IL VECCHIO CHE LEGGEVA ROMANZI D’AMORE

di Luis Sepùlveda

Il vecchio che leggeva romanzi d'amore

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore di Luis Sepùlveda
Editore: Guanda
GenereNarrativa
Pagine132
Edizione28 Gennaio 2016

a cura di Marinella Santopietro

Un caloroso benvenuto a tutti voi! In questo lunedì d’autunno dedicato a Luis Sepùlveda, ci immergeremo nella natura selvaggia ‘alla fine del mondo’, come diceva l’autore stesso: l’Amazzonia. Tra gringos, indigeni e romanzi d’amore vi accompagnerò nel breve ma intenso racconto i cui protagonisti principali sono madre natura e l’uomo che si crede padrone del mondo. Non ci resta che cominciare, venite con me ad El Idilio!

Sinossi

 Antonio José Bolivar vive ai margini della foresta amazzonica equadoriana. Vi è approdato dopo molte disavventure che non gli hanno lasciato molto: i suoi tanti anni, la fotografia sbiadita di una donna che fu sua moglie, i ricordi di un’esperienza, finita male, di colono bianco e alcuni romanzi d’amore che legge e rilegge nella solitudine della sua capanna sulla riva del grande fiume. Ma nella sua mente, nel suo corpo e nel suo cuore è custodito un tesoro inesauribile, che gli viene dall’aver vissuto “dentro” la grande foresta, insieme agli indios shuar: una sapienza particolare, un accordo intimo con i ritmi e i segreti della natura che nessuno dei famelici gringos saprà mai capire.

Recensione

La storia narrata ne ‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’ si svolge in un villaggio dell’Amazzonia, terra incontaminata, descritta con maestria come solo un grande poeta (quale Sepùlveda era) può fare, e con dovizia di particolari che solo chi li ha vissuti può trasmettere.

È un giorno speciale per i pochi abitanti del villaggio di El Idilio; l’arrivo del Sucre, una vecchia bagnarola, porta con sé la speranza di alleviare dolori che possono essere curati solo ogni sei mesi. Questa è, infatti, la periodicità con la quale il dentista, Rubicundo Loachamín, vi si reca. Con la sua poltrona portatile da barbiere, adagiata sul molo, estrae denti marci e misura protesi ai poveracci di quel posto sperduto.

Ad attenderlo, alla fine del suo impegnativo lavoro, c’è Antonio José Bolívar Proaño con la dentiera in tasca e la speranza di poter ricevere i suoi tanto amati romanzi d’amore, speranza che il dentista non delude.

“Antonio José Bolívar sapeva leggere, ma non scrivere […] Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, mormorandole a mezza voce come se le assaporasse, e quando dominava tutta quanta la parola, la ripeteva di seguito. Poi faceva lo stesso con la frase completa, e così si impadroniva dei sentimenti e delle idee plasmati sulle pagine.”

Antonio José Bolívar è un vecchio solitario che vive in una capanna dal tetto di paglia, gli oggetti più preziosi da lui posseduti sono la dentiera e la lente di ingrandimento, strumento fondamentale per le sue letture. Arrivato ad El Idilio, molti anni prima, con la giovane moglie, nella speranza di poter ottenere un pezzo di terra da coltivare e una casa, si ritrova a soffrire la fame. Solo grazie agli shuar, indigeni seminudi, impara a cacciare, pescare e quindi a vivere nel rispetto delle regole imposte dalla natura

“La vita nella foresta temprò ogni più piccola parte del suo corpo. Acquistò muscoli felini che con il passare degli anni diventarono asciutti come nervi. Conosceva la foresta bene quanto uno shuar. Nuotava bene come uno shuar. In definitiva era come uno di loro, ma non era uno di loro. Così ogni tanto doveva andarsene, perché – gli spiegavano – era un bene che non fosse uno di loro. Desideravano vederlo, averlo accanto, ma volevano anche sentire la sua mancanza, la tristezza di non potergli parlare, e il salto di gioia che il cuore faceva loro in petto quando lo vedevano ricomparire.”

La conoscenza tanto approfondita della foresta, rende Antonio Bolívar candidato ideale  per la spedizione di caccia all’animale, una femmina di tigrillo, ritenuto la causa della morte di un gringo.

Contro la sua volontà e con la minaccia di perdere l’umile dimora, viene chiamato ad eseguire gli ordini del sindaco detto ‘lumaca’, uomo viscido, inetto e sudaticcio.

È questo l’inizio di un percorso insidioso, fatto di lotta fisica per la sopravvivenza, ma soprattutto di grandi domande esistenziali in cui la giustizia, la coscienza e le leggi naturali cozzano senza mai incastrarsi, determinando una sconfitta, qualsiasi risultato si ottenga.

Come in tutti i suoi libri, Sepúlveda, ha lasciato messaggi di amore, spunti per riflettere, guide di cui non si può fare a meno. Abbiamo perso il contatto tra noi uomini, il contatto con le nostre origini e servirebbe fare un passo indietro, iniziare a seguire il richiamo ancestrale della natura che, giorno dopo giorno, reclama e riconquista i suoi spazi.

Mi colpisce, inoltre, la voglia del ‘vecchio’ di cercare la dolcezza, l’amore e le emozioni in un libro. Pur amando la sua solitudine non si arrende mai ad essa completamente e soprattutto resta fedele a se stesso, senza paura di essere giudicato.

“Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia. Sapeva leggere.”

‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’ è stato pubblicato nel 1989, edito in Italia nel 1993, fu l’opera che tributò a Luis Sepúlveda il primo grande successo internazionale. Con esso l’autore vinse il premio Tigre Juan Award, importante riconoscimento letterario spagnolo. Dedicato all’amico Chico Mendes, difensore come lui dell’Amazzonia, assassinato proprio per le battaglie condotte per proteggerla e proteggere “l’unico mondo a nostra disposizione” (cit).

Spero che il mio commento possa essere stato di aiuto e aspetto con molta curiosità i vostri. Buona lettura!

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5/5

Stilevoto 4,5/5

PiacevolezzaVoto 5/5

Copertinavoto 4,5/5

Voto finalevoto 4,5/5

Luis sepÚlveda

È stato uno scrittore cileno. Militante di Unità popolare, fu costretto a lasciare il paese in seguito al colpo di stato che mise fine al governo di Allende. Il suo impegno di militante ecologista lo spinse a partecipare a diverse missioni dell’organizzazione ambientalista «Greenpeace». Esordì nella narrativa con la raccolta di racconti Cronache di Pietro Nessuno (1969), cui sono seguiti Le paure, le vite, le morti e altre allucinazioni (1986) e Taccuino di viaggi (1987). Si impose definitivamente con il romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore (1989), cui fecero seguito Il mondo alla fine del mondo (1989), Un nome da torero (1994), storia di spionaggio ambientata fra la Patagonia e la Germania, La frontiera scomparsa (1994), l’originale libro di viaggi Patagonia Express (1995) e la favola-parabola Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996). Il piacere di narrare e l’impegno politico e ambientalista s’intrecciarono nelle opere successive: Incontro d’amore in un paese in guerra (1997), Diario di un killer sentimentale (1998), Cronache dal cono sud (2006), che dall’opposizione di principio a qualunque guerra estrae una riflessione amara e lucida sui primi anni del millennio e il libro di racconti La lampada di Aladino (2008). Tra gli ultimi romanzi ricordiamo: Ritratto di gruppo con assenza (2010), Ultime notizie dal sud (2011), Tutti i racconti (2012), Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico (2012), Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza (2013) e L’avventurosa storia dell’uzbeko muto (2015), Storia di un cane e del bambino a cui insegnò la fedeltà (2015), a fine della storia (2016), Storie ribelli (2017). A fine febbraio 2020 viene ricoverato a Oviedo per aver contratto il coronavirus, a seguito di una lunga degenza muore il 16 aprile 2020.