L’INVERNO DI GIONA

di Filippo Tapparelli

L'inverno di Giona

Cari amici lettori,

oggi vi parliamo di un libro di rara e straordinaria sensibilità: L’ inverno di Giona di Filippo Tapparelli. Con questa opera prima l’autore ha vinto il prestigioso premio Calvino 2018. Quello che vi proponiamo è un libro fortemente introspettivo, un titolo che scava nel profondo dell’animo umano tanto da provocare molteplici riflessioni nel lettore.

L’inverno di Giona di Filippo Tapparelli
Genere: Narrativa moderna e contemporanea
Editore: Mondadori (Collana Scrittori italiani e stranieri
Pagine: 190
Edizione: 
26 Febbraio 2019

a cura di Elide

Sinossi

“Non ti ho mai conosciuto davvero, padre. Uomo sparito, fantasma di un fantasma. Hai carne di vento, pelle di nebbia. Non ti riconosco eppure sei me centomila volte al giorno.” Siamo su una montagna ostile, fa molto freddo. Giona non ha ricordi. Ha poco più di quattordici anni e vive in un villaggio aspro e desolato insieme al nonno Alvise. Il vecchio, spietato e rigoroso, è l’uomo che domina il paese e impone al ragazzo compiti apparentemente assurdi e punizioni mortificanti. In possesso unicamente di un logoro maglione rosso, Giona esegue con angosciata meticolosità gli ordini del vecchio, sempre gli stessi gesti, fino a quando, un giorno, non riesce a scappare. La fuga si rivelerà per lui un’inesorabile caduta agli inferi, inframmezzata da ricordi della sua famiglia, che sembrano appartenere a una vita precedente, e da apparizioni stravolte. In un clima di allucinata sospensione temporale, il paese è in procinto di crollare su se stesso e la terra sembra sprofondare pian piano sotto i piedi del ragazzo. La verità è quella che appare? Solo un decisivo cambio di passo consentirà al lettore di raggiungere la svolta finale e comprendere davvero che cos’è l’inverno di Giona.

Recensione di L’INVERNO DI GIONA

Dentro di me so che non c’è più alcuna strada che mi conduca fuori di qui

Giona ha quattordici anni, un maglione rosso che rappresenta il suo unico tesoro e una voce che è la sua unica grande e vera guida. Il suo maestro di vita, Alvise, è un uomo dai candidi capelli, senza interferenza alcuna di grigio, dalle mani grandi ma non sproporzionate, dalle mani forti per torcere la legna o insegnare, dal corpo robusto quel tanto che basta per incutere timore. Perché tutti lo temono nel paese, nessuno escluso.
Perché Alvise non conosce il sentimento, non conosce l’affetto e non ha la minima intenzione di educare quel giovane adolescente a cui fa da padre e da nonno con le carezze. La sua è una educazione austera e fatta di regole ben precise a cui attenersi e alle quali, se disattese, segue il dolore e il castigo perché soltanto così si può apprendere e imparare. Perché soltanto così è possibile far propria la conoscenza.

«Hai sbagliato e queste sono le conseguenze. Lo sai benissimo. Io ti spiego come fare ma tu continui a sbagliare. Non impari. Ecco perché ti punisco. La sapienza, Giona, si acquisisce attraverso la sofferenza. Deve essere così. Diffida da chi impara con gioia, perché ciò che si apprende senza dolore, altrettanto facilmente si dimentica.»

A far da cornice e da sovrana alle vicende vi è il paese. Il luogo che è protagonista indiscusso insieme alle voci narranti con il suo silenzio, con la sua nebbia, con la sua vacuità. E tanto le atmosfere sono nebulose e fosche tanto sono frammentati e dimenticati i ricordi di Giona. Il ragazzo, il cui tempo è scandito dalla routine imposta dal vecchio, non ha memoria se non del passato prossimo, non riesce a trattenere quei rammenti che potrebbero rispondere alle sue tante domande.

Ed è proprio per mezzo di quell’unico tesoro, di quel maglione rosso così caro e che gli è cresciuto sulla pelle in funzione della sua crescita, che le vicende prendono forza e si evolvono: Giona ha avuto il coraggio, o la scelleratezza, di rifiutarsi ad un comando imperativo di Alvise e questo lo obbliga a dover prendere una decisione che consiste o nel bruciare quell’unico bene in suo possesso o nell’andarsene per sempre. Anche a costo di morire di freddo sotto l’acqua che rovina imperterrita.

L’adolescente decide di seguire “la voce”, si fa coraggio ed esce. Da qui avrà inizio una caccia vera e propria che si snoderà in un percorso introspettivo di gran forza e che porterà il lettore ad interrogarsi sui tanti misteri che ruotano attorno alle figure di questi due personaggi così magnetici e così forti. Perché Alvise non vuole che Giona ricordi perché per Giona è forse giunta l’ora di ricordare. Ad aiutarlo ci sarà Norina, una bambina che, accompagnata dal proprio gatto Carbone, si muove tra le fila delle pagine essendo sempre presente seppur in modo molto particolare.

E Norina, sopra ogni cosa. Lei si muove sempre negli angoli, ai margini del campo visivo. Sta tra le pieghe del vento. Non riesco mai a catturare del tutto la sua immagine e, quando parla, lo fa sempre nelle pause. Norina vive nelle pause, non nelle parole. Esiste negli spazi vuoti tra un respiro e l’altro.

Caratterizzato da una prosa magnetica e da uno stile narrativo poetico e profondo, “L’inverno di Giona” è un romanzo sensoriale che tocca le corde più intime del lettore tanto da condurlo per mano in un crescendo continuo di emozione e di riflessione. Elemento dominante per l’intera narrazione è il gelo, un gelo che è simbolo di quell’assenza di calore all’interno del quale è cresciuto il fanciullo ma che ben si contrappone con l’analisi psicologica che ruota attorno al protagonista. Tapparelli, seppur esordiente, si destreggia in modo egregio in ciò. Se da un lato scandaglia con grande abilità la sua psiche, dall’altro gioca con la tecnica narrativa dimostrando di possedere molteplici registri narrativi e realizzando una prosa sensitiva e di gran percezione che è al contempo scorrevole ma dettata da un ritmo ben cadenzato che accelera man mano che gli avvenimenti si susseguono.

L’inverno di Giona è struggente, intenso, un grande esordio.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5

StileVoto 5

PiacevolezzaVoto 5

CopertinaVoto 5

Voto finaleVoto 5

Filippo Tapparelli

Filippo Tapparelli (Verona, 1974) lavora in un’azienda veronese. In passato è stato istruttore di scherma, pilota di parapendio e artista di strada. Ha studiato letteratura inglese e russa all’università. Questo è il suo primo romanzo.

Si ringrazia l’autore per averci cortesemente fornito il materiale.