PUZZA DI MORTO A VILLA VISTAMARE

di Patrizia Fortunati

Puzza di morto a Villa Vistamare di Patrizia Fortunati
Genere: Narrativa italiana
Editore: Ugo Mursia Editore
Pagine: 156
Edizione: febbraio 2020

a cura di Mary Manasseri

Carissimi lettori buongiorno! Ho il piacere di presentarvi oggi questo libro leggero e frizzante, adatto per darci un po’ di sollievo nel periodo tanto faticoso che stiamo attraversando.

Sinossi

«Ti penso di giorno e ti sogno di notte, e ti aspetto nel mio personale eremo per vivere la nostra seconda, si spera lunga, giovinezza. Fai in fretta che c’abbiamo entrambi novant’anni. Tu di più!»
La vecchiaia non è certificata – solo e sempre – dall’età. È per questo che la Secca, la Marescialla, Peppino lo Sciancato e gli altri pensano e agiscono come se avessero ancora mezza vita davanti. E così, tra un morto, una busta sigillata, un mezzo incendio e femori rotti, ci trascinano nel loro mondo affacciato su un lago. Un romanzo, questo, che è un inno alla speranza di un’altra giornata di sole, anche quando il tempo è ormai agli sgoccioli. Un romanzo che fa venire voglia di invecchiare come loro: i vecchietti di Villa Vistamare. Perché il mare, a volte, basta immaginarlo per vederlo davvero.

Recensione

“Puzza di morto a Villa Vistamare” di Patrizia Fortunati mi ha ricordato, in molti passaggi, la comicità genuina delle commedie napoletane che hanno fatto la storia del cinema anni ‘50. La costruzione di alcune situazioni infatti, mi riporta alla mente brevi gag comiche del grande Totò o di Peppino de Filippo, in cui la risata diventa strumento per sdrammatizzare le situazioni più serie e connotare gli eventi di una maggiore leggerezza.

“È quello che è successo a me, a me e credo a molti di voi: ho faticato a incastrarmi in questo pezzetto di mondo, proprio come una tessera qualunque di un puzzle qualunque. Ma ora sono certa che questo sia il mio posto. Il mio posto nel mondo. E che io – come ognuno di voi, eh – non sono una tessera qualunque: io sono la tessera che fa essere questo pezzetto di mondo esattamente quello che doveva essere.”

Villa Vistamare è una struttura residenziale per anziani circondata da un grande parco naturale. Dalle sue finestre ci si affaccia sulle distese di alberi da frutto e sulla vegetazione rigogliosa che costeggia il lago. Le rive si confondono tra il verde dei cespugli, mentre le acque tranquille riflettono l’azzurro infinito del cielo che lo sovrasta. Guardando in lontananza quel bacino d’acqua, e perdendosi nella sua calma, sembra proprio di ammirare uno spicchio di mare ed è infatti sull’onda di questo miraggio che viene dato il nome alla Villa in cui si sviluppano le vicende di questo racconto.

Com’è facilmente comprensibile, sono proprio gli anziani che vi risiedono i protagonisti indiscussi della storia che l’autrice ci racconta. Il signor Visentin che tiene costantemente conto delle sigarette che gli rimangono nel pacchetto, la romantica signora Caterina Melchiorre con tutto il suo corredo immancabilmente rosa, oppure ancora l’elegante Gaspare il Brigadiere, sono solo alcuni dei personaggi che conosceremo e che, insieme al personale sanitario della Residenza, non mancheranno di farci sorridere: inconsueti, fuori dagli schemi e alternativi nella loro ricerca di soluzioni, ci accompagneranno in questa piacevole e a tratti esilarante avventura.

L’avvenimento da cui origina la trama è la dipartita di uno degli ospiti della struttura: il Conte Giovanni Alfonso Maria Visconte terzo della Smeraldina. E se la morte in questo contesto non è che un evento prevedibile, non si può altrettanto dire del contenuto della lettera sigillata che il defunto ha lasciato, in cui assegna la sua eredità di ben due milioni di euro proprio agli ospiti della Residenza. Da qui, la fantasia e l’originalità dei protagonisti non potrà che coinvolgerci nel loro ambito progetto, in nome del quale si giocheranno il tutto per tutto per vedersi assicurato il riconoscimento dell’ingente somma.

«Ché nella vita anche le situazioni che si presentano avverse possono girare» diceva lo Sciancato «E siccome ti toccano comunque, come la prima carta del mazzo, tanto vale accoglierle senza troppe storie. Accoglierle, non accettarle: ché accettarle sa di rinuncia, di onorata sconfitta, mentre accoglierle vuol dire aprire le braccia, anche se non avresti voluto, e continuare a giocartela ché poi, magari, possono portare anche qualcosa di bello.»

Il pensiero della vecchiaia muove per lo più emozioni nostalgiche di un tempo passato che non può tornare e un senso di finitezza che un poco inquieta.
Patrizia Fortunati invece, ce ne regala una visione diversa, capace di coglierne gli aspetti più divertenti, senza però banalizzare mai i significati e i contenuti di cui questa fase della vita è sicuramente pregna.
Ritroviamo qui il sapore dei ricordi di amori cercati e poi perduti, ma anche la consapevolezza che le occasioni di realizzazione di sé, nel proprio percorso di vita, hanno termine solo con la vita stessa. Fino alla morte nessuno può infatti negare l’opportunità di provare, di poter intervenire sulle situazioni per muoverle e cambiarle, valorizzando quindi ogni momento e ogni spiraglio di opportunità che anche solo ci sfiori.
E quindi, nonostante gli acciacchi che non mancano, come pure la memoria che poco aiuta, i protagonisti affrontano i loro giorni con il piglio di chi non si arrende, di chi non ha più voglia di stare dentro gli schemi decisi da altri e che finalmente può disporre in liberà del proprio diritto di scelta e di azione.

È un testo che inneggia alla vita – esorcizza la morte facendoci sorridere, senza però negarla. Ci parla del coraggio di rischiare e della forza del gruppo che, nonostante i limiti e le incertezze, rimane la risorsa più efficace e determinante in qualunque progetto. Sono loro, tutti insieme, a rinnovarci l’invito a tentare sempre, senza arrendersi mai.

“Da voi ho imparato cosa significa dare un senso alle giornate e alla vita, perché non siano solo tempo che passa. Da voi ho imparato che non ci si arrende, nemmeno alla malattia, alle fratture del bacino che ti tengono a letto per mesi, all’amarezza di essere diventati un peso per i propri figli, alla morte che aspetta dietro l’angolo. Non ci si arrende.”

L’autrice si rivela qui una capace narratrice – i personaggi che crea hanno connotazioni molto ben definite e una coerenza che resta costante fino alla fine dell’opera. Lo stile narrativo è molto scorrevole e con un ritmo leggero e molto fresco. Sa dosare bene i tempi comici e la vicenda non cade mai nel noioso, riuscendo a mantenere credibilità e coinvolgimento in modo molto efficace.

In questo periodo tanto sofferto, questo libro è arrivato a ricordarmi che in un sorriso è racchiusa tutta la forza della speranza, radicata soprattutto nelle piccole cose che costruiscono, mattoncino dopo mattoncino, le fondamenta della quotidianità. Anche quando tutto sembra chiudersi alle possibilità, la speranza ha un’energia dirompente. Essa non tiene conto di mani tremanti e articolazioni troppo fragili, ma piuttosto dilata lo sguardo e spalanca le porte di fronte alle sempre infinite occasioni di rivalsa di cui disponiamo, spesso purtroppo senza rendercene conto. Anche quando pensiamo di essere arrivati al limite, c’è una strada sconosciuta e nuova che ci invita a continuare il nostro cammino verso rinnovate mete.

“Due strade in qualche modo parallele, da cui si vedono le stesse cose in modo diverso. Un po’ come succede nella vita perché, a seconda della prospettiva da cui si guarda, le situazioni, le persone, i problemi e financo le scarpe che s’indossano appaiono diversi.”

Concludo questa mia presentazione invitandovi a leggere questo divertente romanzo, adatto ai più giovani come agli adulti… a tutti coloro che, tra una pensiero ed un altro, scorrendo le sue pagine, avranno la piacevole sorpresa di ritrovarsi a sorridere.


Il nostro giudizio:


TramaVoto 4


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Piacevolezza alt=


CopertinaVoto 4,5


Voto finaleVoto 4,5

Si ringrazia l’autrice per averci cortesemente fornito il materiale.