Storie di ordinaria follia. Erezioni,eiaculazioni, esibizioni

di Charles Bukowski

Storie di ordinaria follia

Storie di ordinaria follia. Erezioni, eiaculazioni, esibizioni di Charles Bukowski
GenereRaccolta di racconti/ Narrativa
EditoreFeltrinelli
Pagine396
Edizione1 Agosto 2017

a cura di Rosa Zenone

Cari lettori bentrovati, rieccoci nuovamente in compagnia dell’anticonvenzionale Charles Bukowski, autore di questo mese, in cui cade il suo centenario, al quale abbiamo dedicato la nostra scheda. Quest’oggi vogliamo presentarvi una delle sue opere più famose, il cui titolo è divenuto un modo di dire per antonomasia: Storie di ordinaria follia, una raccolta di racconti insoliti, esasperati ma allo stesso tempo profondi, basati su tutto ciò che correda l’universo dell’autore. Buona lettura!

Sinossi

La biografia di Bukowski include due tentativi di lavorare come impiegato, dimissioni dal “posto fisso” a cinquant’anni suonati, “per non uscire di senno del tutto” e vari divorzi. Questi scarsi elementi ricorrono con insistenza nella narrativa di Bukowski, più un romanzo a disordinate puntate che non racconti a sé, dove si alternano e si mischiano a personaggi ed eventi di fantasia. “Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo”, ha scritto Beniamino Placido su “La Repubblica”, aggiungendo: “in questa scrittura molto “letteraria”, ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant’anni, le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco. Lui, Charles Bukowski, “forse un genio, forse un barbone”. “Charles Bukowski, detto gambe d’elefante, il fallito”, perché questi racconti sono sempre, rigorosamente in prima persona. E in presa diretta”. Un pazzo innamorato beffardo, tenero, cinico, i cui racconti scaturiscono da esperienze dure, pagate tutte di persona, senza comodi alibi sociali e senza falsi pudori.

Recensione

Storie di ordinaria follia è una raccolta di quarantatré racconti, nell’edizione italiana ne risulta solo uno assente rispetto alla versione originale, ossia quello intitolato Svastica.

Le storie sono tutte basate su temi ricorrenti della produzione di Bukowski, temi ed episodi ancora una volta estrapolati dalla vita dello stesso. Seppure sono indipendenti l’uno dall’altro, si può individuare nell’idee che sottendono al loro sviluppo e nella materia una certa continuità. Sono quasi tutti narrati in prima persona, riguardano nella maggior parte dei casi determinati momenti della sua vita o prendono il via da semplici attimi quotidiani; da lì poi scaturiscono numerose divagazioni e riflessioni.

Grandezza dell’opera è indubbiamente il tono con il quale viene affrontata, vi è un perfetto equilibrio tra sarcasmo e amarezza, sempre controbilanciati. È così dunque che un evento divertente o di poco conto diviene occasione per scardinare la società e porne in risalto le sozzure, mentre da uno più serio può derivare una riflessione profonda ma allo stesso tempo altamente ironica.

(…) capace di ridere di se stesso, il che talvolta è segno di grandezza, o perlomeno è segno che può darsi che non finirai per essere uno stronzo letterario.

Bukowski si ritrova impegnato in un gioco continuo e alternato di prendersi e non prendersi troppo sul serio, mantenendosi sempre mordace e provocatorio, trastullandosi nell’aura di incomprensione che lo circonda, un’aura tale da essere stato definito un “matto”, come egli stesso si trova ad affermare in queste pagine. La follia in effetti, oltre ad essere menzionata nel titolo, è un argomento ricorrente in diversi racconti, ma non intesa come insanità mentale vera e propria, ma come forma distintiva di un uomo nei confronti del prossimo.

In fondo, non c’è nessun uomo al cento per cento sano, tutti abbiamo varie forme di pazzia e di bruttezza, delle quali non siamo coscienti, ma di cui gli altri sono consapevoli. Se ci pensi su fitto, non vivi più.

Nelle storie ecco dunque comparire diversi personaggi accanto al narratore protagonista, quasi tutti alquanto insoliti e perlopiù ai emarginato, ognuno con le proprie manie e fissazioni.

Il punto di vista narrativo è come se si alienasse dalle stesse vicende in cui è calato per mettere a fuoco comportamenti e situazioni, riuscendo a compiere analisi di raro effetto nei propri confronti ma anche in quelli degli altri, indipendentemente dalla posizione che ricoprono. Nessuno sfugge all’occhio attento e introspettivo di Bukowski, che riesce a cogliere in modo sintetico le contraddizioni e gli atteggiamenti della civiltà americana di quegli anni: dai piani alti burocratici alla polizia, dall’uso di droghe all’ambiente underground. Ancora una volta è ricorrente la follia, poiché la stessa è anche il prodotto dei funzionamenti malsani della società.

Se mettessimo fuorilegge tutto ciò che fa diventar matta la gente, l’intera struttura sociale crollerebbe: il matrimonio, la guerra, i trasporti pubblici, il mattatoio, l’apicultura, la chirurgia, tutto quanto. Qualsiasi cosa può far diventare matta la gente poiché la società è fondata su basi false, finché non avremo ribaltato tutto, i manicomi resteranno pieni. E i recenti tagli ordinati dal nostro governatore al bilancio dei manicomi, in California, mi fanno capire che la società non ritiene suo dovere curare quelli che la società stessa ha fatto impazzire (…)

La follia diviene un fatto ordinario e diffuso, non più evento relegato a pochi individui reietti, dunque è un errore considerarsene immuni!

Le proprie constatazioni provocano in Bukowski, privo di volontà di adattarsi ai dettami dominanti e fondamentalmente disadattato, forte malessere, ma anche una punta non indifferente di cinismo, misantropia e di sfiducia nel prossimo. Proprio da tali sentimenti scaturisce la grande carica di lirismo attraverso la quale genera pensieri viscerali quanto arguti, in poche parole riesce a imprimere sulla carta sensazioni che ai più appaiono inenarrabili.

Sì, non potevo soffrire d’alzarmi alla mattina. Significava rientrare nella vita e dopo che hai passato una notte a dormire e ti sei costruito una specie di nicchia privata nel sonno, non ti va di ricominciare. Sono stato sempre solitario – sarò matto, sarò – ma per me (…) non me ne fregherebbe proprio un tubo se morissero tutti al mondo. Sì, lo so, non è carino. Ma io sarei contento (…) Dopo tutto è la gente che m’ha reso infelice.

Naturalmente non mancano gli eccessi che hanno reso tanto celebre l’autore: risse, corse di cavalli, sesso sfrenato e litri di alcol si accavallano lungo le diverse pagine. In alcuni racconti la verosimiglianza poi viene portata all’inverosimile, a tal punto da creare un clima estremamente straniante ma divertente. Il linguaggio è il suo solito marchio di fabbrica, esaustivo ma snello, mai edulcorata e anzi sempre un po’ colorito.

Storie di ordinaria follia è un unicum, ironia e rammarico sono così amalgamati da avere i confini sfocati, in una sequenza di storie dalla tonalità seria-comica il divertimento e il piacere saliranno alle stelle senza mai trascurare l’aspetto riflessivo dai contorni più foschi. Ciò che Bukowski ritiene storie ordinarie in realtà si rivelano per noi lettori straordinarie, una lettura del tutto fuori dall’ordinario.

Nel frattempo, io scrivo di me stesso e bevo troppo, ma questo lo sapete.

Il nostro giudizio:

TramaVoto 5/5

StileVoto 5/5

PiacevolezzaVoto 5/5

CopertinaVoto 5/5

Voto finaleVoto 5/5

Charles Bukowski

Charles Bukowski è nato ad Andernach, in Germania, nel 1920. È emigrato negli Stati Uniti con la famiglia all’età di due anni. È morto nel 1994 a Los Angeles, dove ha passato tutta la vita scrivendo, bevendo e cercando di lavorare il meno possibile. Tra i suoi titoli più noti apparsi in Italia: Storie di ordinaria folliaPanino al prosciutto, Compagno di sbronzeConfessioni di un codardoFactotumDonnePost Office e Taccuino di un vecchio sporcaccione.