LOLITA

di Vladimir Nabokov

Lolita di Vladimir Nabokov
Genere:Narrativa
Editore:Adelphi
Pagine:395
Edizione:30 Ottobre 1996


Bentrovati lettori, quest’oggi vi parliamo di un libro che ha bisogno di ben poche presentazioni data la sua notorietà, Lolita di Vladimir Nabokov. Buona lettura!

a cura di Rosa Zenone


Sinossi

“Dopo trentasei anni rileggo Lolita di Vladimir Nabokov, che ora Adelphi ripresenta… Trentasei anni sono moltissimi per un libro. Ma Lolita ha, come allora, un’abbagliante grandezza. Che respiro. Che forza romanzesca. Che potere verbale. Che scintillante alterigia. Che gioco sovrano. Come accade sempre ai grandi libri, Lolita si è spostato nel mio ricordo. Non mi ero accorto che possedesse una così straordinaria suggestione mitica”. (Pietro Citati)

Recensione

«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre Lolita».

A distanza di quasi 70 anni dalla sua pubblicazione, Lolita continua ad affollare le nostre librerie domestiche o si appresta a farne presto ingresso, rimanendo uno dei libri più noti e più letti di sempre. Tale la sua fama e il suo potere immaginifico, da aver comportato che il titolo divenisse una definizione per antonomasia ampiamente diffusa e che traslasse un nome proprio in uno comune atto a designare una giovinetta maliziosa e conturbante, quale l’omonima protagonista.

La mia copia di Lolita ha stazionato a lungo intonsa tra gli altri libri, data la tematica forte non trovavo il coraggio di leggerla, ma alla fine la mia determinazione fortunatamente ha avuto la meglio e mi ha condotto finalmente a varcare il confine della copertina.

Il libro è un memoriale redatto dal protagonista in prima persona, il professore Humbert Humbert, professore colto e avvenente, fin qui nulla di strano se non fosse che l’uomo nutre un’attrazione sfrenata per una determinata categoria di preadolescenti, le cosiddette “ninfette”.

“Adesso voglio esporre il seguente concetto. Accade a volte che talune fanciulle, comprese tra i confini dei nove e i quattordici anni, rivelino a certi ammaliati viaggiatori – i quali hanno due volte, o molte volte, la loro età – la propria vera natura, che non è umana, ma di ninfa (e cioè demoniaca); e intendo designare queste elette creature con il nome di «ninfette».Si noterà che sostituisco i termini spaziali con termini temporali. Vorrei effettivamente che il lettore vedesse «nove» e «quattordici» come i contorni – spiagge di specchio, scogli rosati – di un’isola incantata, racchiusa in un vasto mare brumoso e infestata dalle mie ninfette. Ma, entro questi confini, tutte le fanciulle sono forse ninfette? Certo che no. Se così fosse, noi iniziati, noi viandanti solitari, noi ninfolettici saremmo impazziti da tempo. Neppure la bellezza è un criterio valido; e la volgarità, o almeno ciò che una determinata comunità definisce tale, non nuoce necessariamente a certe misteriose caratteristiche la grazia arcana, il fascino elusivo, mutevole, insidioso e straziante che distingue la ninfetta da tante sue coetanee, incomparabilmente più vincolate al mondo spaziale dei fenomeni sincroni che non a quell’isola immateriale dal tempo stregato in cui Lolita si trastulla con le sue simili.”

Humbert è consapevole della propria devianza, una devianza che viene tenuta a freno fino a quando non incontra Dolores Haze, detta Lolita, figlia di Charlotte Haze donna presso la quale alloggia. Lolita è la perfetta incarnazione del suo ideale di ninfetta e la sua vista segna e sconvolge l’uomo.

“Mi è molto difficile esprimere con forza adeguata quel lampo, quel brivido, quell’empito di appassionata agnizione. Nell’attimo iniettato di sole in cui il mio sguardo scivolò sulla bambina inginocchiata (le palpebre che battevano al di sopra di quei severi occhiali scuri – la piccola Herr Doktor che mi avrebbe guarito da tutti i miei dolori), mentre le passavo accanto travestito da adulto (un grande, possente, splendido esemplare di virilità hollywoodiana), il vuoto aspirante della mia anima riuscì a risucchiare tutti i dettagli della sua radiosa bellezza.”

Il suo sguardo è ingordo e avido nel cogliere i più piccoli dettagli fisici ed estetici della ragazzina, simile a quello di una fiera che studia la propria preda già pregustandola. Vivendo sotto lo stesso tetto, Humbert vive a stretto contatto con Lolita e cerca di ghermirla quanto più possibile e in qualunque modo. Per assecondare la propria insana e immonda passione, giunge perfino a sposare la madre della ragazza per accorciare ancor più le distanze e intensificare le proprie occasioni.

Il personaggio di Lolita è incredibilmente complesso, capricciosa, smaliziata, impertinente e sfacciata da un lato, dall’altro ingenua e indifesa, assorbita dalle frivolezze tipiche della sua giovane età. Una bambina che sembra quasi giocare al ruolo della “femme fatale”, che pur essendo molto sveglia non sembra essere totalmente consapevole delle conseguenze alle quali potrebbe condurla tale ruolo. Nonostante la sua aria mondana e vispa, non esita a ricordarci attraverso le sue azioni la sua reale età e ciò suscita un’incontenibile tenerezza nei suoi confronti. Lolita è l’insieme di due lati tra di loro in netto contrasto, un contrasto che diviene tanto più raccapricciante per le interferenze del pederasta.

L’uomo diviene sempre più ossessivo e morboso nelle sue attenzioni e nei suoi pensieri, elementi di cui teniamo traccia in modo completo ed esaustivo grazie alla sua voce narrante che non lesina particolari e che indugia in riflessioni e a esplicitare i propri stati d’animo. Humbert, viscido e subdolo, consacra la propria vita a Lolita, un consacrazione combinata in modo tale da far sì che lo stesso soggetto idolatrato funga poi da vittima sacrificale, presupposto senza il quale non potrebbe esservi la realizzazione completa e l’appagamento dei desideri del pederasta.

Nonostante il punto di vista sia quello dell’uomo, egli non può che risultare inviso al lettore. Pagina dopo pagina il disgusto verso lo stesso e verso la volontà di lasciarsi guidare dalla propria patologica e torbida attrazione aumentano sempre più, sollevando in noi una profonda rabbia.

Superlativa la capacità di Nabokov di calarsi completamente nei panni di un pedofilo, di seguirne le pieghe meno prevedibili e più malate, esacerbandole esplicitamente nella loro natura tormentosa, egoistica e sordidamente pruriginosa. L’autore è riuscito a spingersi in un terreno che si è soliti rifuggire, un luogo mentale tenebroso dove il male assume la forma più rivoltante. Una forma che è inconcepibile, inalienabile e incomprensibile ai più, ma che Nabokov con perizia riesce a dispiegare come una qualunque tela arrotolata, a percorrerla e a mostrarla in un modo talmente inequivocabile da far raggelare il sangue. Rende confessabile ciò che è inconfessabile.

A giocare un importante ruolo in tal senso indubbiamente è la scrittura, lenta e carica, descrittiva e pindarica, ampiamente suggestiva ed evocativa. Scorre piano e divaga, e man mano scava e assesta dei colpi poderosi. Il linguaggio è elevato, non disdegna citazioni e inframezzi in francese, e non scade mai in esplicita volgarità neppure nelle scene sessuali. Proprio per tali caratteristiche la lettura è consigliata in momenti di massima attenzione e concentrazione, poiché una sua presa in carico superficiale non renderebbe giustizia a siffatto romanzo!

La tematica scabrosa in alcuni punti raggiunge l’apice, non poche sono le scene in grado di provocare irritazione e fastidio, talvolta tali da poter frenare nel prosieguo, soprattutto in coloro che tendono a calarsi completamente nei mondi narrativi che attraversano. Ma in questo capolavoro lo scandalo e l’indignazione fanno parte del gioco, sono proprio quelli a fungere da luce guida. Perché non è Lolita ad essere un romanzo immorale, lo è piuttosto la realtà che svela che, non di rado, si annida in mezzo a noi. D’altronde ignorare le sozzure del mondo non lo renderà certo migliore, di gran lunga più utile sapere che esiste chi non ha alcuna remora nell’approfittare dell’innocenza e a espropriarne la spensieratezza, e che spesso costui potrebbe essere un soggetto insospettabile, perfino quello stesso Humbert che appare così distinto e con il quale si condivide lo stesso tetto.

Lolita è un libro tremendamente crudo e lancinante, incisivo e indimenticabile, una mimesi della realtà che non indietreggia nel rappresentarne l’orrore nella sua interezza.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5/5

StileVoto 5/5

PiacevolezzaVoto 4,5/5

CopertinaVoto 5/5

Voto finale Voto 5/5

Vladimir nabokov

Vladimir Vladimirovic Nabokov nacque da una famiglia della vecchia nobiltà russa che, dopo la rivoluzione del 1917, emigrò in Occidente. Completati gli studi a Cambridge, visse in Inghilterra, Francia e Germania, acquistando, con i suoi primi scritti in russo, sotto lo pseudonimo di «Sirin», vasta notorietà nell’ambiente dei suoi compatrioti emigrati. Nel 1940 si trasferì negli Stati Uniti, dei quali cinque anni dopo prese la cittadinanza. Da allora scrisse in inglese e tradusse in questa lingua alcune delle sue opere precedenti. Per undici anni insegnò Letteratura Russa alla Cornell University di Ithaca; negli ultimi anni visse in Svizzera, a Montreux, alternando l’attività letteraria alle sue appassionate ricerche di entomologo. Preceduto da un esordio poetico, con liriche di stampo simbolista, nel 1926 uscì il suo primo romanzo, Masenka, cui seguirono: Re, donna, fante (1928), una parodia del romanzo tradizionale; La difesa (1929), L’’occhio (1930), Camera oscura (1932), sulla falsariga di un poliziesco; l’enigmatico Gloria (1933); Invito a una decapitazione (1935). Opere successive furono: La vera vita di Sebastian Knight (The real life of Sebastian Knight, 1941) e I bastardi (Bend Sinister, 1949); poi i romanzi di vita americana, primo fra tutti Lolita, che, pubblicato nel 1955 dall’Olympia Press di Parigi, rivelò improvvisamente a un pubblico mondiale il nome di Nabokov. Seguì Fuoco pallido (Pale fire, 1962) e Ada (Ada or ardor: A family chronicle, 1969). Tra i racconti di Nabokov vanno citati quelli raccolti in La dozzina di Nabokov (Nabokov’s dozen, 1958) e in Quartetto di Nabokov (Nabokov’s quartet, 1967); tra i romanzi più tardi Cose trasparenti (Transparent things, 1973) e Guarda gli arlecchini! (Look at the arlequins, 1974). Parla, ricordo (Speak, memory, 1967). Eccellente critico di letteratura russa, Nabokov è autore di uno splendido studio su Nikolaj Gogol’ (1944) e di una traduzione inglese, commentata, dell’Evgenij Onegin di Puskin. Altri saggi su scrittori europei dell’Ottocento e del Novecento sono stati raccolti postumi in Lezioni di letteratura (1980). In Italia le sue opere appaiono presso Adelphi.