UN CAZZO EBREO

Katharina Volckmer

Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer
Editore: La nave di Teseo
GenereNarrativa
Pagine176
Edizione7 Gennaio 2021

a cura di Rosa Zenone

Ben ritrovati cari amici lettori,
oggi ci ritroviamo con un libro novità di quest’anno che sta facendo molto parlare di sé e che, probabilmente continuerà a farlo a lungo: Un cazzo ebreo di Katharina Volckmer; dopo averlo letto posso dire che comprendo la notorietà che ne è derivata, l’ho adorato alla follia… il mio consiglio è dunque quello di non lasciarvelo scappare!

Sinossi

In un elegante studio medico di Londra, una giovane donna è distesa sul lettino. Scorge a malapena i capelli radi e le mani raffinate del suo medico, il dottor Seligman, mani a cui ha affidato la scelta più radicale e rivoluzionaria della sua vita. Inizia così il romanzo sovversivo, irriverente e audace di Katharina Volckmer: un flusso di pensieri che la protagonista, nata e cresciuta in Germania e trasferitasi a Londra, fa sbandare vorticosamente tra inconfessabili fantasie sessuali con protagonista Hitler, idiosincrasie folli e liberatorie, la memoria di una madre autoritaria e di un padre volatile, la vergogna di un’eredità irrimediabile, il senso di isolamento in una società che ci vuole per forza normali, privi di contraddizioni nei nostri corpi felici, e il racconto di un amore non convenzionale, mai sufficiente, eppure totale. Con ironia e schiettezza la protagonista irresistibile di Un cazzo ebreo mette a nudo il nucleo più disarmato della propria vita interiore, si interroga sul potere della riparazione e ci mostra come possiamo rimediare ai fatti della storia con le nostre più intime scelte personali. L’esordio esplosivo di una nuova grande voce letteraria internazionale, un romanzo incontenibile e struggente che, di fronte alla nostra irriducibile solitudine, suggerisce le uniche possibili risposte: accettarsi, perdonare, amare.

Recensione

Un titolo dissacrante come Un cazzo ebreo, indubbiamente ci incuriosisce, ma capita sovente che titoli così echeggianti possano fare tanto rumore per nulla: se doveste avere questo timore accantonatelo pure, poiché vi assicuro che il contenuto è altrettanto strepitante!

Protagonista è una giovane donna tedesca che vive a Londra, il cui nome non ci viene svelato. Ella si trova dal dottor Seligman per un’importante operazione destinata a dare una svolta alla propria vita, mentre si trova sdraiata sul lettino del medico si lascia a andare a un lungo flusso di coscienza che acquisisce i contorni di una confessione quanto mai intima e che copre l’intero spazio narrativo.

L’opera infatti è prettamente introspettiva, e lo è in modo audace, senza censure ed edulcorazioni. Il lungo monologo della protagonista sgorga spontaneo senza alcuna remora, passando da un argomento all’altro. Ella si svuota completamente, la sua coscienza aggrovigliata si districa e si mette completamente a nudo in tutti i suoi aspetti, in particolar modo quelli che potrebbero essere ritenuti più vergognosi.

“Per tutta la vita mi sono sentita così violentata dalla società da rifiutare a coloro che vivono secondo le sue regole il diritto di essere infelici. Li volevo sorridenti fino alla morte per il loro essere a favore di quelle istituzioni e di quelle restrizioni che mi avevano reso tutto così difficile, per il loro pensare che, fintanto che riempi tutte le caselle e segui tutte le regole, continueranno a spuntarti fiori dal buco del culo fino alla fine dei tempi.”

Il rapporto della donna con la società è quanto mai complesso, ella si sente bloccata in una gabbia predefinita dalle convenzioni, una gabbia che la stringe e la soffoca e dalla quale vuole evadere per essere semplicemente se stessa al di là di tutto.

Argomento principe della narrazione è il corpo con la propria realtà materiale e la propria sessualità, soffermandosi in particolar modo su quello femminile e di come esso sia inchiodato a dettami aprioristici che ne detengono le scelte e la pertinenza delle azioni.

“Proprio come non possono andarmene in giro a spargere il mio sangue- come se non avessero inventato infiniti prodotti per assicurarsi che le donne non perdano il loro sangue impuro in pubblico – così non posso andarmene in giro e semplicemente amare dove meglio credo.”

Dal profondo della protagonista si erge una voce fuori dal coro e lontanato dai benpensanti, una voce che sente il peso dell’inquadramento del proprio corpo e che vorrebbe dare allo stesso una libera espressione soffocata, ricavandovi una verità insita, atavica, spontanea e liberatoria.

“Ma a ogni modo penso che i nostri corpi conoscano cose molto prima delle nostre menti, dottor Seligman, porteranno scritte addosso tutte le parole prima che le nostre lingue siano in grado di trovarle e i nostri denti di dividerle tra gli spazi vuoti delle gengive.”

Altri argomenti di trattazione, sempre ricollegabili al corpo, sono la stravagante relazione intrattenuta con l’artista K, ma soprattutto i fardelli delle proprie eredità sentite quali fardelli da scontare. Una è quella connessa alle proprie origini tedesche e all’Olocausto, l’altra quella che deriva dai propri genitori, in particolar modo dalla madre.

“È come la bava di cui mia madre mi aveva ricoperto prima di forzarmi di venire al mondo, e l’idea che una volta fossi carne della sua carne ancora mi riempie di terrore. Il suo amore è sempre stato troppo, troppo imbarazzante, troppo indiscreto.”

Un cazzo ebreo è un’opera che si snoda in modo sinuoso e che avvolge il lettore nelle sue spire trascinandolo in un vortice irrefrenabile in una cascata di emozioni incontrollabili. Un romanzo lirico arguto e sensibile, sviluppato con una maestria ìmpari, Katharina Volckmer mostra tutta la propria sopraffina stoffa di scrittrice.

Un cazzo ebreo è un libro incredibile, che rifugge ogni definizione e schema, a tal punto da renderne difficile la trasmissione dell’essenza che vi si cela, la quale va colta lasciandosi trasportare pagina dopo pagina.

Una lettura forte, vivida, spassionata, un baccano che spacca la quiete e spazza via la banalità che ci circonda.

“(…) quanto la vita sia davvero banale. Fino a quando parli solo tra te e te puoi sorvolare su qualche dettaglio, ma quando vengo esposta alle chiacchiere senza senso degli altri una fortissima urgenza di uccidermi si impossessa immediatamente di me perché non riesco più a ignorare il fatto che non siamo altro che una stella morente che vaga in un vuoto infinito, senza meritare neanche un raggio di luce solare che ci tiene in vita.”

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5/5

StileVoto 5/5

PiacevolezzaVoto 5/5

CopertinaVoto 5/5

Voto finaleVoto 5/5

Katharina Volckmer

Katharina Volckmer è nata in Germania nel 1987. Attualmente vive a Londra, dove lavora per un’agenzia letteraria. Un cazzo ebreo è il suo primo romanzo, scelto come libro dell’anno 2020 da “The Times Literary Supplement” e in corso di traduzione in 12 paesi.