NELLA MIA TESTA

di Michele Mari

Benvenuti al nostro appuntamento con la poesia.
Oggi proponiamo il commento della poesia Nella mia testa di Michele Mari
Buona Lettura!



a cura di Elisa Mazza

Nella mia testa

Nella mia testa
c’è sempre stata una stanza vuota per te
quante volte ci ho portato dei fiori
quante volte l’ho difesa dai mostri

Adesso ci abito io
e i mostri sono entrati con me

Parafrasi della poesia: Nella mia testa

Nella mia testa c’è sempre stata una parte vuota dedicata a te, quante volte l’ho riempita con pensieri d’amore e quante volte l’ho difesa dai dubbi che mi tormentavano.
Ora quella parte è rimasta sola con sé stessa e i cattivi propositi ci sono dentro con me.

Commento della poesia: Nella mia testa

Michele Mari scrive una bella poesia “cerebro-gastrica”, che si assesta attraverso un impatto fulmineo e graffiante e che non lascia superstiti, perché troppo verace, ossessiva.
Non dice «ti amo» ma lo urla, non dice «ti prego», ma lo supplica, non dice «salvami» ma sembra una disperata ricerca per una cura, o peggio, per un colpo di grazia.
La poesia, tratta dal libro Cento poesie d’amore a Ladyhawke, è una raccolta che già nel titolo rievoca il famoso film del 1985, con Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer: una maledizione separa 2 amanti tra giorno e notte, trasformandoli in animali e impedendogli di amarsi liberamente, creando tra loro l’impossibilità di comunicare pur essendo così vicini da potersi toccare.
Struggente, doloroso, passionale. Pellicola che mi ha a dir poco divorato.
Forse è solo un riflesso di quello che provo, di come vivo l’amore e la sua perdita.
Sento la fatalità, il compiersi, il destino infausto, la speranza che vacilla ma regala piccoli forse, come fuocherelli fatui in un bosco fitto. Quasi follia, direte, ma non so perché la vita vuole che i rapporti umani siano così complessi da, a volte, diventare cannibali.
Ma di fatto così è, non si può evitare, si dovrebbe solo aver coraggio di penetrare nelle profonde acque dell’esistenza.
Mentre rileggo Nella mia testa, tre, quattro volte e poi cento ancora, ho immaginato un uomo vicino a una finestra, che lentamente si strofina la testa avanti e indietro, gli occhi serrati, fissi, forse vacui addirittura, ma asciutti, attenzione, asciutti.
Ho sentito l’oltre, quel sentimento che appunto supera lo stato umano diventando un sovrumano, se non al contrario un’inversione, un ritorno al suo stadio primordiale di animale.
Rassegnato, non-morto, inavvicinabile.
Parole così significative, caro Michele Mari, non so dove tu le abbia trovate, ma accidenti mi hai ferita e abbracciata stritolandomi allo stesso tempo.
Sono dentro nella stanza anch’io? o sono con i mostri che vogliono entrare?

Michele Mari

Michele Mari è nato a Milano nel 1955. I suoi libri sono Di bestia in bestia (Longanesi 1989), Io venía pien d’angoscia a rimirarti (Longanesi 1990; Marsilio 1998), La stiva e l’abisso (Bompiani 1992; Einaudi 2002), Euridice aveva un cane (Bompiani 1993; Einaudi 2004), Filologia dell’anfibio (Bompiani 1995; Laterza 2009), Tu, sanguinosa infanzia (Mondadori 1997; Einaudi 2009), Rondini sul filo (Mondadori 1999), I sepolcri illustrati (Portofranco 2000), Tutto il ferro della torre Eiffel (Einaudi 2002), I demoni e la pasta sfoglia (Quiritta 2004; Cavallo di Ferro 2010), Cento poesie d’amore a Ladyhawke (Einaudi 2007), Verderame (Einaudi 2007), Milano fantasma (edt 2008, in collaborazione con Velasco Vitali), Rosso Floyd (Einaudi 2010), Fantasmagonia (Einaudi 2012). Nel 2014 esce Roderick Duddle, seguito da Austerusher (con Francesco Pernigo, Corraini, 2015), Sogni (Humboldt, 2017), Leggenda privata (Einaudi, 2017) e Le maestose rovine di Sferopoli (Einaudi, 2021).