Curiosità n° 10 – Tra genio e sregolatezza (parte 3)

a cura di Pamela Mazzoni

Genio e sregolatezza

Buongiorno a voi, amici lettori!
Con l’articolo di oggi concludiamo il viaggio alla scoperta di particolarità curiose relative alla vita di alcuni dei nostri “geni sregolati”della letteratura, che dietro ad un talento incredibile celavano anime fragili ma che sono riusciti, grazie ai loro capolavori, a raggiungere l’immortalità.

Se vi siete persi i due precedenti appuntamenti li trovate ai seguenti link:Genio e sregolatezza parte 1 e parte 2.

VIRGINIA WOOLF

Virginia Woolf

Considerata una delle più influenti ed innovative scrittrici del Novecento, ma ricordata anche per il suo impegno in favore dell’emancipazione femminile e dei diritti delle donne, la britannica Virginia Woolf ha combattuto per anni contro l’anoressia: odiava il suo corpo ed era convinta che la sua bocca ed il suo stomaco fossero ignobili nella loro continua richiesta di cibo.Un segnale della sua insicurezza era la continua preoccupazione del suo abbigliamento, che lei riteneva non fosse mai adeguato all’occasione; odiava anche essere osservata e soprattutto fotografata.

La scrittrice soffriva anche di misofobia, ossia la patologica ed irrazionale paura di venire in contatto con lo sporco ed i germi, chiaro sintomo questo della nevrosi ossessiva che colpì la Woolf, influenzandole l’esistenza e la carriera; inoltre le causò molte crisi depressive, che la portarono il 28 marzo 1941 a decidere di porre fine alla sua vita, lasciandosi annegare nel fiume Ouse.




GIACOMO LEOPARDI

Leopardi

Il grande poeta di Recanati, intellettuale dalla vastissima cultura e figura di grande rilievo nella letteratura mondiale, soffrì di molti disturbi fisici, che lui stesso attribuiva all’eccessivo e continuativo studio che lo aveva portato ad assumere posizioni scomode per anni, causati invece quasi sicuramente da una malattia all’epoca non diagnosticata perché sconosciuta: il Morbo di Pott, anche detto tubercolosi ossea della colonna vertebrale. Tale malattia gli causò la deviazione della spina dorsale, causa delle due caratteristiche gobbe, che gli provocò dolori e non pochi problemi: gravi patologie cardiache e respiratorie; una crescita rallentata, tanto che pare fosse alto solo 141 cm; una forte ipersensibilità alla luce, a causa della quale il tempo che Leopardi poteva trascorrere all’aperto nelle ore diurne era molto limitato; e per finire, febbri ricorrenti e stanchezza continua.                                                                      

Diciamo che un quadro clinico così devastante basterebbe da solo a giustificare le crisi depressive delle quali il poeta soffriva, anche se secondo alcune fonti la spiegazione di questi periodi di assoluto sconforto sarebbe di ricercare nel disturbo bipolare: in questo modo sarebbero spiegati anche i repentini cambiamenti d’umore che hanno caratterizzato tutta la sua vita, dato che passava con facilità da un’euforia esagerata alla più tetra disperazione. Leopardi era anche molto trascurato nel vestire: si racconta che i suoi abiti puzzassero sempre di tabacco, ma anche l’igiene personale lasciava molto a desiderare.                                                                                    

Il poeta era un grande appassionato di gelati e taralli zuccherati, che però dovevano essere freschi di giornata ed acquistati tassativamente da Vito Pinto, mastro gelatiere di Napoli, città scelta da Leopardi come dimora in vari periodi della vita. Tanto aveva questa fissa, che era pronto a sborsare qualsiasi cifra, al punto che le malelingue dicevano che lo stesso Pinto si fosse così arricchito da comprarsi il titolo di Barone.                                               

Un’ulteriore curiosità: Giacomo Leopardi morì proprio a Napoli nel 1837 ed il 21 luglio 1900 fu effettuata una ricognizione sui suoi resti, dato che la bara era stata danneggiata  da  un muratore mentre eseguiva dei lavori di restauro nella chiesa dove era sepolto il poeta. Fu così scoperto che tra i resti mancava il cranio, sembra rubato per essere sottoposto ad esperimenti di frenologia, una dottrina che associa le funzioni psichiche del soggetto studiato con le caratteristiche morfologiche del suo cranio. La cassa venne poi riportata alla luce e spostata nel Parco Vergiliano a Piedigrotta, nel quartiere di Mergellina; la tomba fu poi dichiarata Monumento Nazionale.




ERNEST HEMINGWAY

Hemingway

Vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1954 ed autore tra gli altri di Addio alle armi e Il Vecchio e il Mare (per il quale vinse il Premio Pulitzer), Ernest Hemingway visse costantemente nel timore di essere spiato dall’FBI, ma gli amici erano convinti fosse una paranoia dello scrittore; dopo la sua morte, però, lo stesso FBI ammise di averlo spiato per almeno 20 anni;Hemingway, nonostante fosse un grande bevitore tanto che alcune delle sue ubriacature sono rimaste memorabili, non aveva comunque nessun problema ad alzarsi tranquillamente ogni giorno alle 5 del mattino e lavorare come se niente fosse: amava scrivere in piedi, collocando la macchina da scrivere su un leggio, in modo tale che gli arrivasse al petto; inoltre ogni giorno annotava le parole scritte su un cartone appeso  al muro. In media erano tra le 450 e le 512, ma se capitava che ne scrivesse di più lo considerava lavoro extra, e pertanto il giorno successivo poteva dedicarsi allo svago senza per questo sentirsi in colpa.

Non sappiamo se l’abuso di alcol fu una delle cause, ma lo scrittore soffrì di una forte depressione che lo portò ad avere allucinazioni, tanto che fu ricoverato e sottoposto ad elettroshock, fino ad arrivare al suicidio con un colpo di pistola nel 1961.




NIKOLAJ VASIL’EVIC GOGOL

 Gogol

Considerato il padre del realismo russo ed autore, tra le altre opere, de Le anime morte, Taras Bul’ba e Il cappotto, Gogol aveva diverse manie: camminava sempre e soltanto sul lato sinistro della strada; adorava i dolci, tanto che quando alloggiava in hotel faceva scorta di bustine di zucchero, che consumava di continuo; scriveva sempre in piedi e, durante le stesure delle sue opere, aveva l’abitudine di ruotare palline di pane bianco, cosa che stimolava la sua creatività. Gogol aveva anche un passatempo particolare per un uomo: adorava infatti ricamare, ma sapeva anche lavorare a maglia, intrecciare cinture e sovente cuciva gli abiti per le sorelle .                                                           

 Lo scrittore soffriva di tafofobia, cioè la paura di essere sepolti vivi; un timore rafforzato anche dall’aver sofferto di encefalite da malaria, tra l’altro contratta in Italia e che come conseguenza gli lasciò, oltre a convulsioni ed allucinazioni, anche svenimenti che lo lasciavano in stato letargico per diverso tempo. Era talmente ossessionato da questa fobia che nel testamento fece scrivere che il suo corpo fosse seppellito solo dopo che si fossero notati chiari segni di decomposizione. La leggenda racconta che, alcuni anni dopo la sua morte, i presenti all’esumazione dei suoi resti affermarono che il corpo era in posizione diversa rispetto al momento della sepoltura e la bara mostrava dei graffi nella parte interna.          

 Gogol era molto credente ma negli ultimi anni della sua vita, a causa anche dell’ormai precario equilibrio nervoso, arrivò ad essere colpito da un delirante fanatismo: si sentiva continuamente giudicato per ciò che faceva, si riteneva un peccatore della peggior specie e si auto-puniva per questo. L’ultima punizione che si inflisse fu un periodo di stretto digiuno che lo debilitò al punto di portarlo alla morte la mattina del 21 febbraio 1852.


Ringraziandovi per la partecipazione e l’interesse, concludiamo questo viaggio di Genio e sregolatezza e vi attendiamo con piacere al nostro prossimo appuntamento di Curiosando in punta di libri con cui intraprenderemo un nuovo argomento.
A presto dunque cari lettori!