Penne d’autore, uno sguardo su: DACIA MARAINI

a cura di Rosa Zenone

Dacia Maraini

Buongiorno cari lettori, e bentrovati al consueto appuntamento della nostra rubrica Penne d’autore. Oggi vi presentiamo la “penna” che ci terrà compagnia per i prossimi lunedì del mese, una penna del nostro panorama italiano e che vi spicca da anni, una penna femminile: Dacia Maraini.

Dacia Maraini nasce a Fiesole nel 1936, due anni dopo si traferirà con la sua famiglia in Giappone a causa degli studi antropologici del padre, il noto Fosco Maraini. Tale viaggio e l’inizio di tale permanenza sono l’oggetto del suo libro La nave per Kobe (2003),basato sui diari tenuti in quel periodo dalla madre Topazia Alliata. La residenza in Giappone però rappresenta anche il periodo più duro e traumatico della vita della scrittrice: al rifiuto dei suoi genitori di aderire alla Repubblica di Salò, alleata del governo giapponese, l’intera famiglia Maraini verrà internata in un campo di concentramento nel 1943 fino al 1946. Ricordo vivido di quella terribile esperienza dell’infanzia è rinvenibile non solo in numerose interviste ma anche in numerosi riferimenti all’interno delle sue opere

Successivamente l’intera famiglia rientra in Italia, precisamente a Bagheria, in Sicilia, paese originario della madre appartenente a un’antica e nobile famiglia della zona.  Luogo in cui tornerà attraverso la sua scrittura nel 1993 nell’omonima opera Bagheria, una sorta di memoriale in cui non solo ripercorre i propri ricordi e riallaccia i legami con il ramo materno della famiglia, ma che diviene anche l’occasione di riflessioni inerenti il posto che non trascurano le problematiche legate alla mafia.

Bagheria e la famiglia materna sono però anche il punto di riferimento per una delle sue opere più famose, il romanzo storico incentrato su una nobildonna del XVIII secolo sua antenata: La lunga vita di Marianna Ucrìa del 1990, vincitore del Premio Campiello nel medesimo anno.

Seppure queste pregresse esperienze contribuiscono a influenzare la sua produzione, in buona parte fortemente intrisa di autobiografismo, possiamo individuare lo snodo fondamentale della sua vita quando, al compimento dei diciotto anni, decide di seguire il padre a Roma. Infatti, l’ambiente dinamico e vivo della capitale di quegli anni rappresenterà il luogo propizio in cui comincerà a muoversi in qualità di scrittrice collaborando con numerose testate, tra cui «Nuovi Argomenti». Inoltre la città laziale è anche il luogo in cui incontrerà due illustri personaggi che si riveleranno particolarmente influenti non solo sulla sua vita privata ma anche artistica: Alberto Moravia, con il quale intratterrà una relazione, e Pier Paolo Pasolini.

La propensione di Dacia Maraini verso la scrittura è quasi connaturata nella stessa, e nasce quale rifugio e impulso spontaneo che a va a sopperire al suo sentimento di inadeguatezza e timidezza che da bambina le impediva di proferir parola, come più volte ha dichiarato la stessa:

«(…)una difficoltà nel parlare (…) una timidezza morbosa che mi ha fatto molto soffrire. Forse è stata proprio l’inadeguatezza a spingermi verso la scrittura. Mi trovavo meglio a scrivere che non a parlare»

La sua attività ha inizio nel 1962 con la pubblicazione del suo primo romanzo, La Vacanza, opera alla quale abbiamo dedicato la prima recensione di trattazione dell’autrice; a un anno di distanza pubblicherà poi L’età del Malessere. Ambedue le opere di questo primo periodo sono caratterizzate dalla presenza di giovanissime protagoniste alle prese con il loro difficile apprendistato nel mondo, smarrite alla ricerca di un senso e di un posto.

I suoi personaggi sono dotati di un proprio spessore psicologico e un proprio vissuto che li rende unici e vividi, animati di vita propria, d’altronde la stessa autrice afferma di crearli in modo pirandelliano accogliendoli in casa propria.

«Aspetto che qualcuno mi venga a trovare, che bussi alla porta della mia immaginazione. Ce ne sono che bussano, entrano, prendono un caffè, chiacchierano e poi se ne vanno. Quando un personaggio, oltre al caffè, mi chiede la cena e poi un letto per dormire, insomma si accampa in casa mia, allora so che è venuto il momento di scrivere il libro. I personaggi mi chiedono ossessivamente di essere riconosciuti: vogliono avere un corpo e un nome nelle divagazioni dei miei pensieri. (…) I miei personaggi sono diversi da me. Anche se possono nascere da alcune proiezioni personali, finiscono per avere una vita propria, una loro identità.»

Alla prima produzione segue quella degli anni ’70, seppure in tutte le opere è rinvenibile l’intento di impegno civile e denuncia, questa è la fase in cui tale fine assume connotati più evidenti e coscienti. Sono di quegli anni infatti sia Memorie di una ladra (1972), composto in seguito a un’inchiesta nelle carceri femminili, sia il suo romanzo femminista per antonomasia Donna in guerra del 1975

I suoi romanzi, pur rivelandosi estremamente piacevoli nella lettura, tendono a intrattenere sempre un rapporto dialettico con la realtà inducendo il lettore a riflettere. La maggior parte delle sue opere divengono uno spazio privilegiato di espressione femminile, ponendo un’attenzione particolare alla condizione delle donne, argomento molto caro a lei che più che definirsi femminista preferisce definirsi «dalla parte delle donne».

Ciò è evidente anche nella più recente produzione, come nella sua ultima e profonda opera, Corpo felice. Storie di donne, rivoluzione e un figlio che se ne va (2018) o in L’amore rubato (2012)una raccolta di racconti che ruotano attorno alla terribile e odierna piaga del femminicidio.

Le scelte delle tematiche e dei soggetti deriva da una consapevolezza legata alla storia del proprio sesso che per la scrittrice risulta impossibile scindere dalla propria scrittura, ma che piuttosto non può che prendervi parte.

«Alla fin fine risulta che si scrive con il corpo e il corpo ha un sesso e il sesso ha una storia di separazioni, allontanamenti, segregazioni, soprusi, violenze, afasie, paure, mortificazioni di cui conserva una memoria atavica.»(La bionda, la bruna e l’asino, Dacia Maraini)

La penna della Maraini è sicuramente una delle più prolifiche e variegate, si è saputa confrontare non solo con la narrativa ma con differenti generi. Importante è ricordare la sua fondazione nel 1973 di La Maddalena, un teatro gestito esclusivamente da donne e che conduce Dacia Maraini a confrontarsi anche con la drammaturgia.

Non assente dalla sua intensa attività nemmeno il giallo: nel 1994 infatti pubblica Voci (1994), opera incentrata sull’omicidio di una donna e le conseguenti indagini di una giovane giornalista. Numerosi sono anche i saggi prodotti, come il già citato La bionda, la bruna e l’asino del 1987, una raccolta intorno a diverse tematiche attuali, e Cercando Emma (1993) di argomento letterario e basato su Madame Bovary di Flaubert. Inoltre, come potrete ben immaginare, una penna così feconda non poteva certo disdegnare la poesia: segnaliamo tra le altre, una delle sue prime raccolte in versi, ossia Donne mie (1974).

Seppure, come si evince ed è stato sostenuto, gran parte della sua produzione di variegato genere, di cui abbiamo fornito una rapida panoramica data la vastità, poggia sulle donne e dunque su figure femminili, ciò non deve essere considerata una regola inderogabile. Fa eccezione ad esempio La bambina e il sognatore(2015), opera il cui ruolo di protagonista è assolto da un uomo. Lo stesso discorso è applicabile per quanto concerne le tematiche trattate, il tema della violenza non è solo sviluppato in relazione al genere femminile, ma anche nei confronti dei bambini: lo testimoniano bene i racconti contenuti in Buio del 1999, libro vincitore del Premio Strega.

In più, vi è da aggiungere per rendere pieno merito alla scrittrice e limitare l’approssimazione, che tra i suoi lavori si annoverano anche diverse sillogi di storie per bambini.

Dacia Maraini è dunque un’autrice ad ampio raggio, capace di cimentarsi con diversi generi sempre con una particolare sensibilità introspettiva, sempre con un occhio puntato sul presente e sulle sue problematiche, il tutto attraverso una penna agile in grado di scorrere fluida ma anche di bloccare il lettore quando è il momento di riflettere. Animata da una mente vivace e arguta, ci ha consegnato un’ampia bibliografia che non può far nutrire in tutti noi la speranza di sempre nuove opere che, non solo vadano a incrementare la stessa, ma anche ad arricchire tutti noi.