PANINO AL PROSCIUTTO

di Charles Bukowski

Panino al prosciutto

Panino al prosciutto di Charles Bukowski
GenereNarrativa
EditoreTEA
Pagine335
Edizione19 Gennaio 2017

a cura di Rosa Zenone

Salve a tutti cari lettori! Eccoci con il primo appuntamento dedicato all’autore della rubrica Penne D’Autore di questo mese, ossia Charles Bukowski. Apriamo questa rassegna con una delle sue opere che preferisco, Panino al Prosciutto, fondamentale per comprendere meglio l’autore. Ho riletto questo libro dopo diversi anni, ma devo dire che in alcun modo mi sono ricreduta al riguardo, l’entusiasmo che mi ha suscitato è rimasto immutato. Se non conoscete abbastanza Bukowski vi consiglio di cominciare la vostra scoperta con quest’opera, se invece siete dei fan accaniti direi che assolutamente non può mancare nella vostra libreria.

Sinossi

In una Los Angeles periferica e prostrata dalla Grande Depressione, Henry Chinaski, adolescente ribelle, figlio di immigrati tedeschi, vive il suo apprendistato alla vita: la scuola, i piccoli furti, i giochi di strada, le risse, il baseball, l’iniziazione al sesso. Un apprendistato ruvido, duro, rabbioso, consumato all’insegna della disillusione e del rifiuto: dei valori del padre, delle amicizie fasulle, dei sogni giovanili. Ma allo stesso tempo Henry scopre la biblioteca pubblica e la compagnia impareggiabile dei libri, il conforto dell’alcol e la scrittura come unica strada verso l’autentica conoscenza di sé.

Recensione

Protagonista dell’opera è l’immancabile Hank Chinaski, alter ego dello scrittore; Panino al prosciutto è una sorta di autobiografia dell’autore, attraverso la biografia di Chinaski Bukowski in realtà narra la propria vita.

Bukowski è un personaggio sui generis, eccessivo e provocatorio, cinico e crudo, ma cosa si nasconde dietro? Cosa l’ha portato a essere tale? Se simili domande più volte hanno affollato la vostra mente potrete trovarne risposta in questo appassionante libro.

Non avevo interessi. Non riuscivo a interessarmi a niente. Non avevo idea di come sarei riuscito a cavarmela nella vita. Agli altri, almeno, la vita piaceva. Sembravano capire qualcosa che io non capivo. Forse ero un po’ indietro. Era possibile. Mi capitava spesso di sentirmi inferiore. Volevo solo andarmene. Ma non c’era nessun posto dove andare. Il suicidio? Gesù Cristo, un’altra faticata. Avevo voglia di dormire per cinque anni di fila, ma non me lo permettevano.

La narrazione è condotta in prima persona e comincia dall’infanzia, largo spazio vi trova la famiglia del protagonista, immigrati tedeschi allettati dal grande sogno americano. Un sogno che in realtà si rivela effimero e difficoltoso, a causa della Grande Depressione, anni in cui è ambientato il romanzo. Il quadro storico è descritto in modo suggestivo e riesce davvero a trasmettere l’idea della vita delle classi medio-basse americane in quell’epoca e delle promesse infrante della nazione.

Eravamo come eravamo e non volevamo essere diversi, Venivamo da famiglie della Depressione, e non mangiavamo mai abbastanza, eppure eravamo diventati grandi e grossi, e forti. Nessuno di noi, credo, riceveva affetto e comprensione sufficienti dai genitori, ma non ne chiedevamo a nessuno. Eravamo ridicoli, ma la gente stava bene attenta a non riderci in faccia. Eravamo cresciuti troppo in fretta ed eravamo stanchi di essere bambini. Non avevamo il minimo rispetto per gli adulti. Eravamo come tigri con la rogna.

La situazione di Chinaski/Bukowski è particolarmente complicata, a tratti quasi tragica, ma nonostante ciò in alcun punto vi è auto compianto, bensì compare una certa dose di sarcasmo a posteriori, oltre a numerose analisi inerenti i diversi momenti della propria esistenza.

Cresciuto in povertà, per di più da immigrato tedesco, il che come si può già presuppore non può che aumentare il disagio, in famiglia non può godere di alcun sollievo, anzi. Il padre è tirannico e violento, la madre invece è una figura quasi di passaggio, succube del marito e impossibilitata nella libertà delle proprie azioni.

Mio padre era la nube che oscura il sole, la violenza che emanava da lui faceva sparire di colpo tutto il resto. (…) Pensai che anche il sole apparteneva a mio padre, che non avevo il diritto di godermelo, perché splendeva sulla casa di mio padre. Ero come le sue rose, appartenevo a lui, non a me stesso.

Fuori casa la situazione non è migliore, il confronto con il mondo esterno ben presto conduce il protagonista ad apprendere duri insegnamenti che confinano con la legge dello stato di natura, dove pesce grande mangia pesce piccolo. Una società dove vige la violenza perfino tra i più piccoli, dove il bullismo e le risse sono di casa. Allo stesso tempo le diverse esperienze lo conducono al confronto con le classi più abbienti, più fortunate e sprezzanti, un confronto dal quale non può non sentirsi uscire sconfitto.

Io ero solo uno stronzo da 50 cents che galleggiava sul grande oceano della vita.

Al centro dell’opera vi è un’esistenza ai margini, una solitudine non colmabile, accentuata poi in adolescenza dalla comparsa di una forma acuta di acne. Le amicizie sono saltuarie e variabili, compagni di avventure senza una condivisione reale e sincera.

Dall’infanzia il libro giunge all’età adulta, passando per le varie fasi comuni a tutti i mortali, inclusa l’intrigante ma difficile scoperta del sesso, e le prime bevute, che si rivelano per il protagonista un’oasi paradisiaca in mezzo all’inferno. Infatti, l’alcol, assieme alla lettura, si rivela l’unica fonte di conforto e di compagnia per il protagonista.

Ubriacarsi era bello. Decisi che mi sarebbe sempre piaciuto. Bere mi liberava dall’ovvio, e forse se si riusciva a liberarsi spesso dell’ovvio non si finiva col diventare ovvii

Inevitabile essere partecipi delle sorti e delle vicende dello stesso, condividendone la rabbia ma provandone anche compassione, in diversi punti verrebbe voglia di tornare indietro nel tempo per abbracciarlo… ma probabilmente poi avremmo rischiato di non avere il nostro amato e dissacrante Charles Bukowski! Panino al prosciutto testimonia quanto le nostre prime esperienze nel mondo influenzino la nostra vita e caratterizzino il nostro modo di essere.

Le pagine scorrono in fretta e si impadroniscono completamente di noi. Da un lato la storia è oltremodo interessante, dall’altro la prosa di Bukowski si conferma ancora una volta intrigante; rapida e concisa, ma allo stesso tempo così cruda ed altamente espressiva, corredata di frasi di rara efficacia comunicativa. Una narrazione schietta e senza veli, che giunge con la stessa forza d’urto che potrebbe avere un’auto schiantandosi in un negozio di cristalli.

Panino al prosciutto è un libro di un’esistenza ordinaria che è stata in grado di divenire straordinaria, una storia per tutti coloro che si sentono fuori posto, per coloro che non credono che il mondo sia pronto ad accogliere tutti a braccia aperte sorridendo, per coloro che non riescono ad accettare un’esistenza scontata e dentro le righe.

Guardandoli, dissi a me stesso, un giorno la festa comincerà anche per me. Quando arriverà quel giorno, io avrò qualcosa che loro non hanno.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5/5

StileVoto 5/5

PiacevolezzaVoto 5/5

CopertinaVoto 5/5

Voto finaleVoto 5/5

Charles Bukowski

Charles Bukowski è nato ad Andernach, in Germania, nel 1920. È emigrato negli Stati Uniti con la famiglia all’età di due anni. È morto nel 1994 a Los Angeles, dove ha passato tutta la vita scrivendo, bevendo e cercando di lavorare il meno possibile. Tra i suoi titoli più noti apparsi in Italia: Storie di ordinaria follia, Compagno di sbronze, Confessioni di un codardo, Factotum, Donne, Post Office e Taccuino di un vecchio sporcaccione.