SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

di Luigi Pirandello

Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello
Editore: Crescere edizioni
Genere: Classici/teatro
Pagine: 127
Edizione: 2018




a cura di Mary Manasseri

Carissimi lettori e gentili lettrici,
un caldo saluto a tutti voi! Siamo giunti all’ultimo appuntamento dedicato alle opere di Luigi Pirandello, grande protagonista della rubrica Penne d’autore del mese di luglio. La sua produzione letteraria è talmente ricca, che risulta impossibile dare pieno merito a tutti i suoi scritti in un solo mese di recensioni. La nostra attenzione si è focalizzata su una goccia nel mare della sua arte, riuscendo a conoscerne solo una minima parte. Abbiamo fatto del nostro meglio però e speriamo in futuro di poter approfondire ulteriormente le pubblicazioni di questo grande autore.

Oggi dedichiamo la nostra pagina all’opera teatrale Sei personaggi in cerca d’autore.
Buona lettura dalle Penne Irriverenti.

Sinossi

Questo celeberrimo dramma di Luigi Pirandello, scritto nel 1921, racconta la vicenda di sei personaggi che si presentano a un Capocomico e gli raccontano di essere stati creati da un Autore che li ha poi abbandonati, senza però risolvere le loro vicende. Essendo ormai creature vive e indipendenti, essi anelano alla finzione scenica, perché rappresenta la loro unica fonte di salvezza: solo così, infatti possono mettere in scena il loro dramma e riprendere la loro vita artistica. I personaggi sono un Padre, una Madre, il Figlio, la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina. Dopo molte resistenze la compagnia teatrale accetta di rappresentare le storie dei personaggi, che raccontano così le loro vicende… Ma ben presto tra i personaggi si apre una frattura profonda e insanabile. Pur impegnandosi con tutte le loro forze, gli attori non sono in grado di rappresentare il vero dramma dei personaggi, i loro sentimenti reali, l’essenza delle loro personalità: la sofferenza della Madre, il rimpianto del Padre, il desiderio di vendetta della figliastra… sulla scena tutto sembra falso. Non è dunque possibile rappresentare la vita reale? Questa capacità di comunicare la realtà nella sua essenza ha il suo culmine nella scena finale, quando la vicenda si conclude tragicamente, senza che ci sia la possibilità di comprendere se la tragedia sia reale o meno. In Sei personaggi in cerca d’autore Pirandello affronta il tema del contrasto non solo tra finzione e realtà, ma anche tra arte e vita, e scavando nel profondo dell’animo umano scrive uno dei più grandi capolavori del teatro universale.

Recensione

Sei personaggi in cerca d’autore è un grande classico teatrale, innovativo e all’avanguardia già quando uscì, creando un punto di rottura tra il teatro del passato con quello moderno. Qui, la relazione tra persona e personaggio apre importanti spazi di riflessione, rendendola decisamente un’opera unica nel suo genere.



“Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre «qualcuno». Mentre un uomo – non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può non essere «nessuno.»”




Quando nel 1921 venne per la prima volta rappresentato a teatro, questo testo provocò forti reazioni da parte del pubblico, poco abituato a una prosa alternativa e a uno stile così innovativo rispetto alla tradizione.
I personaggi, come annunciato dal titolo, sono sei. Padre, Madre, Figliastra, Figlio, Giovinetto e Bambina sono volti creati da un autore, alla ricerca di qualcuno che li rappresenti. Si presentano così al cospetto di un Capocomico, nella speranza che sia lui a farlo.
Ogni figura ha una sua storia, intensa e drammatica, che ha bisogno di essere raccontata in modo autentico, per sentirsi capito nel profondo.
La rappresentazione però non riesce a eviscerare le emozioni nella sua complessità… impossibile quindi, rendere appieno la forza con la quale essa le muove nell’intimo dei protagonisti. C’è un punto in cui il dolore e il dramma divengono intraducibili, sia in gesti che parole, rimanendo intrappolati nella bolla della finzione: difficile aprirne un varco che apra alla realtà e alla verità.



“Il capocomico: E dov’è il copione? Il padre: È in noi, signore. Il dramma è in noi; siamo noi; e siamo impazienti di rappresentarlo, così come dentro ci urge la passione! La Figliastra: Egli vuole subito arrivare alla rappresentazione dei suoi travagli spirituali; ma io voglio rappresentare il mio dramma! Il mio!”




Tanti sono i temi che vengono sviluppati in questo capolavoro, tra cui sicuramente la solitudine profonda di questi personaggi… tema che rievoca altri testi in cui lo stesso argomento è stato affrontato. Il bisogno di essere guardati, riconosciuti come esseri pensanti e dotati di sentimento, esplode nel dramma dei protagonisti. Ognuno vive un dolore intimo e viscerale difficile da narrare nella sua complessità.
L’incomunicabilità è un limite che pesa profondamente e lascia che la disperazione prenda il sopravvento. Le parole non hanno nulla di soggettivo, ciascuno le usa e le traduce in base al significato che gli ispirano, per questo diventa problematico spiegarsi, quasi impossibile comprendersi davvero.



“Chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l’uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché – vivi germi – ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità!”




Lo stile di quest’opera è graffiante, intensa, ogni figura è persa nel tentativo e nello sforzo doloroso di arrivare al cuore dell’altro, attraverso le parole, la rabbia e il bisogno assoluto di essere ascoltati, accolti, riconosciuti come persone emotivamente di valore.

Per chi vuole approcciarsi alla scrittura di Luigi Pirandello, questa è un’opera necessariamente da leggere, per verificarne la capacità inimitabile di entrare nelle sfumature della sensibilità umana. Per questo, concludendo il nostro umile tributo, non possiamo che consigliarvene la lettura.
Qualora fossimo riusciti a incuriosirvi o a rinnovare in voi la curiosità verso questo grande scrittore, aspettiamo con piacere le vostre impressioni in merito.


Al momento vi salutiamo e diamo appuntamento con le prossime recensioni sul blog Le Penne Irriverenti.

Il nostro giudizio:


TramaVoto 5


StileVoto 5


PiacevolezzaVoto 5


CopertinaVoto 3,5


Voto finaleVoto 5

Luigi Pirandello

Luigi Pirandello, figlio di genitori borghesi, nacque il 28 giugno 1867 nella terra di Girgenti, che oggi conosciamo come la bellissima città siciliana Agrigento. Nonostante suo padre avesse progetti diversi in merito alla sua istruzione, Pirandello riuscì a formarsi secondo le proprie inclinazioni, prima a Palermo e Roma e poi all’Università di Bonn, importante centro culturale del tempo. Qui poté approfondire temi letterari e concentrarsi sulla sua grande passione, la filologia romanza. Frequentò così l’ambiente intellettuale tedesco, dove personalità di spicco ne condizionarono e arricchirono la formazione. Pur vivendo a Bonn però, rimase legato affettivamente alla sua Sicilia… ce lo racconta in molte delle sue opere che vi sono ambientate, ripercorrendo con il ricordo nostalgico le storie della sua gente e della sua terra, tanto ruvida quanto meravigliosa.

La vita di Pirandello si rivelò nel tempo molto faticosa. Dopo essersi sposato con una conterranea, Maria Antonietta Portulano, la famiglia attraversò un difficile periodo dal punto di vista economico. Un’alluvione e una frana distrussero la miniera di zolfo di proprietà del padre, che portò ad un tracollo finanziario di grande peso per le sorti dell’uomo e dello scrittore. Per rialzarsi dal dissesto economico e familiare tanto grave, iniziò così a scrivere per mantenersi e, successivamente, ad insegnare in una scuola femminile, dal 1897 al 1922.

Difficile fare un escursus sulle sue infinite opere, possiamo però ricordare le più famose. Tra i romanzi “Il fu Mattia Pascal”, “Uno, nessuno e centomila” e “L’esclusa” sono tra i più noti. Tra le novelle, indimenticabili sono “Ciaùla scopre la luna”, “La giara” e “La verità”. Tra i testi teatrali di grande fascino infine, citiamo “L’uomo dal fiore in bocca”, “Liolà”, “Sei personaggi in cerca d’autore” e “Questa sera si recita a soggetto”. Egli vinse il premio per la letteratura nel 1934, e si spense nel 1936 per una grave polmonite.