlie: un mondo tinto di rosa sgargiante, che si riflette nei personaggi femminili ai quali Andrea Camilleri riesce a donare una caratterizzazione notevole, colmi come sono di una sensibilità e di una forza interiore che incutono un grande rispetto, a prescindere che siano o meno dalla parte giusta della barricata.
Il Maestro se n’è andato il 17 luglio 2019 e fino alla fine ha servito la sua arte con passione immutata, a dispetto della veneranda età e della cecità che lo aveva colpito; insieme a lui, un anno dopo, è uscito di scena anche il Commissario Montalbano, con la pubblicazione del capitolo finale, Riccardino: è calato così il sipario su una bella pagina della letteratura contemporanea.
Terminiamo con una vignetta molto bella, eseguita dal bravissimo Antonio Cabras, che ci ha gentilmente concesso di pubblicarla.

Se avete gradito la nostra scheda autore su Andrea Camilleri, vi invitiamo a seguire le nostre recensioni e le curiosità sempre dedicate al grande scrittore.
Un augurio di buon inizio settimana dalle Penne Irriverenti!